​L’Oasi dunale di Paestum compie trent'anni
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Intervista a Pasquale Longo “È dal fare che scaturiscono le cose. "Azione locale, pensiero globale"

Una vita dedicata con passione per farsi parte attiva nella difesa dell'ambiente senza tralasciare l'impegno nel sociale

Ambiente
Cilento venerdì 10 agosto 2018
di Rosita Taurone
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Pasquale Longo con Antonietta Mandetta, dietro Rosita Taurone © Unico settimanale

L’Oasi dunale di Paestum, il 19 luglio, ha compiuto trent’anni. Legambiente, un’associazione ambientalista unica nel territorio. L’Oasi dunale di Paestum è un vero e proprio laboratorio “en plein air”, in azione durante tutto l’anno, con le sue tante iniziative è riuscita a salvaguardare e a tutelare uno dei tratti di fascia costiera più importanti della regione.

Come nasce il progetto di salvaguardare un’area come questa?

Un percorso lungo trent'anni che è nato nel 1988, quando un gruppo di tre giovanissime ragazze insieme a me diedero vita al circolo territoriale di Legambiente Paestum che si chiamava "Freewheelin”, nome ispirato dal nome di un album di Bob Dylan, che significa "a ruota libera". Le prime iniziative del circolo riguardavano principalmente il cicloturismo, ci proponevamo di offrire degli itinerari in bicicletta nel territorio di Capaccio Paestum. Da quell’inizio sono trascorsi tanti anni durante i quali abbiamo svolto tantissime attività; le più interessanti e poi protrattasi nel tempo sono quelle che oggi hanno dato vita all'Oasi dunale di Paestum: il recupero di un tratto di fascia costiera e la sua trasformazione da discarica in un laboratorio sociale aperto alla pubblica fruizione, a liberi cittadini, a scolaresche, a ricercatori e turisti.

L'oasi dunale nel tempo si è consolidata, ha avuto anche il suo riconoscimento istituzionale, tant'è che oggi le aree demaniali di pertinenza del comune sono in concessione a titolo gratuito, mentre per esercitare l'azione di tutela delle aree del demanio marittimo abbiamo una concessione per la quale paghiamo il cosiddetto canone "ricognitorio", che è un canone pari al 10% del canone di mercato che pagano il resto delle attività balneari, ad esempio gli stabilimenti presenti sulle spiagge.

Qual è il rapporto dell’Oasi con l’antica città di Paestum e l’area archeologica?

Quest'area fu scelta da noi proprio in virtù della sua vicinanza al Parco archeologico di Paestum, perché fin dall'inizio avevamo in mente l'idea di realizzare un collegamento tra il parco archeologico e la fascia costiera. Ci sono voluti tanti anni ma oggi siamo finalmente riusciti a realizzare il percorso, noto oggi come il Sentiero degli Argonauti, inaugurato nell'agosto del 2016, con le passeggiate che effettuiamo lungo questo percorso, possiamo dire che si è concluso. Con il Parco Archeologico abbiamo una consolidata collaborazione che risale ormai a quindici anni fa, e insieme al nuovo direttore, Gabriel Zuchtriegel, abbiamo trovato un nuovo impulso.

Quali sono i volti che hanno contribuito alla costruzione di questa associazione?

Oltre ai volontari che nel corso di questi trent'anni si sono succeduti e hanno dato il loro

contributo, ci siamo avvalsi della presenza di tantissimi giovani e meno giovani grazie ai campi di volontariato sia nazionali che internazionali con il Servizio Volontario Europeo (SVE) e con altri progetti di livello europeo. A partire dal 1996 con i campi di volontariato abbiamo ospitato a Paestum oltre mille volontari provenienti da tutte le parti del mondo, soprattutto durante il periodo estivo. I volontari hanno apportato il loro contributo per attività progettuali di breve e lunga durata, con una presenza dai 6 ai 12 mesi, coinvolgendosi in percorsi anche molto articolati. Va anche ricordato l'aiuto del servizio civile. Per molti anni abbiamo ospitato giovani del territorio attraverso il servizio civile, una collaborazione che ha dimostrato di essere un’opportunità per tanti giovani del territorio e un ulteriore ricchezza per l'associazione e per le attività che non riguardano soltanto la manutenzione e la valorizzazione dell'area costiera e dell'Oasi dunale e di ampi tratti del parco archeologico, come la cinta muraria, il lato sud e il percorso del Sentiero degli Argonauti, ma anche attività svolte con le scuole, con i visitatori del territorio, attraverso un forte dialogo e un forte confronto con le istituzioni locali che si sono succedute in questi trent'anni.

Ha potuto notare un'evoluzione dell'associazione rispetto alla sua nascita?

Trent'anni fa parlare di ambiente e di raccolta differenziata e di beni comuni

erano degli argomenti molto difficili da comprendere, soprattutto in questo territorio.

Ci sono stati dei grandi passi in avanti ma credo che resti ancora molto da fare, perché all'impegno delle istituzioni deve corrispondere un maggiore coinvolgimento da parte dei singoli cittadini e dei privati, tenendo conto che il nostro territorio ospita nel periodo estivo migliaia e migliaia di vacanzieri, di turisti e pendolari del mare, con il risultato che si moltiplica in maniera esponenziale spesso l'uso scorretto dei beni comuni, di quelli che oggi definiamo beni comuni.

In che modo avete imparato a conoscere l'ecosistema che oggi proteggete. C'è un corpo scientifico a cui fate riferimento?

Sì, Legambiente si avvale di un comitato scientifico che supporta sia i circoli territoriali sia i comitati regionali, infatti la nostra associazione punta molto sull'ambientalismo scientifico, proprio perché ad ogni problema proviamo a dare una risposta e una soluzione, diversa da quella che viene prospettata dalle istituzioni o da altri enti, organi preposti alla tutela e alla valorizzazione del territorio.

I momenti più belli che avete condiviso con scienziati, tecnici e ricercatori?

Mi piace pensare che ciò che ha rappresentato il circolo di Paestum in questi trent'anni è stato un attrattore che ha dato voce a tante diversità, quindi il fare della diversità un elemento fondante per affrontare i problemi da punti di vista diversi, spesso difficili da capire da parte della comunità locale e non. Quindi aver dato la possibilità a tanti di potersi esprimere, di proporre il loro punto di vista è una delle cose che più ci appassiona e ci rende fieri del percorso svolto, e poi l'aver conosciuto persone con un bagaglio culturale diverso. Col tempo guardando indietro ci accorgiamo che molte di queste persone sono rimaste in contatto con noi, la loro presenza a Paestum anche per un breve periodo ha poi generato in altri territori, anche lontanissimi da Paestum, delle buone pratiche e ha messo in campo tutto ciò che sintetizziamo noi di Legambiente in quel bellissimo slogan: "Pensare localmente e agire globalmente".

Quali sono stati i momenti più duri, se ci sono stati, durante i quali avete forse pensato che non era il caso di continuare a fare quello che facevate? Una delle vostre storiche battaglie è stata dapprima quella contro l’abusivismo edilizio…

I momenti più duri ce ne sono stati tanti perché è difficile dare continuità nel tempo ad un'azione. L'aver vissuto la solitudine nel far capire che cosa fosse l'Oasi... Ci è voluto troppo tempo affinché fosse pienamente riconosciuta come un presidio della legalità. All'inizio sono stati anni di solitudine, in cui ci è voluto un grosso impegno. Un'altro dei momenti senza dubbio difficili, è stato soprattutto quando abbiamo subito un attacco da parte delle istituzioni con il sequestro di alcune strutture dell'Oasi, avvenuto nel 2006, quando un corpo dello stato in maniera del tutto inopinata e ingiustificata ha provato a portare un attacco a quello che era un presidio di legalità, mentre intorno a noi purtroppo c'erano e ci sono tutt'oggi tante illegalità diffuse.

Forse in ragione del fatto che vi eravate battuti contro l'abusivismo edilizio...

Nel confronto con le istituzioni da parte nostra c'è sempre stato un rispetto nei loro confronti, indipendentemente da chi momentaneamente fosse chiamato a rappresentarle...

Oggi il degrado ambientale a Paestum a che punto è?

Se osserviamo il paesaggio, esso ci richiama e ci sollecita a interventi più puntuali, più mirati, soprattutto nel periodo estivo. Non basta rilasciare concessioni con prescrizioni, perché le prescrizioni spesso non vengono rispettate. Ci vogliono maggiori controlli, ci vuole maggiore informazione, maggiore sensibilizzazione, e soprattutto un uso diverso delle aree sensibili, come appunto la fascia costiera e le aree di rilevanza di interesse paesaggistico. Bisogna coinvolgere la cittadinanza e porre i nostri beni culturali, architettonici e naturali

al centro delle attività economiche proprio perché rappresentano un valore aggiunto.

C'è molto da fare perché appunto nel periodo estivo l’afflusso turistico si moltiplica e quindi occorre maggiore sinergia tra operatori turistici e operatori del settore della filiera bufalina,

tra commercianti e istituzioni e associazioni.

L'associazione nasce in una delle principali aree turistiche della provincia, quali responsabilità sente di avere Legambiente? Legambiente può indirizzare il turismo verso scelte più sostenibili, dirigerlo verso una nuova consapevolezza?

Legambiente si assume la responsabilità di proporre una fruizione rispettosa degli habitat in cui si svolgono le attività turistiche. Oggi questo è possibile mantenendo un giusto equilibrio tra le varie esigenze, privilegiando la sostenibilità. La sostenibilità nasce dal rispetto delle cosiddette buone pratiche, dalle piccole azioni quotidiane. Noi qui abbiamo tantissime strutture di eccellenza ma che spesso sono, purtroppo, isolate tra di loro, e sono come della cattedrali nel deserto. Invece bisogna fare sistema e tutti devono assumersi la responsabilità, non solo della propria attività e del raggio d’azione entro cui lavorano, bensì di tutto il territorio. In questo, ovviamente, devono essere sostenuti dalle amministrazioni locali, dalle amministrazioni comunali, dalla provincia, dalla regione. Per fare ciò bisogna avere lungimiranza e bisogna puntare sulla sostenibilità e sulla responsabilità.

Invece ancora oggi affrontiamo e siamo costretti a impegnare energie e risorse umane per contrastare scelte progettuali altamente dannose per il territorio, come ad esempio il grande progetto per contrastare l'erosione costiera. Non è altro che un grande progetto di cementificazione della costa che produrrà i suoi effetti opposti a quelli auspicati. Si tratta di un grande investimento di 70 milioni di euro che potevano essere destinati a un'effettiva bonifica, valorizzazione e recupero di tutta la fascia pinetaria e costiera, da Pontecagnano fino ad Agropoli.

C’è un dialogo tra voi e le strutture alberghiere, le quali costituiscono i principali attori del turismo lungo la fascia costiera?

Sì, la Legambiente ha avuto numerose articolazioni, tra cui Legambiente Turismo.

Oggi anche qui a Capaccio Paestum diverse strutture alberghiere avvertono l'esigenza di un'offerta turistica più integrata, e quindi migliore, poiché gli utenti e i frequentatori delle strutture lo richiedono. Gli albergatori entrano in contatto con noi, si confrontano, e insieme proviamo a dare risposte più incisive.

Abbiamo potuto osservare che nel corso degli ultimi anni molte altre pinete sono state riqualificate. Ci sono alcuni hotel che hanno finalmente capito l’importanza del prendersene cura, in quanto risulta essere strategico per le loro attività.

In parte sì, per quanto attiene alla fascia pinetaria le criticità sono tante, i pini sono malati,

c'è bisogno di un piano complessivo, il cosiddetto piano di "assestamento forestale",

infatti da vent'anni proponiamo lo studio all'interno della pineta di una sua rigenerazione con essenze autoctone,procedendo per piccole sezioni; purtroppo le istituzioni tardano ad intervenire e quindi la mortalità dei pini è in continuo aumento. Se non si adottano le adeguate strategie, nel breve periodo porrà seri problemi alla gestione della fascia pinetaria.

In che modo vengono raccolti i dati dell'impatto che le vostre attività hanno sull'ecosistema e le scelte riguardanti le abitudini dei cittadini in relazione ad operazioni come "Puliamo il mondo", "Spiagge e fondali marini puliti"? Qual è l'impatto concreto di queste azioni sull'ambiente che circonda l'Oasi dunale di Paestum?

La Legambiente pubblica numerosi dossier che scaturiscono da campagne di raccolte dati capillari. Basti pensare alla Goletta Verde che ha focalizzato l'attenzione negli ultimi due anni sull'invasione dei rifiuti di plastica sulle nostre spiagge; Facciamo una serie di campionature, di analisi delle acque, ma non solo per quanto riguarda la fascia costiera ma anche per le aree interne e l'inquinamento delle acque da parte delle aziende zootecniche. Un problema molto sentito sul nostro territorio, e così anche per l'ecosistema urbano nelle città. Dipende molto dalle aree di intervento. Va sottolineato che Legambiente è un'associazione molto complessa che interviene in tutti i settori perché pone l'ambiente al centro dello sviluppo economico delle comunità e quindi a secondo dei territori, i circoli territoriali, anche in base ai loro interessi, alle loro capacità, alla loro possibilità, contribuiscono alla raccolta dati,

alla denuncia e alla valorizzazione dei beni comuni.

In queste attività negli ultimi tre anni si è aggiunto un altro segmento molto importante.

Basti considerata la presenza sui nostri territori dei centri di accoglienza per i richiedenti asilo, abbiamo aperto e stipulato dei contratti di intesa con i responsabili dei centri e abbiamo iniziato a coinvolgere i richiedenti asilo nelle nostre attività. Questa iniziativa ha dato buoni frutti consolidandosi nel tempo. Numerosi richiedenti asilo su base volontaria partecipano alle nostre attività, alcuni sono anche soci della nostra associazione. Si tratta di un percorso verso la cittadinanza e un servizio alla comunità locale con azioni rivolte alla

bonifica dell'Oasi dunale, della spiaggia in generale e dell'area archeologica. Ultimamente

abbiamo dato vita alla bonifica di un'area che oggi è diventata il Linora Village.

Come immaginate Legambiente tra dieci anni? Quali sono i vostri progetti per il futuro?

Il nostro è stato un ciclo fin troppo lungo, quindi come ogni cosa che nasce è poi destinata a concludersi. Noi speriamo che ci siano altri che si assumeranno la responsabilità di continuare questa esperienza, lasceremo loro un patrimonio molto importante, costituito da beni comuni da continuare a gestire e valorizzare. Farsi carico della gestione di un bene comune, come sono i 20 ettari dell'Oasi dunale e gli ampi tratti del parco archeologico, significa assumersi la responsabilità del fare.

Ecco, noi insieme a Legambiente facciamo, perché è dal fare che scaturiscono le cose. "Azione locale, pensiero globale". Quindi, riuscire a fare delle azioni locali sul territorio coinvolgendo con i nostri progetti centinaia di giovani provenienti da tutto il mondo insieme ai richiedenti asilo è il segnale che il cambiamento si può realmente realizzare perché il cambiamento parte dalle cose, dalla capacità dei cittadini di sporcarsi le mani, di agire e poi di trovarsi sempre con le mani pulite. Questo è un aspetto fondamentale. In questi trent'anni molti hanno pensato che chissà quali interessi avessimo, invece basta guardare non solo la mia storia personale ma la storia di tutti coloro che ci hanno accompagnato. Dopo trent'anni siamo più poveri di prima ma molto più ricchi culturalmente. Abbiamo vissuto tante esperienze che ci spingono a pensare di rappresentare nel concreto il cambiamento. Molti parlano del "fare", noi facciamo!

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