Piaggine. Escursione sul sentiero che porta al monte Cervati
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Io in cammino con te, e riaffiorano in superficie una pletora di ricordi

Poco più di 10 Km percorsi hanno fatto riaffiorare in superficie una pletora si ricordi sedimentatisi nel tempo come stalattite nelle grotte delle memorie; oggi, con Ginetta, ne ho visitata una a cielo aperto!

Ambiente
Cilento lunedì 06 febbraio 2023
di Bartolo Scandizzo
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Veduta di Piaggine e Valle dell'Angelo © Unico Settimanale

Piaggine, ore 9.00 di domenica 5 febbraio 2023, con leggero ritardo sulla tabella di marcia, con Ginetta, scendiamo lungo la via Gaetano Ricci verso il “campanaro”. Siamo pronti per effettuare un’escursione verso il monte Cervati ma partendo a piedi da casa, dopo molti anni.

È una sensazione strana percorrere le vie delle “coste” che portano al ponte passando per S. Giuseppe. Dove finisce via Gaetano Ricci, ha inizio via del campanile che passa a monte della casa canonica e del tetto della chiesa. Infondo si entra in via S. Giuseppe alle spalle della Piazzetta. Non posso fare a meno di ricordare che qui c’era il cinematografo dove da piccolo mi esaltavo a vivere i mitici film degli anni ’50 che a Piaggine arrivavano con qualche anno di ritardo. La traccia sono i pioli di ferro sui quali si arrampicava l’operatore per raggiungere il casotto, ora abbattuto, da dove proiettava sul grande schermo. A lato i due ingressi riservati al pubblico …

S. Giuseppe, come le altre contrade del paese, conserva ancora qualche segno di vita vissuta, ma sono predominanti gli usci chiusi: sulla casa del preside De Siervi, occhieggia il cartello vendesi! Gina mi fotografa di fianco al murales disegnato nella piazzetta dove le auto fanno inversione di marcia, ancora adesso.

Infine, ecco il Ponte … qui la mia vita ha avuto inizio nel lontano 1955. Era dicembre e il freddo che gelava perfino l’acqua del fiume, durò fino a febbraio avanzato! Allora i “panni” e “pannolini” si lavavano nel Calore che, sotto il ponte, fa il suo salto in territorio umanizzato per rincorrere il suo prescritto destino: il mare.

Superato il ponte, iniziamo a salire verso il monte utilizzando la “superstrada” dei greggi che porta fino alla fontana “Acqua dei cavalli”. Non posso non ricordare quel fiume di armenti spronato dai pastori e preceduto dai cani che, superato il ponte, invadeva la larga strada costellata di case e, più su, di stallaggi, molti dei quali ancora in piedi, altri riattati a case. La chiesa di S. Simeone che troneggia venti metri più in alto del Palazzo Tommasini, assicura ai pastori un gratuito patrocinio ed è benaugurante ancora oggi. La chiesetta, pur essendo stata ristrutturata nel 2006 (sindaco Angelo Pipolo), come recitala targa posta di fianco al potale, ma desolatamente chiusa anche ad eventi occasionali, come matrimoni o battesimi, che potrebbero farla rivivere almeno un po’!

Per questa via, ben ristrutturate con gli usci “marcati” da tegole dipinte, i pastori rientravano sui loro pascoli dopo aver transumato per l’inverno in pianura: Albanella, Altavilla Silentina, Persano, Capaccio Scalo … Al ponte si posizionava l’addetto comunale che contava pecore e capre (queste non potevano essere più di 2 ogni 100 pecore) al fine di poter applicare la tassa sugli usi civici per il pascolo.

Con questi pensieri scaliamo lentamente l’ampio tratturo che si inerpica verso l’ampio pianoro in località “Chianarrota” e che, recentemente, è stato ribattezzato sentiero del Cervati. Si tratta di un percorso che da bambino percorrevo per raggiungere la località “Fosso” dove avevamo un appezzamento di terreno che, coltivato, ci restituiva grano in quantità bastante ai bisogni di tutta la famiglia.

Raggiunta al Fontana situata all’incrocio con la SP 388 che saale da Piaggine, mi soffermo a leggere il cartello che spiega i lavori di adeguamento del tratturo, promosso a sentiero, che abbiamo notato salendo.

Il cartello informa che si tratta di lavori che dovrebbero rispristinare e adeguare i “Sentieri del Parco Nazionale del Cilento Vallo di Diano e Alburni: Via Istmica e Sentiero Italia. Come già è successo in passato si tratta di lavori a “perdere” in quanto, di tutti i sentieri realizzati dall’ente parco e consegnati alla manutenzione dei comuni, quasi nessuno ha avuto una vita lunga abbastanza per superare i primi anni esistenza. Per esempio della via Istmica sono rimasti solo i cartelli sbiaditi e del tracciato non c’è traccia né  notizie che qualcuno l’abbia mai percorso a piedi. Dopotutto, l’idea di continuarne la realizzazione lungo gli oltre 200 Km dell’antico tracciato, da Paestum a Sibari, non ci sono riscontri.

Decisi a proseguire fino al “Lago” seguendo le indicazioni per Cervatello, superiamo l’incrocio e continuiamo ad arrampicarci per la stretta via che gradualmente ci porta in quota sufficiente per regalarci un panorama che spazia per tutta la Valle del Calore, si stende al sole d’inverno ed è spazzata da un vento di tramontana che consente di allungare lo sguardo fino al golfo di Salerno ed anche oltre, fino alla Costa Amalfitana. Il sentiero tracciato sul lato Nord dell’Abetinella ci tiene al riparo dal vento del Nord, ma non appena usciamo allo scoperto e ci affacciamo sulla bella spianata del “lago” verde, dobbiamo ritirarci al riparo dietro il poggio che protegge la strada sterrata che ci condurrà su quella asfaltata che collega Piaggine con Rofrano.

La fatica fatta per portarci in quota 1000 m circa, è ripagata dal fatto che ora possiamo scendere a valle camminando sulla neve con un passo più “allegro”. Purtroppo, il vento che ci investe in pieno dopo aver accarezzato il monte Motola ed essersi tuffato nelle alte gole del Calore, non ci consente di stare al gioco delle chiacchiere. Dobbiamo “rintanarci” sotto i cappelli e “mascherarci” dietro agli scaldacollo.

Solo quando imbocchiamo, in discesa, il tratturo che ci riporta in paese,  possiamo “respirare” senza bavaglio.

Ripercorrere la strada che da piccolo percorrevo davanti all’asino carico di sacchi di ciò che la montagna restituiva in cambio di un duro lavoro di uomini e donne, mi riporta lontano nei tempi, a stagioni irripetibili che, ormai, sono accovacciate nei più remoti meandri della memoria. Solo scendere e risalire su questi tracciati può risvegliarli dal letargo: è un esercizio interiore che fa percorrere a ritrose strade che, come i sentieri turistici, hanno bisogno di manutenzione continua senza la quale non c’è speranza di passato da ricordare.

Quando lo spicchio di paese, sempre lo stesso, fa capolino dietro l’ultima piega del tratturo, ecco che ci si sente già a casa, accanto al fuoco a raccontare e interrogare … in attesa di sedersi, tutti insieme, intorno al tavolo per cenare.

Poco più di 10 Km percorsi hanno fatto riaffiorare in superficie una pletora di ricordi sedimentatisi nel tempo come stalattite nelle grotte delle memorie; oggi, con Ginetta, ne ho visitata una a cielo aperto!

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