Anche in tempo di Covid 19, poco ha modificato i ritmi resilienti dell'uomo che vive da sempre nel mondo immutato ai piedi del monte.

Sotto il Cervati i ritmi sono dettati dalle esigenze degli animali e della natura non dalla pandemia

Il caldo della ricotta posta in una scodella di acciaio e la morbidezza della bianca prelibatezza offerta da Antonio Matrella, a distanza di tempo, ancora ritorna nella memoria delle pupille gustative

Attualità
Cilento giovedì 28 maggio 2020
di Gina Chiacchiaro
Immagine non disponibile
Antonio Matrella, pastore © Unico

Assaporare una passeggiata non più intorno casa, nel raggio di trecento metri, in tempo di Coronavirus, non ha prezzo. Soprattutto se devi raggiungere il punto di partenza della passeggiata con la macchina e fare un viaggio di un'ora circa. Ti sembra quasi di essere partita per una vacanza. Comunque la passeggiata è in montagna ed è un circuito circolare ai piedi di Monte Cervati.

È un percorso ad anello quello che facciamo ai piedi del Cervati in località "Santo Lio", in una giornata di tarda primavera. Inizialmente, si la strada di cemento bianco, scivola verso il basso lungo un pendio che in fondo si lascia andare nei dirupi scavati dal fiume Calore. Si ascolta il cinguettio degli uccelli, il rumore dei nostri passi sulla ghiaia, il suono dei campanacci delle mucche al pascolo ...

Quando la stradina si allunga nel pianoro, in lontananza, si scorge il fumo di un camino poggiato su una casupola ove il pastore trova rifugio e sbriga i compiti di trasformazione del latte. Qualche auto di passaggio rientra in paese dopo aver fatto scorta di legna mentre il fuori strada dei carabinieri forestali va in senso contrario per completare il giro di ispezione. Poi ... è la natura a parlare, è la natura che ci fa compagnia.

Tutt'intorno una alternarsi di colori dal verde chiaro allo scuro, a volte brillante, a volte cupo o intenso. Nei prati le margherite bianche punteggiano il verde e qualche orchidea selvatica dà un tocco di colore diverso svettando nell'insieme. Il biancospino perlopiù è già rinverdito e solo in alcuni punti si intravede il bianco dei suoi fiori delicati.

A questo punto mi viene in mente la poesia Giovanni Pascoli: "O Valentino vestito di nuovo, come le brocche dei biancospini, solo ai piedini provati dal rovo, porti la pelle dei tuoi piedini ...) la mente va indietro nel tempo e come in un film scorrono le immagini di vita della gente del posto agli inizi del novecento: la povertà delle persone, la sofferenza dei genitori di non poter dare ai propri figli ciò di cui avevano bisogno, la rassegnazione di uomini e donne al proprio destino e la tanta ignoranza che c'era.

I bambini privati anche del necessario non avevano neanche le scarpe ai piedi perché i loro papà erano in guerra e le loro mamme impegnate nei duri lavori della terra per provvedere ai loro bisogni di sopravvivenza e la fatica era tanta. Perché ricordiamoci che non c'erano i mezzi di oggi, non c'era la tecnologia ma soltanto la buona volontà.

È una domenica di maggio abbastanza calda anche se un po' nuvolosa e dopo quasi tre mesi di forzata sedentarietà, questa passeggiata in montagna ritempra le membra e il pensiero corre libero mentre l'abbaiare dei cani, a guardia degli animali al pascolo, ci ricordano che comunque siamo in mezzo alla natura ma dove l'uomo gestisce spazio e tempo: il suo e quello degli animali che gli sono affidati.

A risvegliarmi da miei pensieri è una sosta ad una fontana per rinfrescarci e, subito dopo, l'invito di Antonio Matrella, pastore da una vita, intento alla lavorazione del latte, ad assaggiare la ricotta appena estratta dal siero che ribolle nel catino.

Il caldo della ricotta posta in una scodella di acciaio e la morbidezza della bianca prelibatezza, a distanza di tempo ancora ritorna nella memoria delle pupille gustative.

La vita del pastore è scandita inesorabilmente dal metronomo del suo gregge. Anche in tempo di Covid 19, poco ha modificato i ritmi resilienti dell'uomo che vive da sempre nel mondo immutato ai piedi del monte.

Saluti, convenevoli e un interessato arrivederci e ripartiamo in salita verso il monte che troneggia sulla vasta faggeta che rinverdisce.

Solo gli uccelli, con il loro cinguettare, sembrano scambiarsi saluti, sembrano raccontarci le loro esperienze, sembrano ricordarci che la natura va rispettata! Mi aspettavo una passeggiata più tranquilla, più solitaria e invece gli incontri non mancano: c'è chi va in montagna per tagliare legna, chi invece ci va per cercar funghi, chi per accompagnare gli animali al pascolo ...

La vita in montagna è fatta di ritmi lenti, spazi ampi, e tempo che ha bisogno di essere vissuto con pazienza anche quando tutto intorno è irrefrenabile.

Gina Chiacchiaro


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