“Ci trasciniamo situazioni penose, lunghe e costose, come noto a tutti la questione ‘fondo valle’, quanti milioni è costata fino ad oggi a tutta la collettività e quante speranze abbiamo dato alla stessa”

Le aree interne e i dissesti idrogeologici

Una parte rilevante delle Aree interne ha subito a partire dagli anni cinquanta dello scorso secolo, un processo di marginalizzazione che, innanzitutto, si è manifestato attraverso intensi fenomeni di de-antropizzazione...

Attualità
Cilento lunedì 03 dicembre 2018
di Rosa Pepe
Immagine non disponibile
Frane © Unico

Si parla sempre di tutela dell’ambiente e salvaguardia del territorio, binomi oggi imprescindibili, in quanto sono la base della conservazione delpaesaggio e del patrimonio biodiverso che lo compongono.

Una parte rilevante delle Aree interne ha subito a partire dagli anni cinquanta dello
scorso secolo, un processo di marginalizzazione che, innanzitutto, si è manifestato
attraverso intensi fenomeni di de-antropizzazione con riduzione della popolazione
sotto la soglia critica e un forte invecchiamento demografico; riduzione dell’occupazione e
del grado di utilizzo del capitale territoriale, costi sociali per l’intera nazione dovuti soprattutto al dissesto idro-geologico e al degrado del patrimonio culturale e paesaggistico.Tale processo si èmanifestato inoltre nella progressiva riduzione quantitativa e qualitativa dell’offerta locale di servizi pubblici, privati e collettivi, i servizi, che definiscono nella societàeuropea contemporanea la “qualità della cittadinanza”.

E queste aree interne sono sempre più distanti dai centri di offerta di
servizi essenziali (di istruzione, salute e mobilità), anche se ricche di importanti risorse
ambientali e culturali, fortemente diversificate per natura e a seguito di secolari
processi di antropizzazione. Vive in queste aree circa un quarto della popolazione
italiana, in una porzione di territorio che supera il sessanta per cento di quello totale
e che è organizzata in oltre quattromila Comuni.
Anche le aree nostre interne, sono in una fase di forte arretratezza, non esistono programmazioni territoriali e misure vere di accompagnamento ad un possibile piano di sviluppo a sostegno reale delle stesse. Molti incontri, molti convegni tematici attivati e gestiti da personaggi, che vivono ben lontani da queste realtà.Nessuna espressione politica vera e concreta, che ne possa rivendicare nelle sedi opportune le sue necessità. Ci trasciniamo situazioni penose, lunghe e costose, come noto a tutti la questione “ fondo valle”, quanti milioni è costata fino ad oggi a tutta la collettività e quante speranze abbiamo dato alla stessa. Dopo 40 anni, ancora nulla di concreto, questi fondi, data l’emergenza ordinaria di queste aree dovrebbero essere destinati a recuperare la viabilità minore e maggiore, sia di natura provinciale, comunale e quella poderale.

In primis, sistemare il manto stradale, liberare le strade dalle frane esistenti da anni, migliorare e rifare le cunette, per favorire il deflusso delle acque e migliorare la percorribilità delle stesse. Le nostre strade, basta un po’ di pioggia e diventano pantani. Oramai le cunette, sono delle linee ai bordi delle strade, quindi inesistenti e se presenti piene di detriti, forse non si puliscono da quando sono andati in pensione gli ultimi cantonieri, a volte i rami lungo le strade ti entrano nei finestrini delle macchine. Per non parlare dello stato dei nostri fiumi ed argini; nell’ultimo periodo non poche preoccupazioni in merito allo stato di vetustà e degrado del ponte, situato in località Ponte Calore, a confine tra i comuni di Aquara e Castel san Lorenzo. Sono almeno 10 anni che la base di cemento doveè poggiato il pilone centrale del ponte è stato eroso mettendoa nudo le griglie di ferro. Questo sempre perché nel tempo nessun ente si è preoccupato del monitoraggio emanutenzione ordinaria del manufatto.
Se per le aree interne non si attivano veri piani di salvaguardia del territorio, sempre più queste aree saranno soggette a problematiche di dissesto, che sono da ricercare anche nella mancata manutenzione ordinaria dei fondi agricoli. Poca attenzione è rivolta alla gestione delle acque di scolo dei fondi e la rete di canali che consente alle acque di essere regimate e creare un loro percorso verso la valle, è quasi inesistente. Questo perché molti terreni sono abbandonati, molti proprietari non vivono in zona e allo stesso tempo non vogliono cedere o vendere a terzi le loro proprietà. Inoltre la maggioranza della popolazione che la vive è anziana, la redditività delle colture è bassa , e l’agricoltore non è più capace di destinare parte del suo tempo e del suo non reddito alla realizzazione di reti di scolo nei suoi terreni, alla manutenzione delle siepi, dei valloni, ruscelli, alla potatura degli alberi, soprattutto quello tra confinanti ed aree di rispetto tra le proprietà.

Oggi più che in passato è necessario curare e preservare la montagna, il bosco e sottobosco e tutte le aree collinari e le zone a valle, considerandole nella loro interezza. Vanno riattivate le vie di deflusso delle acque superficiali attraverso una rete reale di sgrondo delle acque e attivare una manutenzione ordinaria dello stato dei luoghi. In quando in caso di piogge intense, tipo bombe d’acqua , se lo scorrimento e deflusso delle acque incontra ostacoli , come sassi e legname si crea una sorta di barriera, il cui peso e pressionegenera un effetto boomerang, sui terreni sottostanti. Questo quello che è successo nella settimana scorsa, in molte campagne della valle del Calore e non solo. Diverse le frane e smottamenti, chiusura di strade , allagamenti di fondi e trasporto a valle di animali e manufatti. Possiamo suggerire a chi ha subito danni all’interno della sua azienda agricola, di segnalare lo stato dei fatti alla comunità montana di competenza, utilizzando il modello allegato,insieme a foto che ne evidenziano i danni subiti. Nel 2017 molte aziende hanno subito la gelata e il lungo periodo di siccità, e nonostante che le due calamità sono state riconosciute dall’amministrazione regionale, ad oggi nulla di fatto, pratiche ferme e nessuna risposta e riconoscimenti reali dei danni e risarcimento per la mancata produzione.

E’ chiaro che di fronte ad un nuovo evento climatico, rimangono basiti. . Oggi essere imprenditore agricolo nelle aree interne è un miracolo.Non si riesce ad essere competitivi sul mercato perché il costo di produzione è alto, soprattutto perché è venuta meno la disponibilità di manodopera famigliare; spesso non si riesce a collocare il prodotto sul mercato, perché l’offerta di prodottonon è rappresentativa e costante nel tempo, perché si difetta di comunicazione, di siti funzionali ed efficienti,non googlizzati e non presenza costante sui social.

Inoltre lepiccole aziendesono regolate dalle stesse leggi che regolano le grandi imprese. Questi limiti e problemi, possono essere in parte superati, con piani di sviluppo ad hoc e reali per queste aree e se ritorneranno a viverle i nostri giovani, in qualità di professionisti e manager che porteranno con sé innovazionee tecniche, lavoreranno in rete , e mettendo in connessione il territorio, agricoltura e turismo, in quando vivere solo di agricoltura non è più possibile, neppure nel nostro caro amato Cilento.

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