L'Italia Paese delle antenne oltre che dei campanili

Dal 1979 arrivano le tv locali a fare informazione

Sarebbe un azzardo porsi la domanda: ma cosa ha giovato di più – al vasto territorio che comprende il Cilento, il Vallo di Diano e gli Alburni – la rete delle tv private, oppure la scoperta della dieta mediterranea?

Cultura
Cilento lunedì 16 ottobre 2017
di Ermanno Corsi
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Ermanno Corsi e Vitaliano Esposito al corso di giornalismo a Piaggine (agosto 2010) © unico

Sarebbe un azzardo porsi la domanda: ma cosa ha giovato di più – al vasto territorio che comprende il Cilento, il Vallo di Diano e gli Alburni – la rete delle tv private, oppure la scoperta della dieta mediterranea? Sembrerebbero termini di paragone non comparabili. Eppure, a pensarci bene, non è così.

In comune essi hanno, intanto, una data che si può considerare storica: il 1975. È in quell’anno, infatti, che spuntano (anche in Campania) le prime antenne televisive “libere” e, in America, viene pubblicato per la prima volta il famoso libro di Ancel e Margaret Keys sulla importanza del cibo mediterraneo. Da allora si sono aperte nuove strade per lo sviluppo della parte meridionale della provincia salernitana che, essendo la terza in Italia per estensione territoriale, aveva concentrato maggiormente la propria attenzione sulla parte che si saldava con l’area napoletana.

Come sempre accade, quando prende avvio un processo di innovazione che coinvolge la generalità dei cittadini, si scopre che in Campania ci sono stati i primi segni premonitori, si sono fatte le prime prove e sperimentazioni. Negli anni 66-67, infatti, nel palazzo del Calcio Napoli, in via Crispi, ha la sua redazione Telenapoli, la prima, in assoluto, televisione privata via cavo.

Il segnale parte per la prima volta “interrato” da via Toledo e arriva al celebre Caffè Gambrinus. Poi è tutta una rete di cavi che si diffondono fino a formare una fitta ragnatela. Una primogenitura che ebbe il merito di resistere, coraggiosamente, fino all’avvento della liberalizzazione dell’etere. Da quel momento i cavi, molto dispendiosi, non servirono più, superati da una legge da tempo attesa.

Ancora alla metà degli anni Settanta è però la Rai, azienda di Stato, a detenere il monopolio del servizio radiotelevisivo (la Radio dal 1924,la Tv dal 1954). Con due sentenze della Corte Costituzionale si attua allora la riforma che fa dell’etere un patrimonio di tutti, non più gestibile, quindi, da un solo ente. La Rai resta servizio pubblico però in una situazione di duopolio pubblico-privato. Le “antenne libere” via via escono dall’ambito locale e portano i propri segnali sempre più lontano. Oggi la loro dimensione media è o provinciale o regionale. La “legge Mammì”, dal nome dell’allora ministro delle Poste e Telecomunicazioni, aveva determinato un processo di cambiamento che apparve subito non più reversibile. Conta anche il cambiamento di due sigle: il Corerat (Comitato regionale per la radiotelevisione) viene trasformato in Corecom (Comitato regionale per la Comunicazione).

La stessa Rai è costretta a regionalizzarsi ed è dal dicembre 1979 che agisce il Tg3-Campania (chi scrive queste note ne è stato, insieme con il collega Antonio Ravel, il primo conduttore). L’esempio dell’azienda pubblica ha positivamente contagiato imprenditori e professionisti privati. L’Italia diventa il “paese delle antenne” e i ripetitori si moltiplicano. Si formano una nuova cultura e una nuova società. La comunicazione viene considerata indispensabile per una conoscenza meno superficiale, o estemporanea, di territori e problemi. Il controllo sull’operato delle Amministrazioni locali si fa più serrato.

Grazie a una maggiore “cittadinanza attiva” e a un più consapevole spirito civico, i risultati sul piano dello sviluppo collettivo non sono mancati. Cosa sarebbero, oggi, i territori di Vallo della Lucania, Capaccio-Paestum, Vibonati, Sant’Arsenio, Agropoli, Albanella, San Pietro al Tanagro, Sala Consilina e Camerota senza una propria tv? È grazie alla costante informazione data dalle nostre televisioni che i problemi hanno assunto una dimensione regionale e nazionale proponendosi sempre più all’attenzione del Paese per le potenzialità e le risorse di cui dispongono.

I territori hanno acquisito la capacità di autorappresentarsi e di ragionare con più cognizione di causa e di effetti del proprio futuro. Territori e uomini, perciò, sempre più uniti in un rapporto di necessaria reciprocità nel senso che entrambi non valgono più soltanto per quello che sono, ma soprattutto per quello e per come vengono rappresentati.

Ermanno Corsi (Presidente dal 1989 al 2007 dell’Ordine dei Giornalisti della Campania)

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