Di fronte al tragico numero di più di 3000 vittime al giorno e alle pire di legno che continuano a bruciare, il premier indiano ha dovuto chiedere aiuto alla comunità internazionale.

L’India travolta dall’emergenza sanitaria

Il premier Narendra Modi nella gestione della crisi pandemica ha mostrato tante maschere ma non il volto della responsabilità.

Attualità
Cilento lunedì 17 maggio 2021
di Ilaria Lembo
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L’India travolta dall’emergenza sanitaria © web

Nel mondo continua la corsa per contrastare il virus Covid-19 e le sue varianti: mentre l’Europa accelera sulle immunizzazioni, superando i 150 milioni di vaccini somministrati, gli Stati Uniti attendono l’autorizzazione da parte della Food and Drug Administration a vaccinare con Pfizer-BioNTech gli adolescenti dai 12 ai 15 anni. Tuttavia, lo scenario cambia se volgiamo lo sguardo ad altre aree del mondo a basso reddito, come nel caso dell’Africa, dove la penuria di vaccini ha imposto alla comunità internazionale una riflessione sullo squilibrio esistente nell’accesso alla fornitura di vaccini tra i Paesi Occidentali e quei Paesi che, fragili sul piano economico-sanitario, restano esclusi dalla loro distribuzione, sperimentando dunque un vero e proprio apartheid vaccinale.

Ad aggravare la tragedia della mancanza di vaccini si aggiunge la responsabilità politica dei singoli Paesi, come nel caso dell’India.

L’India, Paese multietnico e multilingue, caratterizzato da un pluralismo religioso non privo di tensioni, in passato come oggi, ha sempre dovuto contrastare la drammatica povertà di cui soffre soprattutto la popolazione delle zone rurali e l’enorme sovraccarico demografico che rende questo Stato il secondo Paese al mondo con più popolazione, preceduto soltanto dalla Cina.

Nel quadro della diffusione della pandemia, l’India sembrava aver retto all’urto della prima ondata, salvo poi assistere, dalla fine del mese scorso, all’esplosione di una drammatica emergenza sanitaria a seguito della circolazione di una variante del virus più contagiosa.

Il governo indiano avrebbe dovuto prevenire o arginare questa nuova ondata della pandemia? 

Ogni Paese, dall’inizio dell’emergenza sanitaria, si è dovuto confrontare con un simile interrogativo: i governi nazionali, infatti, sono stati giudicati dai propri cittadini in base alla loro capacità di reagire alla diffusione del coronavirus, adottando provvedimenti e strategie per scongiurare il collasso dei sistemi sanitari, garantire la messa in sicurezza delle persone e la ripresa delle attività produttive di ciascun Paese.

Certamente, errori e mancanze strategiche sono stati commessi da qualsiasi governo nazionale, ma il caso dell’India rischia di diventare il simbolo di quanto sia grave considerare la responsabilità politica solo un’affermazione astratta a cui far riferimento nelle campagne elettorali.

Il primo ministro indiano Narendra Modi, in carica dal 2014, già distintosi negli anni passati per aver operato tagli alla sanità, lo scorso gennaio, intervenendo al World Economic Forum di Davos, aveva ostentato sicumera: l’India sarebbe stata in grado di “contribuire a salvare l’umanità da una grande tragedia”, grazie al più vasto programma di vaccinazione al mondo lanciato dal Paese.

Questo sbandierato ottimismo ha permesso a Modi di garantire la prosecuzione della campagna elettorale in atto nel Bengala Occidentale e lo svolgimento di imponenti pellegrinaggi religiosi lungo il Gange. Probabilmente il coinvolgimento di migliaia di persone a questi eventi ha contribuito all’impennata dei contagi nel Paese, ma spiega solo in parte la crisi sanitaria che lo ha travolto: i ritardi nella campagna vaccinale e la mancanza di specifiche infrastrutture mediche contro il coronavirus, promesse dal premier Modi ma mai realizzate, hanno reso del tutto inefficace la già malandata capacità di accoglienza e di cura delle strutture ospedaliere indiane, prive di macchinari per l’ossigeno, medicinali e posti letto. 

Di fronte al tragico numero di più di 3000 vittime al giorno e alle pire di legno che continuano a bruciare, il premier indiano, incapace di comprendere in tempo la gravità della crisi e dunque di pianificare un’adeguata risposta, ha dovuto chiedere aiuto alla comunità internazionale, anche se non lo ha fatto pubblicamente nel tentativo di non perdere credibilità nel Paese e all’estero. Mentre UE, Stati Uniti e Pakistan hanno accolto questa richiesta di aiuto, una missione italiana, composta dalla Maxi Emergenza 118 della Regione Piemonte, ha già fornito un sistema di produzione di ossigeno alle autorità sanitarie dell’ITBP Hospital di Greater Noida, alle porte di Nuova Delhi.

Intanto Modi ha perso le elezioni locali, punito per aver mostrato nella gestione della crisi pandemica tante maschere ma non il volto della responsabilità.

 

Ilaria Lembo

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