Soltanto un neo, un cruccio, increspa il suo animo: il desiderio di una maggiore valorizzazione della cultura dei beni e una consapevolezza del patrimonio di cui si dispone
Roscigno Vecchia e Giuseppe Spagnuolo: non sarà l'ultimo abitante, ma è una figura interessante
La libertà non è una meta o la fuga da un posto, piuttosto la condizione che porta a far respirare l'anima e alleggerire i pesi della vita, osservandoli e sfiorandoli da una prospettiva nuova.
Esiste un luogo, incastonato nel lembo dell'entroterra della provincia di Salerno, dove il sole filtra, ma filtra nelle pieghe dei vicoli, dove il vento soffia ma non c'è quasi nessuno ad ascoltare il proprio impercettibile suono.
Esiste un luogo, che non è solo luogo dell'anima, ma è luogo fisico e tangibile, di terra, polvere e aria: è Roscigno Vecchia, anche detta Pompei del Novecento, perché incastonata in una dimensione sacrale, fuori dal tempo e dallo spazio, imbalsamata in un passato che non può più tornare e che è l'unico compagno di Roscigno Vecchia, avvolta dalla solitudine e dalla nostalgia.
La
storia del paese è tanto affascinante quanto suggestiva, e nel
ripercorrere il racconto del suo abbandono e dei suoi tratti
caratteristici, si rimane ammaliati nel rendersi conto delle
vicissitudini del borgo fantasma.
La storia di frane e alluvioni
di Roscigno è nota a tutti gli abitanti dei paesi limitrofi, che nel
corso dei secoli hanno sempre osservato la riedificazione progressiva
del cosiddetto "paese che cammina" (appellativo che
Roscigno si è conquistato per via della sua mobilità): è stato
riedificato e ricostruito per ben tre volte, nel corso del 1600 e del
1700.
Nel 1776, nella zona interessata dalla frana in
località "Molinello", si formò un piccolo laghetto a
causa della forte depressione del terreno, il signore Mazzeo
Francesco pensò di tuffarsi per misurarne la profondità, ma si
persero le sue tracce per ben otto giorni, dopo dei quali venne
ritrovato il suo cadavere.
Roscigno
Vecchia, ad oggi è disabitata per via dei pericoli dati appunto
dalle diverse frane, e la popolazione negli anni è migrata a
Roscigno Nuova: il centro storico di Roscigno Vecchia cominciò a
svuotarsi attorno al 1902 per via di ordinanze da parte del genio
civile (la legge speciale n. 301 del 7 luglio 1902 e la legge n. 445
del 9 luglio 1908).
L'ultima abitante di Roscigno Vecchia, Teodora
Lorenzo (nota a tutti come suor Dorina) è morta nel 2000, a 85
anni.
Dorina non aveva voluto saperne di seguire la sorella
Concetta Gelsomina e il fratello Mario, e aveva scelto di rimanere
nella casa di suo padre, che consisteva in un paio di stanze senza
acqua, gas e luce, mentre intorno a lei tutto crollava.
Dorina
è stata l'ultima abitante del borgo; negli anni, si è creata una
sorta di iconografia attorno a un altro "unico e ultimo
abitante", ossia Giuseppe Spagnuolo, che è il custode del Museo
di Arte e Civiltà Contadina: spesso le testate giornalistiche (o i
mass media in generale) hanno creato una confusione tra lui e Dorina,
additando Spagnuolo come unico e ultimo abitante di Roscigno
Vecchia.
Non sarà l'unico e l'ultimo abitante, ma è una figura
davvero interessante da conoscere.
Fa da cicerone ai visitatori che si addentrano nei meandri del borgo, racconta loro storie di un'epoca morta e svela quei segreti che solo il vento conosce. Qualcuno diceva che la solitudine è ascoltare il vento e non poterlo raccontare a nessuno, ma forse è anche un'estrema forma di libertà.
"Libertà, l'ho vista dormire nei campi coltivali, a cielo e denaro, a cielo ed amore, protetta da un filo spinato", cantava Fabrizio De André parlando del suonatore Jones. La libertà non è una meta o la fuga da un posto, piuttosto la condizione che porta a far respirare l'anima e alleggerire i pesi della vita, osservandoli e sfiorandoli da una prospettiva nuova. Quasi sopraelevata.
Dalla
sua prospettiva sopraelevata e fatta di campi coltivati, terra e
antichi fasti, Giuseppe Spagnuolo osserva lo scorrere della
modernità, l'affastellarsi di questo ricambio generazionale e di
questa nuova società liquida, proiettata verso il culto del virtuale
e l'adorazione della tecnologia e della socialità surrogata;
osserva, sfiora e scruta, ma non si lascia mai toccare dall'alito del
virtuale e del contingente. Impegnato a vivere nella Pompei del '900,
come qualcuno ha chiamato Roscigno Vecchia, si gode quella
libertà che a molti sembrerebbe un salto nell'abisso Lui potrebbe
benissimo figurare tra i personaggi dell'Antologia di Spoon River di
cui De Andrè scrisse e cantò, perché la sua vita ha il sapore del
romanzo o forse i toni sfumati dell'elegia: lui si fa chiamare
Libero.
Quante
storie avrà Giuseppe da raccontare, affacciato alla sua finestra che
abbraccia il passato e il presente? I suoi occhi avranno osservato
tanta vita, tante albe e tramonti, con la stessa intensità con cui
ora osservano un nulla che ha il sapore speciale della
conquista.
Dopo
un'esperienza come carpentiere al Nord Italia, decise, in un atto
rivoluzionario, che non c'era nulla di più appropriato alla sua
anima se non i suoi paesaggi e i suoi luoghi, e ora tesse le trame
dell'elegia della sua vita, scrutando gli anni da quella finestra che
è sempre spalancata sul mondo, nonostante l'isolamento a cui tutti
la ricollegano.
Soltanto
un neo, un cruccio, increspa il suo animo: il desiderio di una
maggiore valorizzazione della cultura dei beni e una consapevolezza
del patrimonio di cui si dispone. Affinché Roscigno Vecchia diventi
parte attiva della storia del Cilento interno e non soltanto la guest
star di qualche sporadica apparizione cinematografica.
Monica Acito
Tive a alegria de conhecer Giuseppe e Rosigno Vecchia. Uma experiência singular! Rispondi a SANDRA KATIA WEIGERT