I luoghi di San Matteo: la fontana di Rutino

I luoghi di San Matteo: la fontana di Rutino

“[...] Stanchi ed assetati si fermarono a più riprese; e proprio alle porte del paese furono testimoni di un prodigio. Dalla roccia, dove avevano poggiato la sacra teca, scaturì una polla d'acqua fresca e cristallina”

LIUCCIO GIUSEPPINO I Viaggi del Poeta
Cilento - venerdì 07 settembre 2018
Torre Colombaia - Rutino
Torre Colombaia - Rutino © n. c.

Era estate ed il sole picchiava duro nel luglio del 1828 quando molti eroi della prima Rivolta del Cilento, per ordine del Maresciallo Del Carretto, furono trascinati a piedi, in catene, legati a coppia, da Vallo della Lucania a Salerno. Sulla salita di Rutino il sole rovente e la frusta dei gendarmi ebbero la meglio sui pur forti Bonifacio Oricchio, Donato De Mattia, Angelo Mazzarella, Gerardo Corrado e Michele De Lucia. Caddero esausti e le loro salme furono pietosamente composte nella locale chiesa di San Michele dal parroco Maratea. Nel 1848 Rutino ritornò alla ribalta della storia e diede il suo contributo di eroismo con i tanti che accorsero al richiamo di Costabile Carducci, ideatore e capo della Seconda Rivolta Cilentana. Ed anche nel 1860 furono in molti festanti ad inneggiare all'epopea garibaldina, a cui partecipò con l'entusiasmo di un figlio illustre, Michele Magnoni, giustamente ricordato come eroe della nuova Italia.

Ma il grazioso paese cilentano è legato anche alla storia devozionale di San Matteo. Ed, infatti, quando il corpo dell'Apostolo fu trovato nella piana di Casalvelino, alla confluenza del Velino con l'Alento, là dove oggi sorge la chiesetta che, a memoria dell'evento, è chiamata "San Matteo ad duo flumina" la notizia si diffuse rapidamente per tutto il territorio e, naturalmente, ne venne informato il vescovo di Capaccio, che decise di trasportare le sacre spoglie dalla Piana di Casalvelino alla Basilica del Calpazio, all'epoca cattedrale della vasta diocesi. Dovette essere un'assolata ed afosa giornata estiva quella scelta da vescovo per la traslazione. E fu una fatica non indifferente per i portatori scalare la collina di Rutino con il pietoso carico del Corpo dell'Apostolo. Stanchi ed assetati si fermarono a più riprese; e proprio alle porte del paese furono testimoni di un prodigio. Dalla roccia, dove avevano poggiato la sacra teca, scaturì una polla d'acqua fresca e cristallina. La "Fontana di San Matteo" esiste tuttora ed una lapide rievoca il miracolo. E a giudizio di molti storici, Rutino porta anche nel toponimo segni e memoria dell'evento : l'aggettivo "rutòs" in greco significa, appunto, "fluente", "corrente", detto, naturalmente, dell'acqua,

E, così, tradizione di fede esaltata nella leggenda e generosa epopea risorgimentale consacrata nella concretezza della storia sono i limiti spazio/temporali in cui la comunità di Rutino evidenzia il suo orgoglio di appartenenza.

Erano questi i temi che ritmavano le mie conversazioni con Enzio Cetrangolo, traduttore insuperabile e poeta delicato e sensibile, negli anni immediatamente precedenti la sua morte nelle nostre lunghe passeggiate romane con l'occhio ed il cuore accesi a nostalgia d'amore per la comune terra d'origine. Allora la "cilentana" non tagliava ancora il fondovalle. La vecchia statale 18 s'inerpicava su per le colline e spaccava in due Rutino, dopo la salita d'Ogliastro e i tornanti di Prignano e Sant'Antuono. E quella colombaia elegante e civettuola dava un tocco di grazia ad una piazza minuscola con una chiesa carica di storia.. E, ad aver tempo, i portali del centro storico riecheggiavano fasti e, spesso, meriti di famiglie gentilizie, le cui memorie vantano ancora oggi letterati colti, professionisti affermati, eroi generosi. E intraprendenza di operatori economici, all'azzardo del commercio, promettevano, e promettono, vini generosi, olio extravergine, delizie di insaccati, squisitezze di formaggi, scialo di fichi zuccherosi. Ed estro, inventiva, arditezza di manualità dei maestri artigiani offriva una gamma varia di intrecciati; e più di una donna, sapiente di anni e di esperienza, ti incantava alla ragnatela di merletti e ricami. Altre stagioni con le piccole comunità gelose custodi di mestieri e valori...

In uno dei miei tanti viaggi a cogliere schegge di memorie nel pellegrinaggio d'amore e di cultura per i paesi del Cilento, sono tornato di recente a Rutino, con negli orecchi e nel cuore la voce di Enzio Cetrangolo, impareggiabile affabulatore. E con il sottofondo della sonorità dei suoi versi mi godevo una luminosa sera cilentana da uno dei tanti terrazzi naturali, proprio a ridosso della Fontana di San Matteo, aperti agli slarghi della vallata dell'Alento con quella diga di "Piano della Rocca", che promette futuro di agricoltura di qualità e di ecoturismo. E sullo sfondo si stagliavano il Chianiello, il Cervati ed il Gelbison. E, sull'imbrunire, quasi per un richiamo convenuto, brillavano, lucciole in amore, le luci di Cicerale e Monteforte, Perito ed Ostigliano, Stio e Magliano: E giù verso la piana un chiarore fioco preannunziava Castelnuovo e Casalveino a corona del mare greco di Elea.

Un'esperienza che consiglio ai salernitani in vena di escursioni fuori porta nei luminosi weekend di ottobre a riscoprire, da un lato, i luoghi del loro Santo Patrono Matteso e, dall'altro, le comunità che hanno contribuito al nostro Risorgimento e, conseguentemente all’Unità d’Italia.

L’articolo è tratto da: Giuseppe Liuccio. I luoghi di San Matteo – Plectica Edizioni

Lascia il tuo commento
commenti
Altri articoli
Gli articoli più letti