Franco Forte, l'editore del suo ultimo libro lo ricorda con una lettera scritta da un soldato al fronte

La prima stanza di Sergio Vecchio a Castellabate

Una serata che ha visto riunirsi molti amici di Sergio Vecchio intorno a Bruna, sua moglie, e a Ivana e Marco, i suoi figli

Cultura
Cilento lunedì 06 agosto 2018
di La Redazione
Immagine non disponibile
Sergio al corso di giornalismo tenutosi a Piaggine nel 2007 © Unico settimanale


Pennellate di colore di “artisti” per una sera i ricordi che in tanti hanno voluto esserci nella serata organizzata da Gennaro Malzone a Santa Maria di Castellabate tenutasi giovedì 2 agosto 2018 nello spazio espositivo del convento di santa Scolastica.

Il pomeriggio di Paestum, all’improvviso si è oscurato. Il santuario della Madonna del Granato è stato avvolto da colori insoliti filtrati da minacciose nubi che hanno scaricato acqua a catinelle sulla piana sottostante e fatto temere per la riuscita della serata prevista da tempo per affondare nei ricordi di tanti la tristezza della scomparsa di un amico.

Peppino Liuccio, rinuncia a malincuore alla trasferta e si arrocca nella casa rifugio di Trentinara. Ma detta precise disposizioni affinché giunga forte e chiaro il sentimento di un amico di lungo corso per il compianto Sergio.

Arrivo a S. Maria accompagnato da Ciro Borrelli e Gina, mia moglie quando il cielo si è già fatto bello. Troviamo Gennaro seduto davanti ai locali della mostra con le sedie ancora impilate per paura del temporale che ha già deciso di prendere altre vie perché qui abbiamo da “fare”. Si allestisce la platea, di montano le attrezzature necessarie si aggiungono sedie all’emiciclo sulle scale per ospitare gli amici chiamati a raccontare qualcosa di Sergio riflesso su loro.

Riempita la platea e composta la squadra convocata da Gennaro e da Bruna, do inizio al “concerto” per voci che si alterneranno al microfono per tutta la serata.

Apre Gennaro con poche e sentite parole e scopre una tela sulla quale ha fatto imprimere la sintesi della serata: Sergio Vecchio tra Castellabate e Paestum. Io che dirigerò il “traffico” di parole, la cedo subito a Costabile Spinelli, che immediatamente entra nello spirito della serata. Ricorda che l’artista è parte della città, ha regalato delle sue opere che sono esposte al castello e consegna a Bruna Alfieri una targa sulla quale sono incise parole di ringraziamento e di ricordo per l’artista.

La lunga lista degli invitati a parlare impone che i tempi mantengano un ritmo sostenuto. Nella De Leo, mi dà una grossa mano in questo concentrando in pochi minuti il ricordo dell’impegno dell’amico e compagno di ogni battaglia insieme nel WWF provinciale. Il rapporto con Sergio, però va oltre e si completa in una frequentazione senza soluzione di continuità. La parola passa a Rino Mele che coglie tra le pagine del libro, “Antonio Iannotti – Oltre l’obiettivo”, curato da Sergio per onorare un amico e che è stato offerto ai presenti in ricordo della serata. Mele pone l’accento sulla sensibilità di Sergio verso gli ultimi che traspare proprio da una frase estratta dal testo di presentazione dell’opera: “I diseredati, i disperati, al limite della pazzia, denunciano loro malgrado, senza un lamento, tra l’indifferenza della società per bene, il loro quieto e paradossale sereno vivere in solitudine, al di fuori delle regole. Ultimi attori di una vita agli sgoccioli. Disincantatamente emarginati”. Entra in scena Paolo Romano che ha seguito Sergio con molta attenzione proprio nell’ultima parte della sua esistenza quando ha dato alle stampe il suo ultimo libro. È policromia la sua “pennellata” di ricordi. Racconta aneddoti, inquadra i suoi luoghi, abbraccia la famiglia, dipinge i suoi gesti, raccoglie quel che resta …

Franco Tozza sceglie di raccontare il rapporto di Sergio con il teatro. Coglie la contraddizione tra la sua complessità espressiva, sia nei quadri sia nella ceramica, e la mancata frequenza dei teatri. Tozza la fa risalire al rapporto con Bruna che, invece, è una appassionata oltre che ad essere una scenografa e sceneggiatrice. L’impegno preso insieme era quello di provarci nel futuro che però gli è stato negato.

L’intervento di Franco Forte, l’editore che ha dato alle stampe l’ultimo libro di Sergio Vecchio “Le stanze dell’eremita”, sceglie di far parlare per suo conto il testo di una lettera scritta da un vecchio soldato: “Aspettami perché io tornerò … Aspettami da luoghi lontani non giungeranno più mie lettere … solo noi due capiremo come io sia sopravvissuto. Tu hai saputo aspettare!”

A questo punto chiedo a Bruna, di leggere la poesia che Liuccio ha dedicata a Sergio (riportata nel riquadro in basso).

Cedo, poi, il microfono ad Alfonso Andria che di Sergio è stato un amico e un estimatore da sempre e senza soluzione di continuità.

Andria, ricorda una vita di rapporti, raccordati anche con la famiglia; una infinità di incontri, mai banali; tante battaglie, non sempre vinte; l’unità di intenti, mai concordati; una fonte di idee, inesauribile … infine, riprende l’impegno di assumere l’iniziativa per dare una casa al patrimonio inestimabile che Sergio ha lasciato alla comunità. Precisa che i tempi per agire sono stretti e chiama in causa sia l’amministrazione di Castellabate sia quella di Capaccio Paestum.

In attesa degli interventi del pubblico, chiedo di far partite un video curato da Rosita Taurone, della redazione del Settimanale Unico, che coglie Sergio nella sua più naturale espressione artistica: lui che è immerso nel suo raccontare graficamente la sua Paestum come in uno specchio che ne riflette lo stato d’animo. La musica sottolinea i gesti, i segni tracciati sembrano uscire dal cuore di uomo che ama la sua passione.

La parola passa agli amici di Sergio in platea. Una cugina di Castellabate confessa di non essere andata al funerale per “vigliaccheria”: ha avuto paura di vederlo senza vita. Dora Amato, legge una poesia scritta di notte mentre è in compagnia di una quadro che Sergio le ha donato. Un allievo dell’accademia artistica di Salerno, dove Sergio ha insegnato, sottolinea la sua rigidità morale nel rapporto con gli studenti e il suo instancabile incitare a migliorarsi. Infine tocca ai due figli. Prima Marco, che di Sergio ha avuto il “coraggio” di seguire nella carriera artistica: non è facile accettare la sfida di confrontarsi con un “padre”. Lo è ancora di più se l’uomo è anche artista con uno straripante modo di esprimersi in ogni direzione non lasciando niente di intentato. Marco ha saputo cogliere e rispettare la grandezza del genitore e Sergio, con discrezione, ha sempre accompagnato il figlio stando a distanza di sicurezza.

Viviana, invece, ci ha aperto uno squarcio nel rapporto con Sergio papà raccontando sia il suo sostegno in occasione dell’esame di abilitazione all’insegnamento, sia la richiesta “imperativa” di ricercare testi nella letteratura latina che gli erano utili per allestire una mostra che poi non ha utilizzati!

La serata, che ha avuto un ritmo serrato, è stata trascinata a valle, dal fiume di parole che hanno pervaso gli animi dei presenti e di quanti hanno seguito gli interventi sulla diretta via FB.

In fondo ricordando Sergio Vecchio, non abbiamo fatto altro che dare seguito a quella lettera del vecchio soldato letta da Forte: abbiamo “atteso” attivamente di scoprire “buone nuove da Sergio” scavando nei nostri ricordi.

Caro amico, non ti lascerò andare troppo lontano da me, perché il tuo volto greco pestano è troppo giovane nei miei pensieri con quel sorriso un po’, così ... un volto, il tuo, bello che canta alla vita che farò del mio meglio per onorare.

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