Ciò che abbiamo realizzato nella vita lo dobbiamo ai sacrifici di chi ci ha messo al mondo

Oreste Mottola piange Elena Di Marco, la sua “mamma Coraggio”

Ho bene in mente la dignità con cui portavano il peso del loro dolore e la grazia, sì la grazia, con cui accoglievano gli ospiti del figlio, Oreste

Cronaca
Cilento venerdì 30 giugno 2017
di Bartolo Scandizzo
Immagine non disponibile
Elena Di Marco e Antonio Mottola © Oreste Mottola

Ho conosciuto la mamma e il papà di Oreste, Elena Di Marco e Antonio Mottola, in diverse occasioni quando mi sono recato a casa sua che si trova sul versante Nord della cresta che è segnata dalla strada che porta da Altavilla Silentina verso la Valle del Calore in contrada Sgarroni.

Li ho anche salutati in occasioni dei lutti che hanno segnato la loro vita e quella dei figli e parenti che hanno dovuto, insieme a loro, dare l’ultimo saluto a due dei loro figli, Enzo e Renaldo.

Ricordo poco le loro facce ma ho bene in mente la dignità con cui portavano il peso del loro dolore e la grazia, sì la grazia, con cui accoglievano gli ospiti del figlio, Oreste, che nella sua vita sapeva fare un mestiere, il giornalista, che a loro non sembrava un vero “lavoro”.

Più che fare domande, rispondevano a quella che io facevo nel tentativo di intavolare una discussione di circostanza in attesa di passare a dibattere con l’amico\collega sul motivo della mia visita.

Mi rimaneva, però, uno strano senso di tranquillità interiore che accompagnava i miei pensieri mentre riprendevo la strada che andava verso il tramonto sul mare di Paestum.

Vivere a Sgarroni la loro vita sarà stata un’avventura circoscritta in una dimensione rurale nella quale i figli, e Oreste in particolare, portavano i segni del mondo attraverso la loro vita rivolta tutta verso la pianura del Sele. Mentre Elena ed Antonio contemplavano dalla loro campagna i monti Alburni e il fiume Calore che, prendendola larga, scorreva verso Persano per incontrare il Sele che gli toglieva la “vita” immettendola nel suo andare verso la foce.

Oreste ha condiviso fino in fondo il dolore che ha segnato, senza sconti, la storia dei suoi genitori. Lo ha fatto con dignità e con l’orgoglio che tutti dovrebbero avere nei confronti di chi ha tentato, con il sudore della fronte, di dare un futuro migliore ai figli.

Il poco o il tanto che tutti noi, come Oreste, abbiamo realizzato nella vita lo dobbiamo ai sacrifici di chi ci ha messo al mondo e seguiti, sempre, anche se con la riservatezza di chi “trema” per i potenziali insuccessi dei figli anche quando l’età è avanzata nel tempo.

Ora che, come scrive Oreste, anche Elena si è ricongiunta al “compagno Antonio ed ai figli Enzo e Renaldo, sarà lui a restare solitario custode dei ricordi della loro esistenza sulla terra. Ma se, come in tanti credono, c’è “vita” oltre la vita, allora lui (e forse anche un po’ noi che li abbiamo conosciuti) sentirà ancora più forte che la sua famiglia riunita è pronta a dargli la forza per andare oltre quello che è stato e riprendere il cammino verso ciò che lui vorrà diventare.

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