il viaggio verso il Cervati estate 2018
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​Da Paestum a Cervati 1^ tappa: Seude Roccadaspide passando per Verna e i castagneti.

il mondo visto dall'alto

Ambiente
Cilento giovedì 09 agosto 2018
di Gina Chiacchiaro
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Ponte della Falconara © Unico settimanale

Come ogni anno, eccoci sul sentiero che ci porterà sul monte Cervati per la festa della Madonna della Neve il 4 agosto.

Partiamo da casa ai piedi di un altro santuario, la Madonna del Granato, per percorrere la 1^ tappa del viaggio che ripercorre uno dei sentieri della transumanza sui quali si riversavano le greggi dei pastori di Piaggine e Valle dell’Angelo alla ricerca di un clima più mite e di prati verdi anche d’inverno.

La prima sosta la facciamo dopo la salita in località Verna dove vivono 12 famiglie che si godono un panorama mozzafiato sia di giorno sia con la luna. Un signore e una donna sul ciglio della stradina ci salutano con cordialità. Ci raccontano che vivono bene in cima al monte: hanno l’acqua corrente, il fruttivendolo arriva il martedì e il sabato, la strada è stata sistemata e molti di loro la percorrono anche quattro volte al giorno e si mondo il mondo guardandolo dall’alto verso il basso!

Appena ci addentriamo nei castagneti ci accompagna il frinire delle cicale nascoste tra le fronde verdi dei castagni che ci riparano dai raggi del sole già insistenti alle 9.30 di questa mattina di domenica 29 luglio 2018. Incontriamo delle mucche al pascolo che si spaventano al nostro passaggio. Mangio qualche mora raccolta, ancora fresca di rugiada, dalle siepi che costeggiano la strada rifatta in cemento per favorire gli uomini e le donne impegnate da sempre nella raccolta delle castagne.

Ai piedi dei castagni giganti le felci verdi e fitte, sembrano un tappeto verde che presto verrà reciso e, dopo l’essiccazione, bruciato in piccoli falò per rendere libero il terreno che a breve dovrà accogliere i ricci.

Chi percorre la SS 166 che da Capaccio Paestum risale verso Roccadaspide, avrà notato mille volte le colonne di fumo che si alzano dal verde dei castagneti.

Infatti lungo i pendii scoscesi del monte Soprano sono già all’opera operai con decespugliatori e rastrelli intenti proprio a questa pratica che una volta si faceva con la falce e il falcione.

Bartolo col suo passo tonante fa strada. Di tanto in tanto si ferma, mi aspetta, scatta una foto a futura memoria e poi prosegue.

Il tratto più impegnativo di questo sentiero è l'attraversamento del canalone allo scoperto dove la strada si divide in due: a destra si sale verso la vetta del monte dove c’è la spianata di Germanito, a sinistra si piega verso la strada che porta in località Tuono che sovrasta la contrada di Serra.

La ripresa della vegetazione ripristina le condizioni di benessere dovute ad una temperatura intorno ai 25° favorita dal verde fogliame dei castagni. Siamo partiti da un’altitudine di 100 m in località Seude di Capaccio, siamo saliti ai 410 m, a Verna nel comune di Roccadaspide, a breve raggiungeremo Tempone Zerrillo a circa 900 m da dove si può godere di un panorama che si è allargato a dismisura fino a comprendere l’intera piana del Sele, a sinistra il mare chiuso tra la spiaggia di Paestum e la Costiera Amalfitana. Di fronte la catena dei monti Alburni con la quale si dialoga guardandosi negli “occhi”. Ai suoi piedi scorre il Calore già ingrossato dal Sammaro che si è ricongiunto con il Fasanella sotto il Comune di Aquara.

All’incrocio che indica la strada che sale alla cima del Soprano a metà strada tra Polveracchio e il monte Verna, seguiamo quella che conduce in località Falconara di Roccadaspide. Nonostante l’ora, i castagni fanno ombra sufficiente a farci zigzagare a cogliere refoli d’aria.

I tre Km che ci separano dal ponte che ha visto intere generazioni di castanicultori risalire e discendere dalla città dei principi Filomarino , sono duri da digerire, ma il fatto che sono in discesa non comportano molte difficoltà.

La vista del ponte, ricoperto da una vegetazione invasiva ci rassicura che la nostra fatica è giunta al termine.

Facciamo sosta al ristorante Il “Parco dei Castagni” di Angelo Cammarota che ci accoglie sorridente. Mangiamo un antipasto, carne e provola con funghi porcini e una fetta di anguria.

Lungo la strada sono decine le case in “montagna” che i Rocchesi hanno costruito in un’epoca che sembra abbia fatto il suo tempo. Molte sono disabitate da anni, altre rigidamente chiuse affidate alla guardia di un cane, atre ancora nemmeno completate. Scendendo verso il Carpine, dove spicca dall’alto il verde sintetico del campo sportivo, altri scheletri di cemento raccontano storie di esaltazione, ubriacature e pentimenti …

Riprendiamo la strada verso il paese già immerso nel silenzio del vuoto di gente che non ama stare al sole.

Decidiamo di fare altrettanto rifugiandosi nella casa di Maria Piecoro e Giuseppe Chiacchiaro, i miei genitori, all’ombra del castello costruito sulla roccia che mi ha vista crescere.

Il vento che serpeggia nelle stradine del centro storico ci accoglie come un premio meritato dopo il lungo camminare.

Entriamo in casa, apriamo le imposte e ci stendiamo sul letto e sul divano per il meritato riposo.


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