Grandezza del creato, il limone allerta l’anima, suscita pensieri di tempi lontani rimasti nell’immaginario personale o collettivo

Percorsi dell’anima e del cuore

Storia, mito, leggende si alternano in Costiera Amalfitana lungo il sentiero dei limoni

Turismo
Cilento martedì 29 marzo 2022
di Vito Pinto
Immagine non disponibile
Maurits Cornelis Escher - Farmhouse, Ravello, 1931 © web

Vi è un cammino nascosto tra il verde dei Monti Lattari, giustamente denominato “Il sentiero dei limoni”, che traccia un percorso antico tra i Comuni di Maiori e Minori e che una volta serviva ai contadini di avere contatti con i pescatori della costa per quegli scambi di merce che consentivano all’una e all’altra comunità di vivere in serenità. Nato con la Repubblica Amalfitana il “sentiero” offre un paesaggio unico al mondo composto dai mille terrazzamenti, ordinati in armoniosi balzi. Su quei tratturi, esistono piante che hanno secoli di storia rappresentando, nel contempo, un amore per il territorio ed una tutela della biodiversità, senza contare che oggi la coltivazione dei limoni ha raggiunto ottimi livelli ecosostenibili.

«il Sentiero dei limoni – dice Michele Ruocco, anima ed ideatore del progetto ed esponente della Pro Loco di Minori - non è solo uno sguardo verso l’oro giallo della Costiera ma è anche narrazione del territorio e di testimonianze storiche che è possibile ammirare e conoscere lungo il cammino come ad esempio l’antica chiesetta di San Michele Arcangelo e le canalizzazioni dell’acqua realizzate dai romani. Ma tutto il Sentiero è anche costellato di mattonelle maiolicate con sopra versi di poeti, di intellettuali, immagini di santi o dei panorami della Costiera, sì da essere un altro spunto di lettura di questo territorio. Senza contare che numerosi sono i punti paesaggistici, come il Belvedere della Mortella, angolo panoramico tra i più spettacolari della Costiera Amalfitana. Dunque percorrere l’antica strada romana che conduceva da Maiori a Minori e viceversa con la possibilità di vedere la Basilica di Maiori da una parte e la Villa Marittima Romana di Minori dall’altra è una vera immersione nell’antichità della Costiera e magari è possibile incrociare anche i muli che spesso trasportano i limoni. Un tratto del Sentiero, infatti, è dedicato proprio alle portatrici che ancora oggi caricano sulla testa le ceste colme di limoni da portare a valle».

E a guardare la Costiera Amalfitana dall’alto delle sue propaggini appenniniche si ha la possibilità di osservare la geometria dei terrazzamenti creati dall’uomo nel corso dei secoli e con infinito, duro lavoro per ritagliare uno spazio di sopravvivenza agricola in questo territorio ben definito da Francesco D’Episcopo “montuosamente marino”. Una visione geometrica che colpì non solo l’immaginazione, ma anche la sensibilità artistica di Maurits Cornelis Escher, il quale non poté sottrarsi al fascino di quelle case squadrate, di quei macèri agricoli a geometrie perfette, forse in attesa da secoli proprio del grande incisore olandese. Una visione di verde che, col tempo di una volta, si tinge del giallo solare dei limoni a rinfranco di vista e d’olfatto.

La memoria, con la mente, setaccia il passato, «indaga accorda disunisce», scriveva Montale, richiama ricordi scolastici: “Conosci tu il paese dove fioriscono i limoni?... Una brezza lieve dal cielo azzurro spira” dice la piccola Mignon, di origini italiane, al poeta Goethe, da questi incontrata in un gruppo di danzatori di strada.

E’ una terra di profumi, quest’ansa settentrionale del golfo di Salerno, questa Costiera Amalfitana ricca di storia, di miti, di leggende, di sudori e di esaltazioni. E sono «i sensi di quest'odore / che non sa staccarsi da terra / e piove in petto una dolcezza inquieta. / Qui delle divertite passioni / per miracolo tace la guerra, / qui tocca anche a noi poveri la nostra parte di ricchezza / ed è l'odore dei limoni» ricordava Eugenio Montale nei versi de “I limoni” – così attuali in questi nostri tristi giorni - guardando l’andare ondulato della sua terra ligure, così uguale ai verdi balzi della nostra Costa Diva. Poi aggiungeva: «Ascoltami, i poeti laureati / si muovono soltanto fra le piante / dai nomi poco usati: bossi ligustri o acanti. / lo, per me, amo… / le viuzze che seguono i ciglioni, / discendono tra i ciuffi delle canne / e mettono negli orti, tra gli alberi dei limoni».

Il limone, questo frutto dalle molte proprietà che cresce in molte aree del Mediterraneo e che trova in Costiera amalfitana il suo habitat ideale, è stato l’esempio fisico del “manifesto” poetico dello scrittore ligure. I limoni simboleggiano il bello della vita con quel loro colore giallo che dona speranza, solarità. Dietro la stancante quotidianità possiamo sempre guardare al “giallo dei limoni” che comunica serenità, esaltazione a chi vi abita e a chi viene in questo territorio come incantato passeggero. E il trionfo dei limoni su per i macèri ben può definirsi un “miracolo laico” oltre che un dono di Colui che dall’alto sovrintende al preciso andare delle stagioni e delle stelle. Guai a farsi prendere dall’assuefazione a un paesaggio generoso, luogo dell’anima di scrittori, poeti, pittori. Anche nel tedio dell’inverno su queste case bianche, spesso sparse su crinali a pampini d’uva, ci sarà sempre un portone malchiuso che tra gli alberi della corte ci mostrerà il giallo dei limoni.

Nell’abbagliante chiarore della visione di Amalfi nel sole goduta dal terrazzo dell’Hotel Cappuccini, il poeta nobel Salvatore Quasimodo esplose nell’entusiasmo delle parole colorate: «Qui è il giardino che cerchiamo sempre dopo i luoghi perfetti dell’infanzia. Una memoria che avviene tangibile sopra gli abissi del mare sospesa sulle foglie degli aranci e di cedri sontuosi negli orti pensili dei conventi. L’eco del pensiero con le cadenze ugualmente mediterranee della mia isola». Ricordava Giuseppe Liuccio di quando Quasimodo, su suo invito quale Presidente dell’Azienda di Soggiorno amalfitana, giunse per la prima volta ad Amalfi: «Alla reception dell’Hotel Cappuccini ci aspettavano don Peppino Aielli con la signora Anna la quale, con la garbata signorilità di sempre, accolse Quasimodo con un “Benvenuto nella nostra città e nella mia casa”. Quasi di getto, il poeta rispose: “Sono a casa mia, signora. Questo è il Sud, il mio Sud. Qui respiro aria e profumi della mia Sicilia”». Poi, prima di salire in camera, quasi attirato da quell’incanto d’affaccio sulla rada, volle fare un giro sull’ampio terrazzo grondante di succosi limoni, ne colse uno, ne ferì la corteccia con l’unghia, ne aspirò il profumo e sospirò: «Odore di infanzia siciliana».

Grandezza del creato, il limone allerta l’anima, suscita pensieri di tempi lontani rimasti nell’immaginario personale o collettivo.

E fu col profumo nell’anima, con il colore giallo dei limoni che Quasimodo abbandonò questo mondo in terra d’Amalfi. Al suo capezzale era ancora Liuccio, che raccolse l’ultimo sguardo del poeta; tempo dopo, nel ricordo di quegli istanti, scriverà: «La cianciola esplodeva violenta, sanguinosa sullo strapiombo aereo dell’Hotel Cappuccini. Sulle siepi d’aranci, di limoni e di cedri, sospesi ai burroni, il meriggio bruciava le essenze mediterranee».

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