Dalla valle del Mingardo trasse ispirazione Dante, il quale si servì della sua conformazione geologica per strutturare l'Inferno

Il fiume Mingardo

Ad oggi, resta irrisolta la questione della valorizzazione e la tutela del patrimonio idrogeologico del corso fluviale del Mingardo

Ambiente
Cilento martedì 01 maggio 2018
di Rosita Taurone
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Il fiume Mingardo © unico

L’adagio latino “Gutta cavat lapidem”, è la summa esperienziale che ci ricorda che la costanza e la perseveranza dell’acqua riescono a scavare la pietra e a scolpire straordinarie architetture spontanee. Il fiume Mingardo è un corso d’acqua che grazie alla sua straordinaria potenza carsica ha dato vita a numerose opere naturali. In particolare, all’inizio e alla fine del suo percorso, lungo 38 km. Ad aprire la sua lenta danza è il dirompente taglio che divide letteralmente il monte Bulgheria in due; una delle creazioni senza dubbio più evocative che questo fiume è riuscito a scolpire, mostrando in maniera inequivocabile quanto siano vere le proverbiali parole di Tagore “Non è stato un martello a rendere le rocce così perfette, ma l’acqua, con la sua dolcezza, la sua danza e il suo suono”.

Il Mingardo possiede un’architettura naturale particolarissima e dall’enorme fascino che testimonia i processi carsici che hanno formato e modellato una delle zone di alto pregio naturalistico dell’intera area del basso Cilento. La carta dell’Italia lo attesta, il Mingardo nasce dal Gelbison e sfocia nel mar Tirreno nei pressi di Capo Palinuro, attraversando uno dei tratti costieri più suggestivi del Parco Nazionale del Cilento, ma chi conosce la storia di questo fiume sà bene che i paesi che si affacciano sul suo lungo percorso sono altrettanti scenari di suggestiva bellezza: da Rofrano, Montano Antilia, a Laurito, Alfano, Roccagloriosa, fino a toccare Celle di Bulgheria e la sua frazione Poderia e San Severino (frazione di Centola). Il Mingardo, alimentando e/o integrando ben tre acquedotti (Acquedotto del Faraone, Acquedotto dell’Elce e Acquedotto del Bussento) garantisce l’approvvigionamento idrico a circa 80000 abitanti. I suoi affluenti sono il torrente Utria, che confluisce dalla riva destra all’altezza di Laurito e il torrente Serrapotamo, il suo affluente principale, che confluisce anch’esso dalla riva destra nei pressi di San Severino.

Dalla valle del Mingardo trasse ispirazione Dante, il quale si servì della sua conformazione geologica per strutturare l'Inferno. Difatti sul lato sinistro della valle si trova una strada con i cosiddetti “sette gironi”.

Il Mingardo originariamente chiamato fiume Faraone appartiene al gruppo sorgivo Fistole del Faraone alle pendici de “Ù Pìrali”, ovvero il monte Raia del Pedale, alto circa 1521 mt. Le sorgenti Fistole sono state recentemente riconosciute come Geosito di interesse idrogeologico, dunque, un bene naturale non rinnovabile.

Il fiume Mingardo è senza dubbio uno dei principali corsi d’acqua che contribuisce in modo significativo al mantenimento della biodiversità nel territorio cilentano, permettendo ad alcune specie animali uno stato di conservazione soddisfacente.

La Commissione europea ha riconosciuto al fiume Mingardo ed all'omonima valle la qualifica di Sito di Importanza Comunitaria,“in inglese Site of Community Importance, è un concetto definito dalla direttiva comunitaria n. 43 del 21 maggio 1992, (92/43/CEE) Direttiva del Consiglio relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, conosciuta anche come Direttiva "Habitat", accolta in Italia a partire dal 1997”. La direttiva ha lo scopo di promuovere il mantenimento della biodiversità mediante la conservazione degli habitat naturali nel territorio europeo.

Tra le sculture naturali del fiume Mingardo annoveriamo la presenza di due bellissime forre, una detta la Forra dell’Emmisi scavata nel corso di milioni di anni, lunga circa 500 mt, e un’altra nominata Gola del Diavolo. Il corso fluviale del Mingardo per alcuni tratti scorre incassato tra le scoscese pareti delle rocce, alcune alte fino a 30 metri, dove i raggi del sole hanno difficoltà a raggiungere la superficie dell’acqua e a penetrare il fitto drappo formato dall’intreccio di foglie e rami di Cerri ed Ontani.

Conosciuta per il suo habitat incontaminato, situata alle porte di Rofrano, ospita la Lontra (Lutra lutra), una delle specie animali protette dal WWF, la Trota (Salmo trutta) e numerose specie vegetali floricole che prediligono l’ambiente fluviale per svilupparsi.

Lungo le Gole del Mingardo si trova una spettacolare opera civile di alta ingegneria che attraversa la valle del Mingardo, all'altezza di San Severino: si tratta di un ponte ferroviario ad 8 arcate in mattoni rossi costruito dal regime fascista. Il ponte dell’antico tratto ferroviario viene oggi utilizzato per iniziative nell'ambito della giornata nazionale delle ferrovie dimenticate.

Il fiume sfocia, infine, in uno dei tratti costieri più noti del Cilento, a Palinuro, dove si trova anche la spettacolare Grotta delle Ossa, detta così per le pareti incrostate di ossa di uomini e di animali, e fossili di conchiglie risalenti all'epoca quaternaria. Un luogo di interesse storico-scientifico oltre che naturalistico.

Ad oggi, resta irrisolta la questione della valorizzazione e la tutela del patrimonio idrogeologico del corso fluviale del Mingardo, il quale nonostante venga riconosciuto come uno dei Geositi più importanti del territorio campano, non vi siano ancora misure di salvaguardia capaci di limitare il consumo idrico per gli usi impropri. Situazione ampiamente denunciata dal geologo Franco Ortolani che negli ultimi cinque anni, ha più volte portato all’attenzione pubblica e delle amministrazioni, proponendo delle soluzioni che potrebbero essere in grado di arginare il problema. Ci sono, infatti, ulteriori aree che potrebbero essere sfruttate per aumentare le quantità di risorsa idrica disponibili: «Solo nel Golfo di Policastro, tra Sapri, Villammare e Palinuro, si disperdono direttamente in mare oltre 5mila litri al secondo di acqua potabile. Attorno ai serbatoi naturali carbonatici da Capaccio, a Campora e a Sanza sono recuperabili altre centinaia di litri al secondo mediante pozzi. A valle del tratto ipogeo del Bussento (al di sotto della montagna) si trovano sorgenti di acqua potabile con portate complessive di varie centinaia di litri al secondo che alimentano il Bussento, con l’acqua rilasciata dalla centrale di Sicilì, a valle di Caselle in Pittari, che usa circa 3mila litri al secondo di acqua (scaturita potabile alle sorgenti) per produrre energia idroelettrica. Ma il Cilento – sottolinea – non si trova in un deserto climatico. Gli avvisi di limitare il consumo idrico per usi impropri che si susseguono potrebbero farlo pensare, ma le soluzioni ci sono». Meritano però una visione a lungo termine.

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