“Una buona comunicazione presume elementarità”. “La buona comunicazione sostiene la buona amministrazione e viceversa”.

La comunicazione pubblica

Una buona comunicazione presume elementarità: di più facile intuizione sono i canali utilizzati e più semplice è la comunicabilità, al fine di creare compartecipazione tra i soggetti emittenti e riceventi, più si otterrà...

Politica
Cilento venerdì 22 marzo 2019
di Glicerio Taurisano
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“Una buona comunicazione presume elementarità”. “La buona comunicazione sostiene la buona amministrazione e viceversa”. © Unico

Alle origini dell’universo, la parola divina ebbe un potere creativo, ed agì su Dèi, uomini e cose (Cfr. Innis); la lingua parlata possedeva una forza creativa e la parola scritta era destinata a perpetuarla; le formule magiche delle iscrizioni assunsero lo stesso potere che apparteneva alla parola parlata. È in questo che vive la genesi della comunicazione, infatti, se la parola ha un potere creativo, questo, può essere magicamente eternato lasciandogli, seppur in forma diversa, la modalità di trasferirsi ad altri sotto forma di comunicazione, utilizzando i mezzi e i supporti più idonei. Qui però, al fine che questo possa accadere, la parola, oltre che trasformarsi da informazione complessa (quale spesso è) a semplice comunicazione, deve sostenere la più ardua prova della trasferibilità e comprensibilità, ovvero deve quasi dar luogo ad una sorte di filogenesi del colloquio virtus, predisponendosi nell’equilibrio del dialogo sostenibile.

Una buona comunicazione, perciò, presume elementarità: di più facile intuizione sono i canali utilizzati e più semplice è la comunicabilità, al fine di creare compartecipazione tra i soggetti emittenti e riceventi, più si otterrà uniformità di interesse percepibile e condivisibile di ciò che si vuole comunicare: «la buona comunicazione sostiene la buona amministrazione e viceversa».

Ma la comunicazione è anche strategia, infatti, può in alcuni ambienti e in certi contesti essere utilizzata anche per scopi risolutivi e migliorativi di condizioni critiche e di ciò ne sono convinti anche i cittadini, i quali sempre più desiderano chiarezza e trasparenza dalle Istituzioni e cosa importante, sul piano della considerazione, è che questi manifestano un notevole interesse verso la comunicazione pubblica. Sia essa partecipata o non, la comunicazione, ha contribuito alla grandezza delle società di qualsiasi epoca e secondo il pensiero dello storico e sociologo Harold Adam Innis determina il destino delle Istituzioni. Gli Stati e le Amministrazioni sin dalla loro nascita hanno dedicato spazi alla comunicazione, forse più al comunicare inteso come informare, e quindi trasmettere al grande pubblico dati e notizie di interesse strategico – gestionale piuttosto che risolutivo e co-partecipativo.

La comunicazione istituzionale ha assunto un profilo fortemente innovativo per quanto concerne sia l’ambito delle relazioni con il cittadino, sia la stessa organizzazione della pubblica amministrazione al suo interno. Inoltre, nella quotidiana azione amministrativa, l’introduzione di nuove modalità di rapporto e, dunque, di comunicazione tra pubblici dipendenti e cittadini, ha comportato di per sé un necessario cambiamento della mentalità con cui si lavorava all’interno dell’organizzazione, consentendo, col tempo, l’affermazione verso l’esterno di una nuova cultura del servizio e all’interno di una politica di condivisione e partecipazione. (Ved. C. Gelosi, La comunicazione interna e la pubblica amministrazione, Quaderni Formez,, Roma, 2007, p.19).

Si affina dunque il rapporto tra cittadini e pubblica amministrazione e con ciò si delinea anche la formula: comunicazione e verità; e quindi richiama l’autorità ad esprimersi secondo la morale della veridicità, oltre che proporre una forte visibilità di quello che è propriamente chiamato potere comunicativo, anche se distante, forse, dalla massima giuridica di Thomas Hobbes, oppure da quella contrapposta da Jürgen Habermas, i quali si scontrano sul potere politico ed amministrativo,

ma che per certi aspetti e seppure entrambi i pensieri sembrano essere distanti dalla possibilità che autorità e legge possano convergere sulla strada della verità e da questa al potere comunicativo partecipato, trasferiscono alla comunicazione stessa il compito di equiparare i loro interessi in uno schema circoscritto di potere politico.

Questo però non aiuta la società nel corrispondere a quel modello compartecipato che una comunicazione richiede per instaurare un rapporto di reciprocità nello scambio delle informazioni, tuttavia però conserva una sorta di potere sia per l’emittente, il quale può beneficiare delle strategie

comunicative, che per il ricevente, che a sua volta essendo parte integrante di quel tipo di comunicazione ne diventa anche soggetto partecipativo per consenso ed effetto dello scambio proporzionale, informativo; condizione questa che con l’avvento dell’era informatica ha visto la sua più grande espansione, dando alle istituzioni e ai cittadini la possibilità di confrontarsi, avvicinarsi e contribuire alla creazione di un potere quasi partecipato. «È la comunicazione, e non chi comunica, che in senso stretto possiede autorità», suggerisce Carl Joachim Friedrich, ed eventualmente questo è quello che oggi più di ogni altra cosa emerge da questa scienza la quale, se ben utilizzata, contribuirà ulteriormente ad accrescere le società.

Come il potere della politica, anche il potere comunicativo deve essere distinguibile se questo necessita alla costruzione dell’impianto producente l’interscambio informativo, tra le istituzioni e l’opinione pubblica.

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