Bisogna ridare parola alla ricerca e tornare a scavare...
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Marina Cipriani: la “regina” di Paestum. ​Articolo dello 01/08/2002

"I sogni della Cipriani, punto più o punto meno, coincidono con i progetti presentati dalla Soprintendenza Archeologica di Salerno per il co-finanziamento tra la Regione Campania e l’Unione Europea per il Por Campania."

Personaggi
Cilento mercoledì 29 luglio 2020
di Oreste Mottola e Maria Irene Di Sirio
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Museo Archeologico Nazionale di Paestum © Unico

La “regina” di Paestum, figlia di un fiorentino e di un pesarese, è nata nella provincia di Caserta, cresciuta a Battipaglia, con studi a Napoli e a Roma. ‘Sono una meridionale, oltre che per l’anagrafe, soprattutto per convinzione.’. Marina Cipriani è dal 1988 alla testa del museo e del complesso archeologico di Paestum, uno dei più importanti del mondo. Ha un modo insieme rigoroso e lieve (molto femminile) di rapportarsi al suo lavoro. ‘Mi tocca occuparmi di tutto. Innanzitutto della gestione di 140 dipendenti, con i congedi ed il bagno che non funziona. Se m’avanza tempo mi occupo dei problemi della tutela e catalogazione, della ricerca e dei rapporti con gli studiosi.’. Sul suo tavolo c’è un volume, appena scartato dalla busta che lo conteneva arrivato da Madrid. Sono i segni del suo robusto impegno scientifico. ‘Si collabora soprattutto con l’Università di Salerno, ma anche con la Federico II e l’Orientale di Napoli. Sarebbe bello ed utile avere qui a Paestum una scuola d’alta formazione, magari sulle più sofisticate tecniche d’analisi dei reperti.’. Sogna, la Cipriani, ma sempre con misura. Come s’immagina la sua Paestum tra dieci anni? ‘Vorrei che fosse cancellata la strada che oggi passa all’interno della città antica. Gli ingressi li collocherei in corrispondenza delle antiche porte. Auspico un assetto diverso nella conservazione dei vari monumenti. Ancora migliore dell’attuale. E tutta l’antica città riportata alla proprietà pubblica.’. I sogni della Cipriani, punto più o punto meno, coincidono con i progetti presentati dalla Soprintendenza Archeologica di Salerno per il co-finanziamento tra la Regione Campania e l’Unione Europea per il Por Campania. Torna il realismo della donna. Di una che s’è costruita la sua carriera pezzo su pezzo: ‘Vengo dalla gavetta. Ho cominciato, come collaboratore esterno, a riordinare i depositi del Museo. Sono poi passata a fare gli scavi, e con Emanuele Greco ha lavorato a riportare alla luce l’Hecclesiasterion. Nel 1983, ho poi vinto il concorso di ispettore archeologo. Dal 1983 al 1995 ho diretto, in contemporanea, anche gli scavi di Eboli. Mi sono impegnata perché anche Eboli avesse un suo luogo espositivo. Nel 1988 il comune di Eboli ci assegnò un settore del Convento di S. Francesco (ancora da restaurare) e con il sindaco Rosania c’è stata l’apertura definitiva. Dal 1988 sono direttore del Museo e gli Scavi di Paestum.’. Ora che in ballo ci sono un bel po’ di milioni di euro da spendere nella discussione sulla benefica slot-machine che oggi è diventata tutta l’area pestana i conti vanno fatti anche, e soprattutto, con questa donna così volitiva. I nodi dello sviluppo del sistema – turismo a Paestum: con il palazzetto dello sport con annesso centro congressi, l’aumento (il raddoppio?) della dotazione di posti letto, l’irrobustimento delle case da adibire a bed and breakfast e la questione della stazione ferroviaria, sono tutte cose che, partendo dalla qualità della rinascita di Paestum, potranno dotarsi di gambe più o meno robuste. E’ una realista. Di fronte alle “sparate” del sindaco Marino che auspica interventi radicali, lei frena: ‘Attenzione, Paestum è cresciuta nel tempo. Abbiamo il dovere di conservare alcune costruzioni. Sono contro le radicalità di chi vorrebbe abbattere tutto. Accettare quest’idea vorrebbe dire desertificare quello che è stato il cuore antico di Paestum dal V sec. d.C., cioè il Borgo che è cresciuto intorno alla Basilica. Un discorso è quello che è stato costruito intorno alla fascia costiera, un altro è quello degli edifici all’interno della città antica. I palazzi dell’Ottocento, pur non avendo grande valenza monumentale ma con un loro senso e dignità storica, vanno preservati. Sono elementi che sono stati recepiti all’interno delle opere dei pittori e degli acquafortisti. Cerchiamo piuttosto di dare un assetto intelligente e rispettoso al nucleo storico di Paestum, attorno alla Basilica Paleocristiana. C’è il vicolo delle Tavernelle, la casa di Rubini sopra la Porta Aurea. Dire abbattiamo anche queste cose, magari per tirare fuori un altro tratto di mura è da sciagurati. Con molta attenzione e gradualità andranno però rimossi gli interventi abusivi e dannosi. Si tratta di fare convivere le varie epoche di Paestum.’. Anche sul piano della conoscenza dell’intero complesso pestano è misurata: ‘Noi di Paestum oggi non è che sappiamo molto. Tranne gli scavi dei tedeschi più di quarant’anni fa e quelli (in corso di pubblicazione) fatti dall’equipe italo-francese (Greco e Theodorescu) a Porta Giustizia, non si è fatto altro. Di uno dei complessi meglio conservati dell’Italia meridionale non sappiamo moltissimo. Possiamo dire quali sono le fasi successive all’edificazione della cinta muraria, ma c’è tanto altro da scoprire.’. Spesso la Cipriani insiste nel dire che prima di scegliere una soluzione o l’altra occorre ridare la parola alla ricerca, tornare a scavare. Come nella questione dell’area dell’ex Cirio, intorno alla quale c’è il Santuario di S. Venere: ‘Stiamo trattando per acquistarlo. Quest’ex area produttiva insiste su un’area archeologica di particolare importanza. Lì c’era un santuario greco, antico come l’intera città di Paestum – Poseidonia, e i cui resti sono visibili subito ad est della Cirio. Era dedicato alla dea Afrodite, posto fuori dal perimetro della città, poiché vi si svolgevano anche forme di prostituzione sacra, come accadeva agli altri santuari di Afrodite nel Mediterraneo. L’aerea era sicuramente più vasta di quella che oggi possiamo vedere. Ed il Santuario s’incunea, per oltre la metà, sotto i muri dell’ex Cirio. Quindi, prima di decidere cosa fare dell’ex fabbrica dobbiamo ancora vedere quanta parte di essa deve essere sacrificata. C’è un programma di scavo da portare avanti. Il progetto di recupero dovrà tenerne conto. Per noi l’ex Cirio va adibita a Museo (nell’attuale ci stiamo molto stretti) come a contenitore di servizi per l’area archeologica. Ma prima di decidere dobbiamo sempre attendere i risultati della ricerca.’. Insomma c’è il no all’ipotesi del centro commerciale immaginata da Marino. E su questo tema ci torna più volte, sempre in maniera prudente, fino a concludere con un: ‘Mi piacerebbe che ci fosse un marchio di qualità dei prodotti che oggi si vendono a Paestum’. Non è lei a chiedere quindi demolizioni generalizzate dei negozi lungo la strada… ‘No. Quest’idea non è compresa nel Por Grande Attrattore Paestum – Velia. Se ne parla invece, con gradualità e buon senso, nello studio di fattibilità del futuro Parco Archeologico di Paestum.’. Non si sottrae nemmeno alla polemica nazionale accesasi sull’ipotesi di cessione ai privati di alcuni dei nostri beni culturali. Con il sindaco di Capaccio che si appresta a recitare addirittura una parte in un cortometraggio sull’argomento. ‘Per quanto riguarda l’area archeologica di Paestum problemi non ce ne saranno. I templi di Paestum non sono cedibili. Il pericolo comunque c’è. Per questo io ho sottoscritto, insieme a tutti i miei colleghi della Soprintendenze Archeologiche, un documento inviato al Ministro Urbani. Qualche preoccupazione c’è per le coste e per qualche bene di tipo ambientale. Bisogna essere comunque vigili…’.

Si parla da tempo di Paestum come “grande attrattore”. In termini economici, ed in prospettiva, tutto questo cosa significherà?

Io vi parlerò del Por. E di quello che significherà per Paestum in termini di valorizzazione del nostro patrimonio archeologico. Sono stati già presentati progetti per il Museo, l’area archeologica e per l’acquisizione dell’area ex Cirio. Ed inoltre per quanto riguarda il potenziamento del Museo e dell’area archeologica di Foce Sele, alla Masseria Procuiali, oltre al Museo narrante, già operativo, che documenta la più importante delle scoperte archeologiche del Novecento italiano, ci sarà il restauro completo dell’area del Santuario.

Cominciamo dal Museo…

Già sono state fatte un sacco di cose. Negli anni scorsi abbiamo aperto la sezione romana e quella preistorica. Ci saranno interventi di consolidamento strutturale, di completamento dell’impiantistica generale, completando il condizionamento in tutto l’edificio. Verranno adeguati i depositi, migliorate le condizioni di conservazione dei reperti e razionalizzate le collezioni. Ci sarà inoltre il restauro delle lastre tombali dipinte, di epoca lucana (circa cento) che ancora non sono esposte. Anche i laboratori saranno potenziati. S’incrementeranno le attrezzature e la complessiva capacità di dialogo interattivo.

Lo spazio attuale permetterà tutto questo?

No. Infatti per sistemare la sezione di preistoria utilizzeremo anche la balconata. Vi saranno anche modelli plastici ricostruttivi per dare un’idea della vita di queste popolazioni. Il catalogo è già pronto, in stampa. Staremo molto attenti alla comprensibilità di quanto esposto. Solo per fare un esempio, a Gaudo, località vicina a Paestum, risulta già abitata sin dal terzo millennio avanti Cristo. La scoprì, nel 1943, il tenente inglese Bringshon, allorquando furono iniziati i lavori per un aeroporto militare.

Altri allestimenti significativi?

Ce ne sono due che assumono una particolare importanza e significato simbolico per la vita della Paestum greca. Il primo riguarda la ricostruzione completa del tetto del più antico tempio della città, risalente al 580 a.C. e situato a sud del tempio di Cerere. Venne alla luce durante gli scavi degli anni Trenta. E’ in terracotta dipinta. Sulle tegole di gronda, vivacemente policromate, sono incise delle lettere in alfabeto acheo, in uso tra la popolazione. Il secondo intervento riguarda il sacello ipogeico ossia il monumento all’eroe fondatore della città, con i vasi di bronzo, l’anfora attivae i sei spiedi di ferro, con l’apoteosi di Eracle. L’allestimento tenderà a mostrare, con il maggiore realismo possibile, com’erano collocati all’interno dell’edificio originario.

E per l’area archeologica cosa è previsto?

Lavoreremo solo sull’area demaniale. I nostri progetti dovevano essere immediatamente cantierabili. Quindi restauri e scavi finalizzati alla messa in valore della parte romana di intere insulae di abitazione lungo la via Sacra. Così avremo il grosso degli edifici di Paestum restaurati. Queste case hanno degli elementi caratteristici propri dell’aristocrazia pestana, tali da eguagliare, per fasto e ricchezza, quelli di Pompei. Almeno due di queste domus avevano le terme in casa.

Ci parli del restauro delle mura…

Con un primo intervento s’interverrà dalla Torre d’Angolo fino alla Porta Sirena. Lungo questo tratto l’intervento riguarderà sia la parte esterna che quella interna, fino a crearci un vero e proprio camminamento, ad uso dei visitatori. L’altra azione andrà da Porta Sirena a Porta Aurea. Ci sarà una particolare attenzione alle Torri dove ci sono ancora tracce importanti di pavimenti, apprestamenti per l’uso delle balestre. C’è tutta una tecnica poliorcetica che verrà documentata.

E’ Legambiente a pulire un bel tratto di mura…

Ci tengono pulito un bel tratto del muro di cinta. Nella parte più complicata, nel togliere l’erba dalle murature, lavorando con le mani e senza diserbanti…

L’illuminazione delle mura è ancora carente…

La Soprintendenza s’era fatta carico dell’illuminazione del semaforo alla Torre 28. Purtroppo quei fari sono stati rubati. Dell’illuminazione ci occuperemo alla fine dell’intervento complessivo, tenendo conto dell’assetto esterno. C’è il problema della strada che corre ad anello attorno alle mura e che sta sul fossato originario.

Più volte lei ha fatto appello ad una necessaria gradualità degli interventi…

Per adesso il nostro progetto mira al recupero della cinta muraria, alla sua sistemazione ed all’aumento della sua “leggibilità” interna. Poi vedremo. Con anche altri saggi di scavo per vedere sia l’assetto delle porte che precedevano la porta Sirena, sia la sistemazione del fossato esterno e dell’interno delle mura.

C’è ancora dell’altro?

Certo. Si va dalla sistemazione del giardino dell’area archeologica alla creazione di un impianto idrico autonomo.

E come la mettete con la pretese dei comuni vicini di entrare in questa partita di finanziamenti…

Si chiama pure questo “Grande attrattore culturale”, ma è un’altra cosa. Sono i comuni a presentare direttamente le schede-programmatiche. Il progetto viabilità esterna alle mura di Paestum, presentato dal comune di Capaccio, è uno di questi.

La necropoli del Gaudo, pur essendo di grande importanza scientifica, è in uno stato di assai deplorevole abbandono.

L’abbiamo ripulita appena qualche anno fa. Non posso entrare in merito dei motivi che finora hanno impedito di acquisirla al patrimonio dello Stato. Si trova ancora pertanto in una proprietà privata. Le tombe sono di proprietà dello Stato, la terra circostante, no. Il proprietario attuale ci ha eccepito che non potevamo tenere pulito il sito archeologico senza un decreto di occupazione temporanea.

A Marini Cipriani, che “recita” ogni giorno la sua parte di fedele conservatrice della grande eredità pestana, un grazie dalla redazione de “il Valcalore”.


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