E’ tutta la penisola, secondo le previsioni, ad essere invasa da un pacifico esercito di vacanzieri, la maggioranza dei quali, almeno per quest’anno, ha abbandonato l’idea di viaggi all’estero.

Costiera Turismo

Località come Amalfi, Ravello, Positano, Vietri sul Mare sono ormai nell’immaginario collettivo di chi ogni anno lascia il luogo natio, o di residenza, ovunque esso sia, per trascorrere un giusto periodo di riposo.

Cultura
Cilento lunedì 14 giugno 2021
di Vito Pinto
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Furore, fiordo. © Unico

Sarà l’effetto pandemia che ancora ha larghi strascichi di paure, o sarà la scarsità di danaro, oppure sarà la voglia di un ritorno alla scoperta dell’Italia, sta di fatto che, secondo gli ultimi sondaggi, il mondo dei viaggiatori italiani per turismo questa prossima estate predilige l’Italia, la scoperta o riscoperta di borghi, territori, città d’arte, montagna e, immancabili ovviamente, paesi di mare. E’ tutta la penisola, secondo le previsioni, ad essere invasa da un pacifico esercito di vacanzieri, la maggioranza dei quali, almeno per quest’anno, ha abbandonato l’idea di viaggi all’estero. Tutto sommato ci si è reso conto, forse, che in Italia si può fare turismo meglio che in qualsiasi altra parte del mondo. D’altra parte non si spiegherebbe la diffusa predilezione degli stranieri per il nostro Bel Paese.

E, cosa che certamente ci fa piacere, c’è un ritorno al Sud e, in special modo, in Campania, dove il Cilento e la Costiera Amalfitana fanno da portabandiera. Due territori dichiarati dall’Unesco patrimoni dell’umanità, che hanno un’offerta certamente non secondaria con le loro bellezze paesaggistiche, la storia, i monumenti, l’arte della cucina e quella dell’ospitalità.

Sta di fatto che località come Amalfi, prima antica repubblica marinara, Ravello, città della musica, Positano città di turismo, di moda e di danza, Vietri sul Mare, paese di antica tradizione ceramica sono ormai nell’immaginario collettivo di chi ogni anno lascia il luogo natio, o di residenza, ovunque esso sia, per trascorrere un giusto periodo di riposo.

Anche se l’uomo ha non poco invaso con costruzioni il primordiale, naturale territorio, la Costiera Amalfitana continua a conservare un proprio fascino con il suo mare, le sue spiagge, i monti posti a baluardo di un clima mite in ogni stagione, anche se è di queste parti quel gelido vento del nord chiamato Tramontana.

Resistono con il loro fascino selvaggio le strette valli tra pareti rocciose scavate da piccoli, ma tumultuosi torrenti nel loro corso verso il mare, percorso da Ulisse ed Enea, da nauti soldati e commercianti, che fecero grande e potente Amalfi. Ed era il mare o la strada montana del Valico di Chiunzi le uniche possibilità, per i viaggiatori dei secoli XVIII e XIX, per giungere in questi territori sino a quando nel 1850 fu inaugurata, su progetto del vietrese ing. Carlo Tajani, quel lungo nastro a merletto di costa che da Vietri sul Mare giunge sino a Positano.

Da quei secoli del Grande Tour molta acqua è scesa giù dai Monti Lattari verso il mare! E tante cose sono cambiate, soprattutto nella seconda metà dell’ultimo secolo, definito breve, ma così intenso di trasformazioni, sociali, ambientali, territoriali e tecnologiche. Basti pensare che ancora alla fine degli anni ‘940 i velieri inglesi ancoravano avanti alla baia di Maiori per caricare i limoni amalfitani (i famosi sfusati) da far giungere sulla tavola reale e di quei cittadini britannici che apprezzavano i sapori mediterranei. E, ancora, a Minori era facile imbattersi, sul breve tratto di strada che costeggia l’arenile, le “spase” di maccheroni messi ad asciugare al sole e alla brezza marina. A Praiano erano attivi i corallari e le retinare, mentre a Positano le case erano senza finestre, perché in tal modo gli emigrati non pagavano le tasse comunali. Storie di altri tempi, si dirà, ma storie che hanno forgiato la comunità costiera all’ospitalità, all’imprenditoria alberghiera e a tutto ciò che fa turismo.

Ravello, lungi dall’essere la città della musica come oggi è conosciuta nel mondo, era visitata da qualche raro viaggiatore attirato dal richiamo wagneriano che a Villa Rufolo trovò il suo magico giardino di Klingsor. Qualche raro albergo punteggiava un territorio che viveva della sua storia marinara, mentre Vietri continuava a costruire la sua civiltà fatta di argilla.

Luoghi di ospitalità che, lungi dalle folle turistiche dei nostri giorni, erano destinati a quei pochi benestanti inglesi, tedeschi e olandesi che qui venivano a svernare, richiamati dalla mitezza del clima e dai bassi costi.

Poi tutto cambiò. Si dice che la fortuna di Positano fu l’articolo di John Steinbeck pubblicato sulla rivista americana “Harpeer’s Bazaar” nel 1953, dedicato a questo paese di case bianche, arrampicate sulla costa, allora piccolo borgo di pescatori e oggi luogo dell’immaginario turistico mondiale.

Ma fu un tragico evento, l’alluvione del 1954 a cambiare il volto di molti di questi borghi costieri sia nel loro assetto urbano che nella loro fisionomia produttiva, cambiamenti dovuti anche ad una evoluzione sociale che prevedeva rapidità mentre i centri della Costa erano proverbialmente in credito di collegamenti rapidi, in isolamento rispetto alle grandi direttrici di traffico. In pratica questa sorta di “eremitaggio” è stato la presa di coscienza di una vocazione unica a potersi impiantare e crescere in questo territorio per molti versi anche rifugio dalla storia.

E dall’alto della loro secolare esperienza di naviganti, la gente della Costa non si è mai persa d’animo, abituata ad adattarsi alla sorte, confrontandosi nei secoli con arabi e bizantini, aragonesi e angioini, borbone e savoia, riuscendo sempre ad affrontare le difficoltà e a rimodulare i suoi stili sociali. Fu così che nella seconda metà del secolo appena trascorso cominciò a trasformarsi, potenziando le strutture turistiche, inventandosi l’arte dell’ospitalità. E fu l’invasione di gente, la più disparata, di ogni parte del mondo. Ma fu anche l’arrivo di artisti, scrittori, poeti, pittori, musicisti, attori che hanno concorso, anche con le loro opere e la loro presenza, a creare il mito della Costa Diva.

Oggi il turismo, e ciò che gira intorno ad esso, è la primaria attività di questa terra baciata da madre natura. Tuttavia, nell’ottica di una giusta e necessaria crescita, da qualche anno i vari centri stanno diversificando l’offerta, avviandosi verso una sorta di “specializzazione” nell’ambito della quale ogni centro si ritaglia una propria nicchia di offerte di alta qualità. Così mentre Ravello è ormai la città della musica per antonomasia e la sede del Centro Internazionale di Studi per i beni Culturali della Comunità Europea, Positano è città della danza e della moda. Amalfi continua ad offrire il fascino della sua storia di prima Repubblica Marinara, patria delle Tabulae Amalphitanae e Minori rilancia la preziosità della sua archeologia con la Villa marittima romana. Colatura di alici, il pregiato garum dei romani, e tonno sono il fiore all’occhiello di Cetara, mentre Vietri sul Mare è ormai la patria della ceramica mediterranea. E restano sui monti quelle coltivazioni terrazzate dove padrone assoluto è il limone, ormai anchetipo di paesaggio costiero, e la vite, con piccole, ma preziose vinificazioni.

Una trasformazione in progress, che quest’anno vede la riscoperta di percorsi alternativi, lontani dalla costa grazie all’Archeo Club, ma che comporta quegli affollamenti umani e di mezzi che spesso inibiscono la frequentazione, un affollamento che non è certo appannaggio, come una volta, di nobili frequentatori, ma spesso di categorie danarose non contemplate nella lista delle attività legali.

Ma tutto fa parte del gioco di una quotidianità che, nonostante tutto, si vuole ad ogni costo riprendersi dopo i mesi di isolamento cui tutti siamo stati costretti. In fondo da sempre la Costiera Amalfitana è stata sinonimo di ferie, vacanze, libertà di vivere e di amare un piatto tipico, un luogo, un momento del giorno, una donna…

Vito Pinto

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