In quel preciso momento il treno fischiò e tutta la scena sembrò uscire da un quadro di Sergio.

CASELLO 21, 21 agosto 2021, ore 21

Un futuro in forma di passato.

Cultura
Cilento venerdì 05 marzo 2021
di Paolo Romano
Immagine non disponibile
Dipinto di Sergio Vecchio © Unico

Nessuna mail, s’era scelto di far giungere gli inviti con una cartolina, spedita per posta con tanto di francobollo. La cartolina riproduceva i templi di Paestum sotto un cielo dai colori metallici e liquidi al tempo stesso, un nero mai visto prima perso nella notte del tempo. L’appuntamento per l’inaugurazione del Museo voluto da Sergio Vecchio era per il 21 agosto 2021 alle ore 21. Si partì dalla stazione di Salerno. Prendemmo la Locomotiva Elettrica d'epoca e Carrozze "Centoporte" - "Archeotreno della Campania" proveniente da Napoli dopo Paestum si sarebbe fermata anche ad Ascea, per un unico viaggio nel cuore della Magna Grecia. In carrozza c’erano anche i direttori del Mann, del Parco Archeologico di Pompei e una delegazione proveniente da Sibari sbarcata a Salerno il giorno prima. Si volle invitare un gruppo di artisti provenienti dall’odierna frazione di Cassano Ionico, golfo di Taranto, poiché , com’è noto, erano stati loro, i sibariti, a fondare la colonia greca di Paestum. Scendemmo tutti al casello 21, rimesso a nuovo, ritinteggiato con un rosso pompeiano del tempo, com’erano una volta le case cantoniere. Fuori campeggiava il cartello “Stazione del Dorico”, come Sergio avrebbe voluto. Al piano inferiore erano esposte le tracce iconografiche del passato: cartoline d’epoca, stampe ancora più antiche, a cominciare da Sei e Settecento, quadri, e documenti sull’area archeologica, le mura, la campagna pestana, il borgo di Capaccio e la sua linea ferroviaria che ha fatto approdare sul posto artisti, archeologi e scrittori. Come noi, prima di noi, erano arrivati a Paestum con lo stesso desiderio di annullamento del tempo (quale metodo migliore c’è per conservarlo) personaggi del calibro di Johann Joachim Winckelmann, Giovanni Battista Piranesi, Johann Wolfgang Von Goethe, William Turner, fino al Novecento di Giuseppe Ungaretti e una schiera innumerevole di artisti, pittori, poeti del passato più recente. Al piano superiore c’era una piccola galleria comunale d’arte moderna, con trenta opere ceramiche di altrettanti artisti contemporanei chiamati ad interpretare i miti della Magna Grecia. Con la “Stazione del Dorico” sì concretizzò quel giorno un sogno antico di Vecchio. “Chissà se lo vedrò quel giorno” , ripeteva sempre Sergio. Non lo vide, purtroppo di persona, lo vedemmo noi con i suoi occhi e – a parziale recupero- lo vedranno finalmente le migliaia di turisti che a Paestum avranno un altro sito culturale da visitare, attraverso un’ampliata offerta turistica di qualità. Sergio in realtà ci aveva già provato, un primo esperimento di trasformare gli antichi locali dello scalo ferroviario della città dei templi in un Museo del Grand Tour pestano era stato fatto per pochi giorni presso l’ex biglietteria.  In quella occasione esposero: Gian Cappetti, Maria Grazia Cappetti, Enzo Caruso, Livio Ceccarelli, Ignazio Collina, Antonio D’Acunto, Federica D’Ambrosio, Raffaele Falcone, Rosalba Fatigati, Nello Ferrigno, Lauretta Laureti, Domenico Liguori, Pasquale Liguori, Luigi Manzo, Stefania Marano, Ugo Marano, Danilo Mariani, Pier Francesco Mastroberti, Alessandro Mautone, Mattia Mautone, Rossella Nicolò, Augusto Pandolfi, Francesco Procida, Francesco Raimondi, Alfredo Raiola, Luigi Ronca, Teresa Salsano, Salvatore Scalese, Sergio Scognamillo, Ferdinando Vassallo, Marco Vecchio e Sergio Vecchio. Ma era un palliativo, una mostra temporanea. Finalmente in quell’agosto 2021 si poté invece fruire del Casello rimesso a nuovo. In verità, stava candendo a pezzi, si stava perdendo un’occasione da sempre rimandata nel tempo. 

Il progetto ricevette il plauso dell’Unione Europea, complimentatasi con Bruna Alfieri Vecchio  e con l’amministrazione locale per aver dato vita a una realtà in linea con lo spirito di valorizzazione di un sito che è patrimonio mondiale dell’Unesco. Tv e giornali, quella sera, fecero a gara per fotografare il Ministro della Cultura con il berretto da capostazione, quello che Sergio amava indossare, un originale dei primi del Novecento. In quel preciso momento il treno fischiò e tutta la scena sembrò uscire da un quadro di Sergio.

Paolo Romano

 

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