Al passaggio del re Carlo V di Spagna, di ritorno dalla vittoriosa battaglia di Tunisi, i monaci certosini prepararono per colazione una frittata da Guinness dei primati

X agosto Certosa di Padula, la leggendaria frittata delle 1000 uova per accogliere il Re e la magia

Un’antica leggenda narra che presso la Certosa di San Lorenzo a Padula, per il passaggio del re Carlo V di Spagna, di ritorno dalla vittoriosa battaglia di Tunisi, i monaci certosini prepararono per colazione una frittata da...

Attualità
Cilento giovedì 15 novembre 2018
di Massimiliano De Paola
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La cottura della frittata nell'edizione del 2017 - Autore foto Mimmo Trezza © n.c.

Su sollecitazione di Giuseppe Verga della Nova Civitas, società cooperativa nata dall’idea di un gruppo di giovani uniti dalla passione per la propria terra e dalla forte volontà di investire nel proprio territorio, per far conoscere a tutti i lettori di Unico la leggenda della frittata delle 1000 uova per accogliere il Re e la magia delle lacrime dal cielo, traggo ispirazione da un articolo scritto lo scorso 8 Agosto da Valentina Verga sul blog http://www.guidaturistica.campania.it.

Un’antica leggenda narra che presso la Certosa di San Lorenzo a Padula, per il passaggio del re Carlo V di Spagna, di ritorno dalla vittoriosa battaglia di Tunisi, i monaci certosini prepararono per colazione una frittata da Guinness dei primati.

Carlo V, dopo aver sconfitto il 4 luglio 1535, a Tunisi, in una sanguinosa battaglia l’ammiraglio ottomano, Khayr al-Din (detto Barbarossa), sbarcò in Italia a Reggio. Acclamato dal popolo, lungo la strada del ritorno fece varie soste. Giunto a Padula decise di fermarsi nel monastero certosino. Questo episodio fu descritto dettagliatamente per la prima volta nel 1640 dal sacerdote nonché scrittore Camillo Tutini. Secondo il Tutini l’Imperatore e il suo esercito apprezzarono molto l’accoglienza dei monaci, al punto da sostare nel cenobio certosino per ben due giorni. Si adattarono subito alle abitudini monastiche del luogo, infatti, si astennero dal consumo della carne, rinunciarono ad ogni forma di lusso, alloggiarono in una cella come i monaci certosini. Carlo V però ebbe un vezzo, fece sostituire la paglia con un materasso e le lenzuola di lana con quelle di lino. La colazione gli fu servita nelle cantine, dove il cuoco preparò, insieme ad altre cose, anche un piatto insolito, un’enorme frittata fatta con mille uova, in grado di saziare tutto l’esercito di re Carlo. Carlo compiaciuto per l’ospitalità ricevuta, decise di assegnare alla comunità monastica ulteriori privilegi.

La preparazione di questa frittata leggendaria è stata citata anche nel film del 1967 di Francesco Rosi “C’era una volta…” con Sofia Loren ed Omar Sharif.

Traendo ispirazione da questo aneddoto, ogni anno viene messa in scena la rievocazione storica.

Tale manifestazione, giunta alla XXIII edizione, ha previsto anche quest’anno, oltre ad un corteo di figuranti, la realizzazione della mega frittata composta da oltre mille uova. Il 10 agosto a partire dalle ore 20:00, ben otto cuochi vestiti da monaci conversi, con pazienza certosina, hanno cucinato la frittata da Guinness in una gigantesca padella dotata di un congegno meccanico che ha permesso anche di girarla. I più golosi hanno potuto degustare la leggendaria frittata certosina.

Il 10 agosto è stata anche la notte delle stelle cadenti, la Notte di San Lorenzo che tiene ogni anno milioni di persone con il naso all’insù. Le stelle cadenti hanno da sempre suscitato emozioni ed ispirato leggende. Tutto ebbe inizio nel 36 d.C., quando per la prima volta si osservarono le Perseidi, cioè le stelle cadenti. In realtà però, molti studiosi concordano nel sostenere che fu la tradizione romana ad aver ispirato la nascita di questa ricorrenza. Secondo l’antica tradizione romana, Agosto era il mese dedicato all’imperatore Augusto, e si celebravano svariate ricorrenze per propiziare la fertilità dei campi. Una di queste era la processione in cui veniva portato in giro per la città il fallo di Priapo, il dio della fertilità, e le stelle cadenti erano considerate come l’eiaculazione del dio con cui venivano resi fertili i campi. La tradizione cristiana, invece, ha legato il concetto di pioggia di stelle cadenti al martirio di San Lorenzo.

Nel caso di Padula, la Certosa venne dedicata proprio a San Lorenzo perché in quell’area vi era una chiesa appartenente all’ordine benedettino dedicata al santo, che venne abbattuta per la costruzione della Reggia del Silenzio.

Lorenzo nacque a Osca, una città della Spagna, nella prima metà del III secolo. Trasferitosi a Roma, centro della cristianità, subito si distinse per la sua carità verso i poveri. Grazie alle sue doti, Papa Sisto II lo nominò Diacono della Chiesa, doveva sovrintendere all’amministrazione dei beni, provvedere ai bisognosi, agli orfani e alle vedove. Per queste mansioni, Lorenzo fu uno dei personaggi più noti della prima cristianità di Roma ed uno dei martiri più venerati. Ma il 6 agosto del 258 Lorenzo fu catturato dai soldati dell’Imperatore Valeriano, con il Papa Sisto II ed altri diaconi. Mentre il Pontefice e gli altri diaconi subirono subito il martirio, Lorenzo fu risparmiato per farsi consegnare i tesori della chiesa. In seguito, Lorenzo fu dato in custodia al centurione Ippolito, che lo rinchiuse in un sotterraneo del suo palazzo, dove si trovava imprigionato anche un certo Lucillo, cieco.

Lorenzo diede conforto al compagno di prigionia, lo catechizzò alla dottrina di Cristo e lo battezzò. Dopo il Battesimo, Lucillo riebbe la vista. Il centurione Ippolito colpito dal miracolo si convertì al cristianesimo, ricevendo il battesimo da Lorenzo. In seguito, Ippolito, riconosciuto cristiano, fu legato alla coda di un cavallo e fatto trascinare fino alla morte. Lorenzo, invece, venne arso vivo sulla graticola, in un luogo poco lontano dalla prigione ed il suo corpo portato al Campo Verano, nelle catacombe di Santa Ciriaca.

Sarebbero proprio le lacrime versate dal santo durante il suo supplizio a vagare nei cieli, scendendo sulla terra solo il giorno in cui Lorenzo morì, creando un’atmosfera magica e carica di speranza. Secondo la tradizione popolare, le stelle del 10 agosto vengono dette anche fuochi di San Lorenzo, ricordando le scintille provenienti dalla graticola infuocata su cui venne ucciso il martire, poi volate in cielo.

Ma tale data ispirò anche Giovanni Pascoli che volle dedicare la sua celebre poesia “X Agosto”, alla morte del padre, avvenuta proprio in quel giorno. Nell’opera, il poeta identifica il firmamento del 10 agosto come un grande pianto di stelle, sottolineandone la natura malinconica, e rivolgendosi direttamente al Santo per mettere fine alle malvagità del mondo.

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