Unico Patrimonio. Dicembre 2019 #05 I Colori del Cilento

Ascea

«Il mare è appena increspato e piccole onde battono sulla riva sabbiosa. […] Vede un’onda in lontananza, crescere, avvicinarsi, cambiare forma e di colore, avvolgersi su sé stessa, rompersi, svanire, rifluire».

Turismo
Cilento domenica 05 gennaio 2020
di Anais Di Stefano
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Ascea © Unico

«Il mare è appena increspato e piccole onde battono sulla riva sabbiosa. […] Vede un’onda in lontananza, crescere, avvicinarsi, cambiare forma e di colore, avvolgersi su sé stessa, rompersi, svanire, rifluire».

È questa la sensazione percepita alla vista di queste acque cristalline. Un miscuglio di colori tra il verde e l’azzurro. Un turbinio di rumori e di essenze, che inevitabilmente si scontrano sugli scogli. Siamo ad Ascea. Località cilentana, definita ‘priva di ombre’. Posta su di una collina e situata tra la valle del torrente Fiumarella e quella del torrente Fiumicello. È da questa collina che la vista si allarga. Compaiono un’infinità di alberi d’olivo, le cui radici raggiungono il mare. Infatti, l’intero territorio è caratterizzato da boschi sempreverdi e dalla macchia mediterranea. E poi, in successione, vigneti, alberi da frutto, piante – come mirto e pungitopo.

Tramite un costone roccioso, delineato attraverso staccionate e più sentieri, si percorre il cosiddetto Sentiero degli Innamorati. Si estende dalla Scogliera di Ascea Marina sino ai resti della Torre del Telegrafo. Quest’ultima, sebbene diruta, emerge come un guardiano a picco sul mare. Dai fondali emergono anche le suggestive calette e falesie. Ed è qui che da una distesa sabbiosa, il mare cambia aspetto e si ha la possibilità di scoprire Baia d’Argento, Baia delle Rondinelle, Fiumicello. In quest’oasi di benessere si entra in comunione con il fruscio del vento, con l’odore di fresco, di brezza, di sale.

Il mare è il protagonista assoluto. Il guardiano di questo luogo. La sua brezza notturna accompagna i tanti pescatori che con le loro lampare, armate di lucette, partono alla ricerca di pescato. Infatti, le principali risorse economiche si basano su pesca, agricoltura e turismo. Chi raggiuge Ascea non può fare a meno di assaggiare un buon piatto di pesce azzurro, cereali, verdure di stagione e dell’olio fresco, accompagnato da pane appena sfornato. Solo di recente si è cercato di condurre il flusso turistico nelle zone interne del Comune. A Catona, Mandia, Terradura ci si reca per lasciarsi alle spalle traffico e smog. Il turista, dopo lunghe passeggiate nella natura, può assaporare: castagne, formaggi, confetture, il cosiddetto fagiolo ‘tabaccuogno’ e del buon vino.

Ascea, oggi, gode del meraviglioso Parco Archeologico di Elea-Velia. L’antica città fu fondata nella seconda metà del VI secolo a.C da esuli Focei. Questi, in fuga dalla Ionia (nei pressi dell’attuale Turchia) sfuggivano ai persiani. La città fu edificata su di un promontorio, situato tra Punta Licosa e Palinuro. Fu inizialmente chiamata Hyele, dal nome della sorgente posta alle spalle del promontorio. Intorno al V secolo, la città era nota per i floridi rapporti commerciali e la politica governativa. Legata prevalentemente ad un’economia mercantile marittima, acquista fama grazie ai grandi filosofi, quali Parmenide e Zenone, fondatori della Scuola Eleatica. Con Roma, Elea intrattenne ottimi rapporti: fornì navi per le guerre puniche (III-II sec); inviò giovani sacerdotesse – provenienti dalle famiglie nobili del posto – per il culto a Demetra; divenne luogo di villeggiatura e di cura persino per Cicerone, Emilio Paolo, Orazio e Bruto. Nell’ 88 a.C. divenne municipio romano con il nome di Velia, ma con il diritto di mantenere la lingua greca e di battere moneta propria. La prosperità della città continuò fino a tutto il primo secolo d.C., quando si costruirono ville, insediamenti, edifici pubblici e thermae. Solo in seguito si registrerà un progressivo isolamento e impoverimento. Causati dall’insabbiamento dei porti; dalla costruzione di nuove vie di collegamento; da un terreno sempre più paludoso. Alla fine del Medioevo, Ascea diventò feudo dei Sanseverino, donato poi alla Real Casa dell’Annunziata di Napoli.

Tra le rovine è possibile ammirare l’imponente Castello, Porta Rosa, l’Acropoli, il complesso termale. È proprio qui che dal 1998 ha avuto luogo VeliaTeatro. Una rassegna sull’espressione tragica e comica del teatro antico (da qualche anno si svolge presso la Fondazione Alario). Il progetto – volano per il turismo e l’economia – tenta di dare lustro ai classici. Coltivarne la memoria, in modo che sia motore per l’oggi e stimolante strumento educativo. Portare sulla scena il passato, dunque. Consegnarlo ai giovani, agli appassionati del genere e ai turisti.

Ad Ascea è possibile ammirare anche alcuni palazzi settecenteschi. Ne sono un esempio Palazzo De Dominicis-Ricci, oggi sede di alcuni reperti rinvenuti dall’antica Polis. Nonché Palazzo Alario, oggi istituto culturale, la cui missione è orientata alla formazione dei giovani.

Non meno importanti i luoghi di culto. Presenti su tutto il territorio, riuniscono la popolazione. Durante le processioni – in onore di Sant’Antonio o della Madonna del Carmine – si attende la statua, allestendo tavolini con ricami particolari. Il corteo di fedeli intona note, che afferiscono a canti antichi. Sul capo, numerose donne, portano cinte votive. Saluta l’estate, invece, la festa in onore di Maria di Portosalvo. Particolarmente suggestiva perché la statua viene trasportata per mare, ed accompagnata da altre imbarcazioni, raggiunge la Scogliera.

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