Il “Numero per eccellenza” secondo Dante, relativamente alle 3 fasi caratterizzanti

La rivoluzione scientifica (padre di essa, Galilei) e la rivoluzione artistica (attuata da Dubuffet)

Art Brut: diventa un binomio inscindibile l’associazione di tale termine con il pittore e scultore Jean Dubuffet (che nacque a Le Havre, Francia, nel 1901, morì a Parigi nel 1985).

Cultura
Cilento venerdì 15 novembre 2019
di Giuffrida Farina
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RIVOLUZIONI, SCIENTIFICA ED ARTISTICA (GALILEI e DUBUFFET) © web

È difficile immaginare cosa potessero pensare e l’associato stupore che colse i visitatori di gallerie allorché scoprirono, per la prima volta, un'arte che non era mai stata intesa quale tale; nel tempo ci si è abituati all'Art Brut,ma chissà quale scioccante emozione deve essere stata provocata, in seguito è probabilmente stata di nuovo sperimentata in coloro che han viste da vicino, dunque in diretto contatto visivo, le opere. Art Brut: diventa un binomio inscindibile l’associazione di tale termine con il pittore e scultore Jean Dubuffet (che nacque a Le Havre, Francia, nel 1901, morì a Parigi nel 1985). Studiò pittura, ma si dedicò al commercio del vino fino al 1942, quando intraprese definitivamente la carriera artistica. Da allora fino alla morte divenne uno dei personaggi più innovativi sulla scena mondiale, il suo nome è legato in particolare alle “ingenue” composizioni artistiche di malati mentali e di bambini; dunque, il suo interesse è stato diretto in particolare alle creazioni esibite da emarginati, detenuti e pazienti ricoverati in ospedali psichiatrici, irregolari definiti “fuori di testa”, “pazzi” e termini similari, aggiungeteli voi, rivalutando ed evolvendo tali persone a rango di artisti. Nel 1944 tenne la prima mostra personale alla Galleria René Drouin di Parigi; in seguito organizzò manifestazioni nelle quali venivano esposti disegni e quadri di bambini e di alienati mentali, presentando fiorenti collezioni di opere che considerava degne di riconoscimento artistico, nessuna delle quali era stata realizzata da talenti con formazione accademica; in sostanza, i creativi erano individui che vivevano al di fuori delle convenzioni sociali e delle norme, molti dei quali confinati in istituti psichiatrici. Uno degli aspetti, oltre quelli di valenza artistica sottolineati da esegeti d’arte, gli artisti spesso utilizzavano mezzi e materiali inediti (schegge di legno, molliche di pane, sabbia), e non lavoravano mai in cerca di riconoscimenti o denaro, non potevano dunque soddisfare richieste ed aspettative di mercato. Dubuffet, insieme ad André Breton, fondò nel 1945 la Compagnie d'Art Brut per raccogliere ed esporre opere realizzate da individui anonimi ai margini della società. L’Art Brut aspirava a una forma di creazione in cui la spontaneità e l'istinto risultassero predominanti rispetto alla razionalità ed all’“allenamento tecnico” tipico dei “normali creativi”. Il Dubuffet artista si compiaceva del suo abbandonare il concetto di “riproduzione somigliante”; altra grande novità, è stato uno dei primi creativi moderni a rinunciare a materiali e a tecniche tradizionali, tale atteggiamento causò grande scandalo all’inizio, ma alla fine dei suoi giorni Dubuffet già godeva di fama e considerazione in tutto il mondo. Spirito anarchico (detestava istituzioni e la cultura ufficiale), le sue elaborazioni si distinsero per il carattere primario dell'impulso creativo e per l'uso di vari materiali in unione con la pittura (sabbia, fango, gesso); tra i soggetti raffigurati, personaggi dal singolare aspetto: piccole dimensioni associate ad ‘esteso sovrappeso’ (per rendere l’idea, omini d’ipotetico mezzo metro di altezza associato ad altrettanto fittizio peso d’essi di 100 chilogrammi). Dal 1966 si dedicò principalmente alla realizzazione di sculture e assemblaggi, alcuni di tali ‘montaggi’ si trovano in varie città europee. In queste opere, solitamente caratterizzate da grandi dimensioni, l’utilizzo di materiali di scarto viveva una nuova dignità. Nei suoi ultimi anni, in opere pittoriche il colore veniva applicato con minor violenza e in modo più studiato, nascevano composizioni meno aggressive, racchiuse in un raffinato lirismo. Dopo il travagliato ed innovativo mondo artistico descritto, trasferiamoci nelle “rigorose e lucide” regioni scientifiche, illustrando un eroico rivoluzionario, Galileo Galilei. Nacque il 15 febbraio 1564 e morì l'8 gennaio 1642, da famiglia nobiliare; il padre gli trasmise vivo interesse per la musica, la poesia, lo studio dei classici. Il ragazzino intendeva entrare in monastero, ma il genitore non permise l’esplicarsi di tale idea, le sbarrò il percorso iscrivendo il ragazzo all'Università di Pisa, onde fargli studiare Medicina. Due anni dopo l’inizio di tale percorso Galileo rinunciò, abbandonandola senza laurearsi, si trasferì a Firenze e iniziò a insegnare in lezioni private, continuando i suoi studi di Meccanica, Matematica e Idrostatica. A 26 anni divenne docente di Matematica all’Università di Pisa, e nel biennio 1609-1610 fu sensazionale scopritore astronomico, acquisendo celebrità in tutta l’Europa. Fondamentali nella storia della Fisica, meravigliosa disciplina, le innovative idee ed i suoi illuminanti trattati caratterizzanti una nuova visuale di analisi ed interpretazione della realtà attraverso l’indagine sperimentale interconnessa con il ‘nero su bianco’ della formula esprimente il legame tra le grandezze. È noto quale padre della moderna scienza ma scrisse anche trattati filosofici. Le leggi e le teorie della Fisica sono esplicitate attraverso espressioni sintetizzanti concetti e contenuti, con un “linguaggio” privo di ambiguità; fondamentale contributo Galileiano, l’ideazione del METODO SCIENTIFICO, in perfetta sintonia con il “Numero per eccellenza” secondo Dante, relativamente alle 3 fasi caratterizzanti il criterio: 1) OSSERVAZIONE di un fenomeno; 2) RIPRODUZIONE IN LABORATORIO; 3) TEORIA ESPLICATIVA E FORMULA SINTETIZZANTE IL FENOMENO. Le relazioni matematiche tra grandezze fisiche evitano anni di sterili elucubrazioni, l’esibire esse avviene senza alcuna possibilità di ambiguità. Galilei è stato colui che ha consentito questo. Sviluppò i primi studi intorno al movimento del pendolo, al moto uniformemente accelerato, al peso dell’aria, scoprì che la velocità di caduta dei corpi non dipende dal peso dei corpi ma solo dalla presenza dell’attrito dell’aria (in assenza di essa ovvero nel vuoto, un corpo pesantissimo ed una piuma cadono nello stesso istante di tempo), idee pionieristiche per la Meccanica sviluppate in seguito da Newton. Galilei fu anche responsabile del significativo miglioramento del telescopio (strumento astronomico, il cui primo inventore è stato l’olandese Hans Lippershey, che utilizzava lenti per osservare l’universo), dispositivo causante il crollo dell’impalcato di teorie geocentriche Aristoteliche-Tolemaiche (Terra al centro dell’universo e l’intera sfera celeste attorno ad essa ruotante), grazie al quale è stato possibile scoprire i crateri della Luna, individuare le macchie solari, i satelliti ruotanti intorno a Giove, la comparsa di nuove stelle nella nostra Galassia, Via Lattea. Sviluppò vari strumenti, uno d’essi il ‘compasso geometrico militare’, l’opuscolo che lo descriveva provocò una accesa diatriba con Baldassarre Capra il quale invocava la priorità dell’invenzione, la gara polemica si concluse con il pieno prevalere di Galilei. Studiando il cielo con l’ausilio del cannocchiale, sconfessò la tradizione cristiana inerente alla centralità dell’uomo. La Chiesa Cattolica proibì l’evoluzione della teoria eliocentrica, processò Galileo con l’accusa di eresia formulata dal Tribunale dell’Inquisizione; sottoposto a torture e alle insane minacciose tendenze ustorie di tali Detentori Assoluti della Verità, lo scienziato, rinchiuso in prigione, alla fine si arrese, rinnegando le sue idee; era il 1992 allorquando papa Giovanni Paolo II, “revisionista”, ha chiesto perdono per le “sciocchezze scientifiche” palesate dalla dottrina cattolica ed il consequenziario comportamento tenuto dalla Chiesa. Sono da sottolineare il primo abbozzo di laboratorio scientifico realizzato dallo scienziato nella propria abitazione di Padova, e il suo spalancare il percorso alla microscopia: lavorando artigianalmente realizzò un «occhialino per veder da vicino le cose minime». Tragica beffa della sorte, divenne completamente cieco, ma riuscì a pubblicare il suo ultimo lavoro, nel quale discusse intorno alla struttura della materia e alle leggi del movimento. Alla Fisica moderna ha lasciato in eredità il valore pratico dell’esperimento e quello teorico generato dall’impiego della Matematica. Altro contributo fondamentale, fu il primo a sviluppare la teoria della Relatività (poi ripresa da Einstein e da altri uomini di scienza) per sostenere la mobilità della Terra: un osservatore chiuso all’interno del proprio sistema di riferimento (ad es. un ascensore), partecipando allo stesso moto, non può stabilire se l’ascensore sia fermo o mobile; inoltre, la sua convinzione intorno alla velocità finita della luce correlata con le originali “trasformazioni dei sistemi di riferimento” (ovvero come si modificano le relazioni cinematiche e dinamiche, “viste” da osservatori fermi o in movimento) rappresentarono intuizioni geniali e fondamentale patrimonio che fornirono decisivo impulso alle rivoluzioni attuate da Newton (il quale affermò: “Se ho visto più lontano è perché stavo sulle spalle di un gigante”) e da Einstein. Alcune mie illustrazioni e le immagini di Dubuffet e Galilei tratte da wikipedia completano il presente scritto.

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