La loro nidificazione nella parte occidentale del Mediterraneo è da ritenersi eccezionale

Alle tartarughe Caretta Caretta piace il buio

Le tartarughine per poter venire fuori necessitano di assoluto silenzio, poca luce e di un luogo a loro congenito. Impercettibili, fragili e minuscole vengono fuori dalla sabbia.

Attualità
Cilento lunedì 09 settembre 2019
di Anais Di Stefano
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Alle tartarughe Caretta Caretta piace il buio © Unico

Il buio intorno. Sì, perché le tartarughine per poter venire fuori necessitano di assoluto silenzio, poca luce e di un luogo a loro congenito. Impercettibili, fragili e minuscole vengono fuori dalla sabbia. Aiutandosi con le loro pinne, accantonano i granuli e raggiungono la superficie. Il loro corpo, seppure non completamente formato, si presenta allungato e ricoperto da un robusto guscio. L’evento affascinante è avvenuto ad Ascea, sotto gli occhi di quanti, incuriositi, hanno assistito. La Scogliera è divenuta luogo privilegiato per mamma tartaruga. Infatti, la notte del 23 agosto sono nate e hanno raggiunto il mare 56 piccole tartarughe. Non solo. In questi ultimi giorni di agosto è stata prevista una nuova schiusa per le uova depositate. Il 31 in località Scoglietti si è verificata una nuova nascita. «Stanotte dal nido di Ascea sono nate ben 66 piccole» - è quanto ha annunciato il team di biologi e volontari coordinato dal Centro Ricerche Tartarughe Marine di Anton Dohrn. Altra sorpresa domenica sera. Sono emerse dalla sabbia altre 5 tartarughe. Insieme, una dopo l’altra, hanno raggiunto il mare.

Si tratta delle Caretta caretta, una specie di tartarughe marine diffuse nelle acque degli Oceani Atlantico, Indiano e Pacifico. Nonché nel bacino del Mediterraneo e del Mar Nero. Abitano la zona superficiale del mare aperto. Mentre in una seconda fase della loro vita, si spostano in fondali bassi. Respirano aria essendo dotate di polmoni. Ma sono anche in grado di fare lunghe apnee. Si nutrono di molluschi, crostacei, pesci, meduse. Purtroppo, nei loro stomaci è stata trovata una quantità notevole di plastica.

La loro nidificazione nella parte occidentale del Mediterraneo è da ritenersi eccezionale. Questa avviene per lo più tra Grecia, Turchia, Cipro. Ad oggi, la loro nascita in Cilento avviene con regolarità. Sintomo dei cambiamenti climatici. L’innalzamento della temperatura ha reso questi posti luoghi ideali per la loro nascita. Tuttavia, per le Caretta caretta si registra il rischio estinzione. La cementificazione, il degrado delle coste e dei litorali, l'impatto con i sistemi di pesca costituiscono le principali minacce. Spesso le tartarughe rimangono impigliate nelle reti. Altre vengono catturate accidentalmente. Si stima che ogni anno, a causa di queste attività, ne muoiano oltre 40mila. Inoltre la presenza di plastica le soffoca. Una tartaruga marina su due, nel Mediterraneo, ha ingerito questi materiali. La presenza di plastica sulle spiagge può compromettere le stesse nidificazioni. Infatti, la sabbia in cui mamma tartaruga depone le sue uova – in presenza di frammenti di plastica – non mantiene la stessa umidità e modifica la temperatura. Questo avrà ripercussioni sullo sviluppo della schiusa.

Circa 900 tartarughe ferite vengono soccorse e accolte ogni anno nei Centri di Recupero, dove vengono curate e liberate. È il caso della tartaruga Gioacchina, trovata in difficoltà ad Acciaroli. L’animale era intrappolato con la testa in un grosso pezzo di rete. Presentava lesioni alle pinne anteriori e traumi diffusi.

Ascea è il primo dei sette nidi monitorati nel salernitano. I volontari sono supportati dal Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni. Collabora con loro l’Enpa, ente nazionale protezione animali. Il team per assicurare benessere a questi piccoli individui monitora costantemente la loro attività. Infatti, dal momento in cui le tartarughe depongono le uova (fino ad un massimo di 150) nella sabbia, a circa 50 metri di profondità, si procede alla salvaguardia dell’area. La durata di questa fase è variabile, tra i 50 e i 100 giorni. A seconda delle condizioni ambientali e della temperatura del terreno. Altro momento delicato la schiusa. In genere trascorrono dalle 12 alle 36 ore dalla rottura del guscio ai primi tentativi di uscire. Una volta venute alla luce, parte di queste vengono controllate e pesate. Due giorni dopo l’emersione dell’ultima tartaruga, si studia la granulometria della sabbia e il successo della schiusa. Una volta raggiunto il mare, inizia il loro meraviglioso viaggio tra i fondali.

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