Ad Aristotele della città di Stagira in Tracia

"Perchè se, a differenza di Parmenide che negava ogni valore alla realtà o del tuo maestro Platone che la riduceva a mera copia delle idee, tu, maestro, alla realtà credevi e davi valore e consistenza"

GAETANO RICCO La Scvola di Atene
Cilento - domenica 05 agosto 2018
Aristotele
Aristotele © n.c.

Occorre invero trattare del sillogismo prima che della dimostrazione, perché il sillogismo ha un grado maggiore di universalità” (Analitici primi, in Opere di Aristotele). Edura ancora alta e solenne la memoria di quel gran sapiente arabo che ammirato e conquistato alla meraviglia del tuo pensiero, scrisse di te che: “eri una regola e un modello che la natura aveva concepito per mostrare quale sia la perfezione estrema dell'uomo … a noi offerto, dalla divina Provvidenza perché potessimo conoscere tutto ciò che può essere conosciuto. Sia lode a Dio, che conferì a quest'uomo una perfezione tale da differenziarlo da tutti gli altri uomini, e lo fece avvicinare al più alto grado di dignità che il genere umano possa conseguire”. E fu davvero gloria e vanto, maestro, se poi avanzando il tuo pensiero quel Medioevo, che nella divina l’armonia vide per secoli rotear tutte le stelle, fu tutto tuo e sedendo sul suo trono per secoli regnasti incontrastato chè del sapere,maestro, tu eri, il signore e incontrastato e nessuno prima di interrogarti osava qualche soluzione chè a nulla, sulla terra o fra le stelle, senza il real sigillo del tuo “ipse dixit”, sarebbe valso il suo cammino! E furono tanti allora coloro che assetati di conoscenza con filosofi, astrologi e santi della Chiesa vennero alla tua opera a chieder lumi alla loro fede e tutti trovarono risposte ma più di tutti, oltre il Serafico e quindi il Sottile dottore, fu quell’Angelico Tommaso che tentando di fondere con il tuo pensiero il Cristianesimo eresse “monumentum aere perennis” che ancora dura e narra di quella domenicana scuola il vanto! E fu così grande la tua opera, maestro, e tanto abbondante che anche venne, quale umile discepolo, ad abbeverarsi alla tua fonte quel grande imperatore di Germania e re di Sicilia che fu lo “Stupor Mundi”, il meraviglioso Federico II di Svevia che leggendo quella prima traduzione in latino del tuo libro “De Animalis”, realizzata dal suo grande amico ed astrologo Duns Scoto, potè, interrogandolo, risolvere alcuni dubbi che il suo “De arte venandi cum avibus” ostinatamente gli opponeva impedendogli di andare avanti e che per le tue osservazioni, maestro, invece si fece così ardito, lungimirante e nuovo nelle conclusioni che ancora oggi, dopo ottocento e più anni, regna tra tutti coloro che amano l’arte della falconeria, opera incontrastata! Chè tu, maestro, alla corte di Federico eri il signore assoluto e nessuno più dell’imperatore ti amava e vantava la tua filosofia, più e più volte ancora pregando il suo sapientissimo amico Duns Scoto di tradurre in latino tutte le “Summae” che quella raffinata e sapiente civiltà araba aveva prodotto prima nei commenti del medico filosofo Avicenna e poi in quelli di Averroè. Cosa,maestro, che il grande mago fece e con dedica felice consacrò poi allo stesso imperatore che nomò “dominus mundi”, signore del mondo. Perché davvero, grande imperatore, eri grande ed amavi la cultura se, come narrano le cronache del tempo, non ti dispiacque non solo alla maniera di Aristotele di cercare, scrivevi infatti che è “nostra intenzione di mostrare le cose che sono come sono” ma mosso da quella grande curiosità che tenne e avvolse tutta la tua vita, anche di interrogare tutti i sapienti di tutta la terra su quelle tue famose cinque domande che furono le “Questioni siciliane” e che tanto stupirono e meravigliarono (ma non sei forse stato tu l’imperatore coli che con gran spavento, quello oscuro monaco inglese nomò lo “Stupor Mundi”?) i tuoi contemporanei ma che lo stesso grande maestro Aristotele quando scriveva che: “gli uomini hanno cominciato a filosofare, ora come in origine, a causa della meraviglia” aveva posto a fondamento della stessa conoscenza? E fu in verità meraviglia e stupore il tuo governo aperto, le tue leggi lungimiranti e quel tuo grande amore per la cultura che ti alzò su tutti gli altri imperatori e ti fece l’Occidente grato, quando non conoscendo ancora nei commenti di Averro è l’opera di Aristotele, tu, grande imperatore, stupore del mondo, non esitasti un momento a donare ai dottori dell’Università di Bologna, quei tuoi tanto amati manoscritti che il tuo grande amico e filosofo Duns Scoto aveva tradotto per te dall’arabo e che tu, ricordi, tanto gelosamente custodivi nella tua reale biblioteca! Ricordi ed eri felice così di assolvere al tuo dovere di uomo e di imperatore, quando in quella tua appassionata lettera indirizzata ai dottori di Bologna, scrivevi che: “abbiamo sempre cercato la conoscenza, abbiamo sempre amato la bellezza e ne abbiamo sempre, instancabilmente, respirato il profumo. Dopo aver assunto la cura del regno, sebbene la moltitudine degli affari di Stato richieda la nostra opera e le cure dell'amministrazione esigano grande sollecitudine, tuttavia quel po di tempo, che riusciamo a strappare alle occupazioni che ormai ci sono divenute familiari, non sopportiamo di trascorrerlo nell'ozio, ma lo spendiamo tutto nell'esercizio della lettura, affinchè l'intelletto si rinvigorisca nell'acquisizione della scienza, senza la quale la vita dei mortali non può reggersi in maniera degna di uomini liberi, e voltiamo le pagine dei libri e dei volumi, scritti in diversi caratteri e in diverse lingue, che arricchiscono gli armadi in cui si conservano le nostre cose più preziose” perché per te che amavi Aristotele e la sua maniera, la conoscenza, come la verità, a differenza di Eraclito che la diceva amante del nascondimento e di Gorgia il sofista che addirittura la negava, per te, grande imperatore, la verità non solo esisteva ed era qui davanti a noi solo ma la si poteva scoprire, ma come per guardare la luce dobbiamo abituare i nostri occhi così dobbiamo per l’uso dell’intelletto abituarci a cercare la verità liberandoci di tutti quegli “idola” che ancora offuscano la nostra mente, perché se pure … Aristotele del grande Platone fu il primo discepolo anche se ne discostò e avanzando alle idee del maestro la propedeutica necessaria attenzione all’esperienza si fece garante del mondo consegnando alla conoscenza per la prima volta la terra ed i suoi fenomeni. Come intuì bene anche il grande Raffaello quando dipingendo i due filosofi nella sua alta “Scuola di Atene” immagina l’uno, Platone, con il dito in alto a indicare il cielo e l’altro, Aristotele, con la mano versa a indicare la terra. Chè l’esperienza del mondo per il grande Aristotele non è fallace ma ne costituisce solo la prima forma di conoscenza in grado poi per “ induzione ” di raggiungere quel primo rudimentale livello di universalità che sarà assolutamente capitale nel percorso verso quella conoscenza che avanzando ancora per il fondamentale contributo dell’“’intuizione intellettuale” che fornirà alla conoscenza quello stato di veridicità che sarà poi la misura, il discrimine indispensabile ad ogni sapere scientifico: ovvero quell’integerrimo ed incorruttibile “principio di non contraddizione” che nessun ladro o “avventuriero “ potrà mai ingannare ! “E’ impossibile, scrivevi, maestro, nella “Metafisica”, che la stessa cosa, a un tempo, appartenga e non appartenga a una medesima cosa, secondo lo stesso rispetto ... È questo il più sicuro di tutti i princìpi… infatti, è impossibile a chic-chessia di credere che una stessa cosa sia e non sia … è evidente che è impossibile, ad un tempo, che la stessa persona ammetta veramente che una stessa cosa esista e, anche, che non esista … pertanto, tutti coloro che dimostrano qualcosa si rifanno a questa nozione ultima, perché essa, per sua natura, costituisce il principio di tutti gli altri assiomi... esiste negli esseri un principio rispetto al quale non è possibile che ci si inganni, ma rispetto al quale, al contrario, è necessario che si sia sempre nel vero: è questo il principio che afferma che non è possibile che la medesima cosa in un unico e medesimo tempo sia e non sia e che lo stesso vale anche per gli altri attributi che sono fra loro opposti in questo modo”…. perchè alla trascendenza del tuo grande maestro, tu della realtà ne prediligevi con l’esperienza l’immanenza e del “sinolo” ne facevi sintesi solenne di materia e forma. E non era maestro il tuo un “nominare” che davvero nel “sinolo” si raccoglieva con l’individuale l’universale, superando così quel primo dualismo, che tanto pesò alla filosofia del tuo maestro, per inoltrarti, tu, con la tua immanenza, e per molti secoli a venire, verso i campi aperti della vera conoscenza, dove fu gloria il tuo “negare quello che è e affermare quello che non è, è il falso,mentre affermare quello che è e negare quello che non è, è il vero“! Così alla gloria di questo tuo principio si legò poi l’alto cammino della conoscenza che non mai più venne meno e furono le tue “categorie” a fare spazio da quel giorno alla grande filosofia che squadernandosi per tutto l’universo intero obbligò la terra con il cielo a disvelare tutti i suoi segreti ed oltre a depositare nella storia le sue verità chè nulla più dopo la tua logica fu più uguale a prima. Perchè se, a differenza di Parmenide che negava ogni valore alla realtà o del tuo maestro Platone che la riduceva a mera copia delle idee, tu, maestro, alla realtà credevi e davi valore e consistenza assegnandole non una dimensione trascendente ma radicandola nell’immanenza, dove “l’ente con le cose” trovavano sostanza ontologica e potevi, come tu scrivevi: dirne in molti modi, perché l’ente è in molti modi” e quindi non morto nella sua prima forma ma potenza finalistica gerarchicamente organizzata al raggiungimento della sua massima perfezione a quella piena realizzazione teleologica che altro non è che quell“Atto Puro” finale, dove non più il seme (la potenza) si farà frutto (atto) ma annullata ogni possibilità tutto si compirà nell’immobile primo “ Motore” e sarà questo, maestro, il tuo novello Dio, l’ente trascendente che tutto trascende: causa immobile ed assoluta, forza primigenia non creativa ma teleologica di ogni divenire che tutto attrae. E come l’amato attrae l’amante e l’amante tutto in lui si annulla così il mondo con i suoi enti ne è attratto fino al suo compimento come la tua stessa “Metafisica” e …. questa mia lettera che licenziandosi sprofonderà nelle oscure tenebre dell’oblio dove perduto ogni ricordo si farà solo polvere e cenere ma non mai …il tuo “Motore Immobile”, maestro, che avanzando invece nel superbo cammino teologico dei cristiani si farà molto presto “perfetto” tanto ed oltre ogni misura eccederà che prima Creatore si ergerà poi a Giudice Solenne di tutta la storia, dominando con il dito verso il cielo, la terra e tutto l’universo! Questo, maestro, nei giorni imprevisti di aprile l’amore a primavera, il fiore che ti … porto!

(Chiusa nelle prime ore antimeridiane di martedì 17 aprile 2018)

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