Pafundi: “Più specialisti per garantirne il rispetto”

Il centro antiviolenza Aretusa lancia la campagna Tolleranza Zero a favore dei diritti umani

Pafundi condivide il pensiero di Elisa Ercoli quando afferma che le donne devono denunciare quando sono già in un sistema di protezione e devono andare dalle istituzioni sapendo che sono credute.

Cronaca
Cilento mercoledì 23 gennaio 2019
di Antonella Citro
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Katia Pafundi ed Elisa Ercoli © Unico

Sulla sentenza di Torino con la quale è stato assolto un 41 enne denunciato dalla moglie finita più volte in ospedale con naso rotto e costole incrinate si esprime anche Katia Pafundi responsabile del centro antiviolenza di Atena Lucana che si allinea con quanto espresso da Elisa Ercoli, presidente di Differenza Donna, l’organismo che gestisce il Centro Antiviolenza Aretusa di Atena Lucana nel Vallo di Diano. “In Italia cioè le donne possono uscire dalla violenza solo se seguite dai centri antiviolenza specializzati – si legge sul profilo Facebook - la violenza maschile contro le donne come una grave violazione dei diritti umani non è una certezza che è parte delle coscienze democratiche di tutte e tutti, è ancora sapienza di poche e pochi”. Un’analisi attenta che richiama il senso del lavoro capillare e della sinergia costante e determinante quando si parla dell’edificazione della rete come momento indispensabile per aiutare concretamente le donne vittime di violenza di ogni genere. Un lavoro che il centro Aretusa ormai conduce da diverso tempo grazie alla prontezza e preparazione delle operatrici che, una volta formate, si dedicano ad aiutare le donne che denunciano la violenza subita. Pafundi condivide il pensiero di Elisa Ercoli anche quando afferma che le donne devono denunciare quando sono già in un sistema di protezione e devono andare dalle istituzioni sapendo che sono credute. Insomma c’è alla base un grande lavoro che va fatto per passare a una sostanzialità dei diritti, Pafundi ed Ercoli vogliono cioè ricentrare il principio della Zero Tolerance nei confronti della violenza sulle donne. Si fa riferimento alla condizione delle donne che devono essere libere e devono godere appieno del diritto alla salute, devono avere una vita dignitosa e poter accedere alla libertà di pensiero. Tolleranza zero, quindi, deve venire soprattutto dalle istituzioni, perché <<le violazioni - dicono Ercoli e Pafundi - sono possibili a causa di un contesto di società globali patriarcali in cui non c’è un posizionamento chiaro, forte e determinato di condanna della violenza maschile sulle donne>>. Ma è dai social e dalle tecnologie digitali che i nuovi diritti hanno dato alle donne un nuovo potere: la consapevolezza di formare una rete internazionale. Si può partecipare alla campagna inviando una foto accompagnata dall’hashtag #idirittidelledonnesonodirittiumani a ongddpress@gmail.com o con un messaggio alla pagina Facebook dell’associazione Differenza Donna. Al fianco dell’iniziativa che, si chiuderà l’8 marzo, scende anche la Consulta delle Amministratrici del Vallo di Diano. <<Nonostante l’Italia abbia ratificato la convenzione di Istanbul dove viene definita violenza contro le donne una delle più gravi violazioni dei diritti umani, sono ancora molti i professionisti a più livelli impreparati a gestire situazioni così complesse seguendo stereotipi che non fanno altro che colpevolizzare la donna – dice Pafundi – il maltrattamento in famiglia è un reato complesso che dovrebbe avere professionisti altamente specializzati ad occuparsene per garantire il rispetto dei diritti di tutti. Ancora di più di donne e di minori vittime di violenza>>.

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