Il racconto del “patuto” e non del saputo
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L’ospedale strappato a Capaccio ed eternamente esposto al fuoco amico

Ho potuto toccare sulla mia pelle l’importanza dell’ospedale

Unico patrimonio
Cilento sabato 09 aprile 2022
di Oreste Mottola
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Girolamo Auricchio © Unico Settimanale

Accade che mi chiama Bartolo Scandizzo e mi annuncia che l’edizione on line del settimanale “Unico” realizzerà “un numero speciale” sulla situazione dell’ospedale di Roccadaspide e mi chiede se voglio scrivere un pezzo. La voglia non è eccessiva, ma tuttavia ho forti motivi personali di forte gratitudine per la struttura sanitaria della Valle del Calore, per decidere di sottrarmi al cortese invito. “Favori personali”, oltre che familiari. La faccio breve: inizi di maggio 2019, entro nell’ospedale di Roccadaspide, tentando di raggiungere il Pronto Soccorso. Dopo essere uscito dall’auto cado a terra, dimostrando di non avere più equilibrio. C’è una dottoressa, Lucia Casilli, che si accorge che ho problemi seri e mi invia verso la struttura di Vallo della Lucania per esami strumentali (Tac, risonanza). Qui mi verrà diagnosticato, e poi vengo operato, per un assai “fastidioso” meningioma. Non fosse stato per l’intuito e la prontezza di questo medico 8che Dio l’abbia in gloria) avrei continuato a sostare inutilmente presso il Pronto Soccorso, perdendovi utile tempo. Un caso di buona sanità all’Ospedale di Roccadaspide del quale sono diretto testimone! Ancora grazie alla dottoressa Lucia! Potrei raccontare della pazienza del Pronto Soccorso con i bravi infermieri (Baione e Mazza sono quelli che ricordo) e della cardiologia della quale sono stato pure utente soprattutto verso la fine di quel 2019 (Oppo e Rotunno, e i loro “super” infermieri Cappetta e Pepe). Vi trascorsi anche un surreale fine anno e un complicato inizio 2020 e … Quindi parla (nel caso scrive) il “patuto” e non il saputo. Ho potuto toccare sulla mia pelle l’importanza dell’ospedale e quindi ho “titolo” per esprimermi. Maggio, giugno e luglio 2019 li trascorsi presso il “grand hotel San Luca” di Vallo della Lucania (davvero alto livello) e quindi ho anche conosciuto il più “temibile” dei concorrenti dell’ospedale di Roccadaspide.
 

“COMITATISTA” DELLA PRIMA ORA
La mia ormai lunga militanza giornalistica mi portò anche in contatto con il “comitato” che ne chiedeva il completamento e l’apertura del casermone. Metà anni ‘80 del secolo scorso, furono il compianto Pasquale Nisi e Mario Cammarota a raggiungermi nella mia Altavilla per chiedere a me, giornalista volenteroso assai disponibile all’impegno civile, una “disponibilità” verso questa battaglia che era davvero di civiltà. Mario si ricorderà del giornalista “Giusso”, inviato del “Giornale” allora diretto da Montanelli, che mi contattò per via degli articoli che scrivevo sull’argomento ospedale ai quali volle dare – tramite la sua penna – rilievo nazionale. Ci riuscì alla grande e fummo tutti – io, Nisi e Cammarota – tutti contenti. Sono stato un “comitatista” della prima ora, ben prima dell’inaugurazione (su quel giorno ci torno) ed ho conosciuto le generose forzature dei “manager” sanitari pubblici Summonte e Sassi. Già Sassi, un mio compaesano, che molto fece.
 

SASSI, SUMMONTE ED ETTORE LIGUORI
Aveva assistito al parto di mia madre, mi aveva curato da bambino e da ragazzo, ed indulgente aveva visto anche il mio essere nelle fila dei suoi nemici politici, il Sassi. Ma da persona intelligente qual era aveva sempre dialogato con l’ex ragazzino terribile diventato “comunista immaginario” . Sassi si spese molto per farlo aprire l’ospedale di Roccadaspide. Fu presidente della comunità montana Calore e quindi ebbe modo di conoscere le ambasce di questa terra che tocca il Cervati e l’Alento. “Sì, non sto bene. Una sola cosa ti chiedo, per il quando io non ci sarò più. Mi raccomando segui l’attività dell’ospedale di Roccadaspide”. Una domenica mattina, nella piazza di Altavilla, ritenne di mettermi a corrente dei suoi problemi di salute. Lo fece a modo suo, senza drammatizzare ma non nascondendo. Mi strappò la promessa che ho finora sempre cercato di onorare al meglio. Come ho potuto. E coltivando anche l’idea di “metterne in fila” la storia. E vado a cominciare. L’Ospedale doveva essere di Capaccio. A “deviarlo” fu Donato Scorzelli, nell’ormai lontano nel 1960, figura di riferimento del mondo politico e scolastico di Roccadaspide dal 1947 al 1978. Lo strappò a Capaccio alta. Chapeau a Scorzelli.
 

SCORZELLI PUNTO’ I PIEDI CON IL SENATORE INDELLI
La Cassa per il Mezzogiorno ci aveva messo già i soldi. Scorzelli puntò i piedi nei confronti del senatore dc Indelli, facendo valere i diritti anche dell’intera Valle del Calore e Alburni. Scorzelli, come ricorda il nipote Donato Gorga, resistette al “fuoco amico” di altri politici di Roccadaspide che sempre tentarono di “sabotare” la localizzazione del presidio sanitario per altri loro fini. Quindi nella sua storia, stavo per dire il dna, c’è sempre stata la “dannazione” del sabotaggio. Anche nel giorno della sua inaugurazione, il 9 aprile del 2001, con sindaco D’Angelo è Girolamo Auricchio ad impossessarsi della bandiera e “scodella” una storica maxifesta, (altri la racconteranno come si deve su questo giornale) il suo “santo” è Ettore Liguori da Pisciotta. Prima pietra nel 1961, apertura quarant’anni dopo, quei tempi che facevano indignare il giornalista Giusso che quel giorno non ci nascose di essere un simpatizzante leghista e io, Pasquale e Mario, poi raggiunti da Girolamo, quella volta davvero lo capimmo. Nel 1961 il sindaco Scorzelli passa all’azione e s’individua la sede verso la zona di Santa Palomba, i terreni sono comprati e per metterli al sicuro da eventuali aventi diritto alla prelazione il preliminare di contratto con i proprietari Nardi indica un prezzo altissimo. Progetto e appalto sono del 1965 e ’66. Ci vorranno diverse “forzature” ai piani ospedalieri regionali per arrivare al risultato e vanno ricordati gli apporti dei dirigenti sanitari Summonte e Sassi. L’ultima firma, la decisiva, è di Ettore Liguori. Si può dire, senza fare falsi storici, che Scorzelli con Summonte, Sassi e Liguori, consegnano l’ospedale a Girolamo Auricchio, di cui si omettono per chiara fama i cenni biografici, che ne fa “la bandiera del suo partito”.
 

“IL PARTITO DELL’OSPEDALE” DI GIROLAMO AURICCHIO
Un partito personale. “Quello dell’ospedale” come ama dire. Sullo sfondo l’inserimento in un elenco ministeriale degli ospedali da chiudere, il declassamento e il potenziamento del pronto soccorso. E i cortei. Quelle sfilate che riescono sempre se si costringono gli studenti ad andare oltre il puro “marinare” la scuola. E gli adulti a soffermarsi su quanti punti del pil locale dipendono dall’Ospedale. Sullo sfondo rimane la qualità e quantità dell’offerta di salute della struttura di Santa Palomba, come al solito, più esposta al pericolo e alle perfidie “amiche” che ai vecchi e nuovi nemici. Come ai tempi di Scorzelli per finire alle strumentalizzazioni periodiche di “personaggetti” che non meritano neanche mezza riga di giornale. Ah, un saluto a Pasquale Nisi, dovunque tu sia, tanta gratitudine a Mario Cammarota e Girolamo Auricchio (sempre miei amici) ed alla gentile dottoressa Lucia Casilli. Dottore Sassi, come vedi qualcosa ho cercato di farla, onorando la promessa che quella volta ti feci ‘Mmienz Castiedd”. Cos’é? Vabbè, ci siamo capiti noi. Magari la prossima volta che passo dove dimori proverò ad argomentare meglio.
* in memoria di Pasquale Nisi

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