"...il luogo del mito, il luogo del sogno..."

Luca Cantore D'amore: "è la vita a servire ..."

Intervista Luca Cantore D'amore, Paestum.

Cultura
Cilento giovedì 23 aprile 2020
di Fabiola Scorziello
Immagine non disponibile
Luca Cantore D'amore. © Unico

E di certo, non sara' una banale intervista questa che poc'anzi ho finito telefonicamente con il mio caro amico, Luca Cantore.

Nonostante la distanza, le emozioni non mancano; cultura, arte, speranza, la " joie de vivre ".

Luca si occupa di storia e critica dell'arte, scrivendo articoli di giornale, testi per riviste di settore e collaborando con gallerie. Parla, inaugura e cura mostre ed eventi che presenta in giro per i luoghi d'Italia. Ha attivo un romanzo di recentissima pubblicazione: " L'estetica del decanter" .

  • La tua passione per l’arte da dove inizia?

Come accade per tutte le passioni, è difficile ricondurre noi stessi al momento preciso in cui si è avuta l’epifania per cui una passione si possa ritenere ufficialmente iniziata; certamente affermo che la mia passione é stata confermata dall’esigenza di rilasciare tutto ciò che negli anni di studio, e di solitudine autoimposta e affrontata con serenità con me stesso, ho assorbito nelle notti talvolta insonne trascorse tra leggere, studiare e dipingere, sebbene con scarsi risultati, capire perché le cose che consideravano belle, mi emozionassero così tanto.

  • Hai conseguito ben tre lauree, tutto ciò ti è realmente servito secondo il tuo parere ?

Sì, mi sono servite sicuramente per una preparazione tecnico –scientifica, ma siamo in un mondo in cui la competizione non può che non passare per la competenza; la capacità non è un qualcosa che s’impara solo ed unicamente in università, ma s’impara sul campo facendo. Sì, le lauree sono servite, ma è la vita a servire molto di più.

  • Sei del Sud, ami il Sud, credi che la tua terra, ti abbia accompagnato nel tuo percorso?

Assolutamente sì, la mia terra mi ha sempre accompagnato nel mio percorso e nello specifico Salerno, che ha quella particolarità di esistere nel bel mezzo di due frangenti tra una dimensione metropolitana e una dimensione paesana; l’allevamento all’apertura della forbice tra queste due dimensioni così apparentemente distanti tra loro, ha temprato, credo, la mia personalità e l’ha resa pronta a qualsiasi eventualità potessi mai andare in contro nella vita. Dunque, a una Milano che diventa sempre più cosmopolita, globalizzata e globalizzante, e all’eventualità nel sapere apprezzare una Matera che, da piccola perla qual è, pur va guardata con rispetto ed armonia.

  • Il libro “ L’estetica del Decanter, da dove ha preso inizio?

Ci tengo molto a questa domanda e a rispondere a quest’invito, poiché ha preso inizio da un’esigenza personale che ha sempre a che fare con il rilasciare,non da un punto di vista concettuale, ma da un punto di vista pratico, e questo pochi lo sanno; il mio libro nasce in macchina, con uno dei miei più cari amici Oscar Branzani. Eravamo in macchina assieme ed io, avvolto nel mio silenzio, ho preso a scrivere nelle note di I-phone un pensiero che una volta terminato, ho subito capito poter' identificarsi in un buon inizio, in un buon racconto. Racconto questa cosa poiché é bene far notare come anche nelle differenze, come anche tra persone apparentemente così distanti tra loro ci possano essere le condizioni di uno slancio di creatività e benessere. Per questo pur nelle nostre differenze Oscar ed io stando nella macchina assieme, probabilmente ci siamo ispirati a vicenda ed io ho trovato in quel momento, in un pomeriggio nevoso a Roccaraso, in macchina con lui mentre lui era alla guida, l’Ispirazione per il mio libro.

  • L’arte in questa triste emergenza sanitaria, credi sia stata riscoperta?

No, non credo sia stata riscoperta, perché tutto ciò che è imposto e obbligato non è percepito nella sua assolutezza.Poi l’arte ha un principio d’incorruttibilità, per cui sei tu a dover andare da lei, non è lei a dover venire da te. Stando chiusi in casa questo non è possibile: l’esperienza dell’arte è un’accortezza che attecchisce nell’animo veramente solo quando si fa nella vita reale, quindi la utilizzo di un quadro al computer non è minimamente paragonabile alla visita in un museo.

  • Qual è la rappresentazione artistica più grande, secondo te?

Non ce una rappresentazione artistica migliore di un’altra dal punto di vista concettuale perché ognuna a suo modo vuol significare una piccola sfumatura dell’esistenza che avevamo o meno notato, ma se dovessi scegliere i due quadri più importanti della storia dell’arte secondo me sicuramente uno non è un quadro è un’ affresco“La scuola di Atene di Raffaello Sanzio nella stanza della segnatura ai musei Vaticani,e l’altra è Las Meninas di Velázquez. La seconda per mia opinione raccoglie tutta l’enigma dell’arte.

  • Credi che l’arte nella tecnologia possa mai riscontrarsi?

Sicuramente sì, nel senso che la tecnologia è un qualcosa che va negli ultimi anni di pari passo con l’arte che a sua volta è un qualcosa che implica una qualità, una competenza e un riuscire a dare emozioni. Nessuno di noi avrebbe mai pensato che il mezzo tecnologico che all’epoca sembrava avesse rivoluzionato un neonato del cinema potesse emozionarci, eppure quella era un’impostazione tecnologica attraverso cui trasmettere dei concetti e ancora oggi i film ci emozionano così come ci coinvolge la video arte. Un esempio di video arte secondo me, è il programma Blob di Enrico rizzi che va avanti da anni; si può assolutamente andare e scontrarsi l’arte con la tecnologia.

  • Ci saranno altre tue pubblicazioni?

Assolutamente sì, ma queste per il momento sono indiscrezioni private.

  • Paestum, per te, cosa rappresenta?

Paestum per me rappresenta il luogo del mito, il luogo del sogno che, però, quando mi sveglio, e sono sempre sveglio, non è più un sogno, non ha a che fare con la dimensione del onrico poiché’ per me è rappresentabile come casa. Paestum è quel luogo che per tutti è un sogno, ma che per noi che lo abbiamo a portata di mano non è un sogno, non é più luogo del mito irraggiungibile ma è del mito nella vita vera, del sogno da svegli.

  • Qual è il tuo obiettivo per la tua vita lavorativa?

Il mio obiettivo, nell’ottica di una felicità ideale, e purtroppo, forse solo teorica ,é non avere obiettivi, ma lasciarmi vivere dalla mia esistenza e sperare di poter contribuire anche solo con un verso alla grande poesia della vita. Ognuno di noi ha un’utilità, basta trovarla e forse è proprio questo l’obiettivo; trovare la nostra utilità nel mondo, di là da quale sia il tuo impiego o la tua professione, che ti rende dignità anche solo in quando tale.

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