Potrebbe essere questa la volta buona per approvare una legge elettorale nazionale che riprenda la funzionalità garantita da quelle in vigore nei comuni e nelle regioni.

Sindaci e governatori già all’opera dal giorno dopo del voto

A livello nazionale ancora i tempi sono biblici perché la legge elettorale premia l'ingovernabilità.

Politica
Cilento mercoledì 30 settembre 2020
di Bartolo Scandizzo
Immagine non disponibile
Sindaci e governatori già all’opera dal giorno dopo del voto © Unico

Sindaci, governatori e, un tempo, i presidenti di provincia hanno dimostrano che esistono sistemi elettorali in grado di garantire pluralità ed efficienza in tema di "governo della cosa pubblica.

Per la verità anche a livello di governo c'era in vigore la legge elettorale che porta il nome dell'attuale presidente della Repubblica Mattarella che prevedeva a sistema misto: 75% maggioritario e 25% proporzionale. Questa legge è stata in vigore tra il 1993 e il 2005 e utilizzata per le elezioni politiche del 1994, 1996 e 2001

Con quella legge furono eletti sia Romano Prodi sia Silvio Berlusconi. Il centro destra che con la legge definita "porcellum" dallo stesso "onorevole" Calderoli che la ideò e che entrò in vigore a ridosso delle elezioni del 2006, impedì che l'alternanza al governo nazionale continuasse negando di fatto la garanzia di una maggioranza al secondo governo Prodi che vinse politiche del 28 aprile del 2006.

Lo stesso Giorgetti in questi giorni ha riconosciuto l'errore fatto a suo tempo con l'approvazione della legge "porcata".

Gli elettori hanno il diritto di conoscere chi governerà il proprio comune e la loro Regione la sera stessa dello spoglio delle schede ma non possono sapere quale governo guiderà la nazione dopo le elezioni politiche nazionali.

Ecco perché quando si tratta di eleggere sindaci e presidenti di regione i cittadini sono molto interessati. Al contrario fanno fatica a recarsi ai seggi quando sono chiamati ai seggi per le elezioni generali.

Sindaci e "governatori" sono, nel bene e nel male riconoscibili dagli elettori che sono messi in condizione di valutarne l'operato e premiarli o girare lo sguardo da un'altra parte.

Il limite dei due mandati (3 per i comuni con popolazione al di sotto dei 5.000 abitanti) per i sindaci da anche una garanzia di discontinuità nell'azione amministrativa che è anche uno strumento utile ad evitare un attaccamento troppo forte al potere.

In ogni caso, in consiglio si può sempre formare una maggioranza diversa e decretare con le simultanee dimissione della metà più uno dei consiglieri la decadenza del consiglio che porta con sé quella del sindaco in carica e l'arrivo del commissario prefettizio a gestire l'ordinaria amministrazione.

Sono in tanti a chiedere che anche a livello nazionale si opti per una legge elettorale che dia un effettivo potere di scelta a chi vota. Potrebbe essere questa la volta buona per approvare una legge elettorale nazionale che riprenda la funzionalità garantita da quelle in vigore nei comuni e nelle regioni.

Nel primo caso nei comuni con più di 5000 abitanti, in caso del mancato raggiungimento della maggioranza (50%+1) si va al ballottaggio tra i primi due che hanno ottenuto più voti tra tutti i candidati. Nel secondo caso al candidato che ottiene più voti vince e viene assegnato un premio di maggioranza che gli consente di governare senza troppi intoppi. L'opposizione svolge la funzione di controllo sull'operato dell'amministrazione.

Invece, ancora una volta assisteremo allo svilente balletto dei rappresentanti dei partiti che guarderanno più all'interesse di parte: in mantenimento in vita politica.

Intanto, ai sindaci eletti nella tornata elettorale del 20 e 21 settembre del 2020. A loro l'augurio di buon lavoro.

Bartolo Scandizzo

Lascia il tuo commento
commenti
Le più commentate
Le più lette