Emozioni di viaggio a Giungano nel ricordo di Spartaco liberto eroe e per riprendere e potenziare il patto del fiume Solofrone

​Nel mese di giugno Giungano va alle urne per rinnovare l’Amministrazione Comunale. L’eredità lasciata dal cavaliere Franco Palumbo è impegnativa. Ha retto le sorti della laboriosa comunità per ben tre consiliature ...

LIUCCIO GIUSEPPINO I Viaggi del Poeta
Cilento - venerdì 11 maggio 2018
Palazzo Ducale - Giungano
Palazzo Ducale - Giungano © n. c.

Nel mese di giugno Giungano va alle urne per rinnovare l’Amministrazione Comunale.

L’eredità lasciata dal cavaliere Franco Palumbo è impegnativa. Ha retto le sorti della laboriosa comunità per ben tre consiliature, lasciando prove concrete di creatività, di operosità e di efficienza. Da un anno è sindaco di Capaccio Paestum, dove per ragioni di salute, ma anche per obiettive difficoltà di un elettorato inquieto ed irrequieto non riesce a dare altrettanta prova di operatività e di efficienza. Giungano lo rimpiange, Capaccio Paestum non lo acclama.

Ma torniamo a Giungano, a cui a partire da oggi e per alcune settimane fino alle elezioni dedicherò altre riflessioni. Quella di oggi è datata e la pubblicai nel lontano 2004 nella raccolta “I paesi dell’anima”, e la scrissi prima della gestione Palumbo, che operò una autentica rivoluzione nella sua comunità di nascita. Pertanto, soprattutto nella prima parte dell’articolo, rispecchia una realtà ampiamente e positivamente modificata in meglio. Però la registro lo stesso a futura memoria dei cambiamenti e a nostalgia di infanzia/giovinezza lontana per me e per quelli della mia generazione.

“Il “ponte” è il limite di demarcazione tra la pianura e la collina, tra le masserie sparse nei poderi ariosi e le case compatte del centro abitato. Nella gola di Tremonti occhieggia e brilla al sole il Solofrone, dopo il salto ardito della cascata. Impetuoso e limaccioso nei mesi di piena, rigagnolo zigzagante nel letto ciottoloso nelle stagioni di magra: il nuovo cimitero si apre alla vallata con il bianco accecante del muro di cinta e i marmi screziati delle sepolture, Il vecchio, due tornanti più su, apre crepe alla rigogliosa invasione dei rovi; e la brezza scompiglia il tenero fogliame degli alberi a spontanea veglia di tombe abbandonate. Fu un antico convento e conobbe stagioni di splendore. A prestare orecchio all’eco della storia si materializzano canti di preghiera tra chiesta chiostri e celle (oggi più che dignitosamente recuperate e restaurate). A me accende memoria di entusiasmo tra cori opposti di tifoserie in quel rettangolo di campo sterrato, che conobbe, un tempo, prodezze di campioni di periferia ed oggi è tappeto bianco rosa di pratoline sul verde del manto erboso. Cento metri ancora e il bar è palestra di scopa e tressette all’angolo di strada sotto l’accenno di un pergolato che registra chiacchiericci fitti e lievi conversari interrotti, a volte, da improperi urlati e facili bestemmie a sottolineare errori di partita.

Mi accoglie così Giungano con quella manciata di case ai piedi del Cantenna che scivola con la colata verde bottiglia dei lecceti a protezione delle rocce a catapulta dai dirupi ventosi di Trentinara.

La facciata della Chiesa Madre fa da quinta alla minuscola piazza ed è testimonianza di fede e di preghiera, di dolore da lutti e gioia da matrimoni. Ad agosto si accende di luminarie e rifrange frastuoni di festa per Santa Maria Assunta, protettrice. È snodo per la variante: balconata sui campi coltivati, passeggiata lenta e sosta di riposo per pensionati, ladri di sole alle panchine sghembe, con negli occhi i brevi giardini di agrumi che accendono palle di sole compatto a decoro ed arabesco di verdi ombrelli di foglie. Ma il cuore antico del paese è dall’altro versante, in quella strettoia di strada che s’apre a ferita di case e botteghe e che, a tratti, si squarcia a cunicoli di luce a conquista di valle o di montagna. Il portale di pietra di Palazzo Picilli lascia intravedere tra le fenditure l’ampio cortile e lo scalone monumentale e testimonia il fasto del casato. Di qui partiva il “biroccio” dei “signori” con a cassetta i giovani rampolli, invidiati dai coetani meno fortunati e “mangiati” dagli occhi dei le ragazze a caccia di marito o, per le più intraprendenti, anche di una semplice avventura. Destinazione la masseria di Cannito, simbolo della potenza del latifondo, a controllo di lavoro e sudori di coloni e salariati.

E torna alla memoria quella pagina di Plutarco, ripresa da altri storici autorevoli. È “santificata” dalla tradizione popolare, secondo la quale proprio qui si scontrarono nella battaglia decisiva le truppe dei legionari di Crasso, prima che il liberto/eoe, Spartaco la facesse finita per libera scelta o per mano d’altri a ridosso della fortificata Petilia sulla vetta del Monte Stella. Non è la sola, anche se di certo la più importante come pure la più discussa.

Giungano, comunque, promette calda ospitalità nella serenità dei suoi paesaggi, testimonia tracce di antica nobiltà nei palazzi gentilizi e coltiva memorie di giureconsulti di discreta fama. Quel che resta di un ducato, che, a giudicare dalle carte di archivio, fu potente e rispettato, è tutto nelle mura sbrecciate di un maniero alterato e manomesso nella struttura originaria e che, in cima al paese, domina sui poveri poderi che, verso Trentinara e Cicerale, profumano, a margine di strada, di mortella, lentisco e finocchietto selvatico. E corvi e falchi roteano nel cielo terso o planano in picchiata a caccia di preda. L’eredità del Cavaliere Palumbo lascia incompiuto Il Patto del fiume, che tanti entusiasmi e numerose speranze aveva succitato per un protagonismo attivo di sviluppo fecondo della Kora Pestana. Come incompiuti restano gli eventi di caratura internazionale e di grande respiro culturale per il Liberto/eroe Spartaco. Ma io auguro a Giungano un sindaco operativo ed efficiente che non faccia rimpiangere più di tanto il cavaliere palumbo e che metta impegno ed amore nell’esercizio del suo mandato. Probabilmente il rimpianto lo avrà Palumbo, alle prese con la gestione impegnativa e difficile dell’Amministrazione di Capaccio Paestum, in cui gli manca di sicuro l’abbraccio corale dei cittadini e si fanno sempre più pressanti ed esigenti le richieste dei suoi nuovi amministrati. Così come diventano sempre più frequenti ed urticanti le critiche degli avversari che rinserreano le fila. Ed alle porte battono sempre più minacciose le nuove elezioni politiche generali. Ma questo sarà il tema di una mia prossima riflessione.

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