La linea Eboli-Reggio era al centro del dibattito della classe dirigente di fine ‘800.

Il treno della discordia

Agostino Magliani riteneva le ferrovie il volano dello sviluppo perché avrebbero stimolato gli investimenti incrementando le relazioni economiche del settore pubblico con la iniziativa privata.

Cultura
Cilento domenica 28 febbraio 2021
di L.R.
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Agostino Magliani © web

Negli ultimi giorni si è notato il dinamico attivismo di un gruppo di professionisti e di giovani cilentani, impegnati a riflettere sul tracciato della rete ferroviaria e sui progetti dell’alta velocità. C’è da registrare anche la prevedibile reazione di chi immagina di vedere conculcati presunti diritti di primo genitura nel determinare il tracciato. Chi è abituato a frequentare gli archivi è pronto a commentare: “niente di nuovo sotto il sole”. Le stesse polemiche, l’evocazione di interessi analoghi, il medesimo braccio di ferro tra politici ed amministratori si sono registrati quando si trattò di decidere da dove far passare la ferrovia che da Napoli doveva arrivare alle Calabrie. 

La realizzazione delle strade ferrate è stato uno dei problemi più dibattuti subito dopo l’unità d’Italia. Teneva viva l'attenzione specie delle aree meno sviluppate; infatti, si riteneva la loro realizzazione il possibile inizio del riscatto e opportunità di sviluppo. La “velocità” avrebbe accorciato le distanze determinando evidenti vantaggi economici, civili e sociali con la circolazione delle conoscenze, delle idee e delle merci. La linea avrebbe favorito l'insediamento lungo i tracciati. Ne era convinto, ad esempio, Agostino Magliani, che riteneva le ferrovie il volano dello sviluppo perché avrebbe stimolato gli investimenti incrementando le relazioni economiche del settore pubblico con la iniziativa privata. Quindi egli sollecitò il tracciato da Eboli a Laurino e, quindi, a Vallo e riteneva giustificata la spesa perché non considerava l’intervento secondo la rigida ottica del bilancio, ma valutava le capacità della politica finanziaria nel produrre ricchezze, intuizione divenuta teoria accettata da tutti con Keynes, ispiratrice anche dell’attuale politica monetaria europea, che Draghi dovrebbe applicare in Italia. 

La linea Eboli-Reggio era al centro del dibattito della classe dirigente di quelli anni, per la rappresentanza politica grande opportunità per emergere. Lo dimostrò la Sinistra di Nicotera col suo successo plebiscitario eleggendo tutti i deputati dei collegi in provincia ad eccezione di quello di Amalfi, non interessato al dibattito in corso. La rilevanza del tema è attestata dal fatto che Nicotera riportò 1.184 voti contro uno solo assegnato all’avversario Luciani, noto e stimato sindaco di Salerno; mentre nel collegio di Capaccio, particolarmente interessato al tracciato, Alario, il fiduciario di Nicotera, prevalse sul deputato uscente. Accreditatosi come il referente in provincia dell’allora ministro degli interni, Alario fu particolarmente attivo nell’orientare le scelte circa il tracciato da realizzare. Così prevalse la tratta che da Battipaglia, attraverso la piana di Paestum, porta a Sapri, malgrado le motivate preoccupazioni espresse dalle gerarchie militari, soprattutto dalla marina per la prossimità all’indifendibile costa. 

Allora, come adesso, tutti erano impegnati ad esaltare la strada ferrata come volano giustiziere, che avrebbe riparato atavici torti subiti. Indubbiamente, il problema esiste, ma non giustifica l’atteggiamento di chi, condizionato da sacro egoismo, è pronto a rispondere al presunto “jus murmurandi” degli altri cadenzando una sostanziale “mors tua, vita mea”. Chi si comporta così ricorda giocoforza i famosi “capponi i Renzo”; invece, nessuna lotta tra aree contermini, ma dialogo per individuare una strategia condivisa perché la vera alternativa è il civile dibattito tra tutti gli interessati. Del resto, la convinzione che uniti si è vincenti, perché l’unione fa la forza, è un atteggiamento non declinabile con la furbizia alla Bertoldo. Si tratta di assumere una decisione guidati dalla razionalità e da una visione lungimirante. Infatti, a prevalere non deve essere la realizzazione dell’opera a prescindere, ma la sua effettiva funzionalità nel soddisfare esigenze concrete e improcrastinabili. Da qui la necessità di ascoltare i tecnici, invitati a mettere in pratica i loro saperi soltanto dopo aver registrato dagli interessati la consistenza dei molteplici bisogni da conciliare. Ciò non può avvenire nel chiuso di uffici, dove l’ingresso è riservato.

In questa fase diventa manifesta saggezza diffidare dei politici e degli amministratori pronti a ripetere il mantra del fare tutto ciò che in loro potere per sollecitare una soluzione favorevole agli interessi di una parte. E’ facile controbattere a questa pelosa generosità e chiedere: “dove siete stati fino ad ora? Alcuni certamente distratti, tanti assenti, silenti per favorire anche indicibili interessi i più furbi.

Ritorna ad emergere la necessità di una società civile attenta e partecipe, non più disponibile alla delega passiva, soprattutto dopo le reiterate negative prove fornite dai delegati! Di conseguenza per l’ennesima volta si riscontra la rilevanza di disporre di un ceto dirigente capace di espletare al meglio la propria funzione. Quindi, lo sforzo di un gruppo di cittadini disposti ad impegnarsi va salutato con la dovuta simpatetica partecipazione. E’ un gesto di buona volontà che dimostra come, sotto lo spesso strato di polverosa indifferenza, esiste una potenziale vitalità. Essa attende solo di essere stimolata trovando ragioni adeguate per una battaglia di civiltà.

E’ una potenziale prateria che dovrebbe indurre anche la Chiesa ad intervenire. Le due solerti curie diocesane a sud di Salerno potrebbero animare una opportuna riflessione anche sulle dinamiche insite nel capitolo dei trasporti. Avere un tracciato ferroviario che consenta ai treni un passaggio ad alta velocità privo della possibilità di fruire dei benefici effetti contribuisce ad accentuare l’isolamento, che non è solo fisico, diventa anche mentale e culturale; sempre pericoloso, esso risulta particolarmente grave per le pervadenti dinamiche dell’attuale globalizzazione. In termini geografici interessa tutta la metropolia ecclesiastica; infatti, da quanto si sente dire, anche il nodo ferroviario del capoluogo verrebbe ridimensionato. Quindi pare legittimo porsi l’interrogativo se, per 40 minuti di tempo di percorrenza risparmiati nel legare la punta dello stivale con i poteri forti del centro-nord della penisola, valga la pena bipassare uno scrigno di storia, una preziosa collezione di arte, una popolazione testimone di valori millenari radicatisi nella vasta ed articolata provincia di Principato Citra. 

Il tempo è danaro, si è soliti dire, in realtà è tale soltanto se ben speso. Del resto la pandemia ha dimostrato che certi dogmatici assunti della post-modernità sono stati drasticamente ridimensionati. E’ ormai un anno che si sperimenta come, rispetto alla cose da acquistare e possedere, risulta più saggio moltiplicare le occasioni per relazionarsi e porre maggiore attenzione all’essere, saperlo individuare, apprezzare, fruire, godere. E’ il mondo dei valori ai quali è necessario riavvicinarsi con coraggiosa creatività, come di recente hanno invitato a fare i vescovi della Campania.

Prendere spunto da questo tema consentirebbe loro di affrontare le problematiche connesse al nuovo umanesimo in economia. Papa Francesco sollecita l’organizzazione delle attività produttive praticando l’inclusione. Diventa perciò fondamentale rivedere il presunto primato della finanza rispetto alla responsabilità etica, che invita a considerare armonicamente l’attività dell’uomo e per l’uomo. Questo originale e necessario personalismo economico sollecita leggi giuste per procedere alla necessaria ridistribuzione delle ricchezze, giustizia praticata con lo spirito del dono, vincente alternativa alle pretese delle deterministiche leggi economiche e finanziarie dei dogmi neoliberisti. 

Una sollecita creatività, che procede alla dovuta strutturazione delle strategie produttive, si propone il rispetto della libertà, della trasparenza e della democrazia. Così si produce ricchezza tramite politiche capaci di assicurare lavoro a tutti, bene non solo per l’economia, ma per la persona. Infatti, preserva la dignità, dinamizza la cittadinanza, esalta l’inclusione sociale. Affrontare questi temi consente di recuperare il primato della politica, impegnarla a realizzare una riforma finanziaria modellata su principi etici che si riverberano su una sana economia globale. Rispettosa dell’ecologia, essa prevede anche una decrescita degli utili scandalosi di pochissimi privilegiati, un progetto di giustizia che combatte la povertà ed esalta la fraternità radicando la pace sociale.   

lr

 

 

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