Fascino e Malia d’Autunno a Ravello di Giuseppe Liuccio

Capisco il fascino di malia della Divina Costiera nell’anima, nel cuore e nei pensieri, quando se ne allontanano

LIUCCIO GIUSEPPINO I Viaggi del Poeta
Cilento - martedì 19 febbraio 2019
Salvatore Quasimodo e Giuseppe Liuccio
Salvatore Quasimodo e Giuseppe Liuccio © Giuseppe Liuccio

Ieri sono stato a Ravello per una delle tante periodiche riunioni del Consiglio di Indirizzo della Fondazione. Ci siamo fermati al Garden per una breve pausa pranzo prima di riprendere i lavori. Lo spettacolo era da visibilio di piacere dal terrazzo di paradiso del ristorante. La sagoma del Moro addormentato, come la fantasia popolare ha ribattezzato i capricci d’arte della natura sulle dentellature dolcemente dirupanti del Falerzio sul mare di Capodorso con all’orizzonte, in lontananza, Licosa e Palinuro mi hanno scatenato emozioni da ricordi di giovinezza. Ho girato lo sguardo alla mia destra e sulla balaustra dei Giardini di Villa Rufolo e mi si è materializzato l’immagine del mio Amico e Maestro Salvatore Quasimodo, che qui portai per una escursione d cultura e d’amore negli anni ’60. E ho avvertito la stessa sensazione terremotante di cuore anima e pensieri di allora… Wagner cavalca le Valchirie e trillano i violini e rullano i tamburi a lacerare i silenzi. E sull’onda dolce del flauto magico gioca a nascondino fra i supportici la carovana di fate e gnomi, eroi e dei, Parsifal, Nibelunghi e Santo Graal. È la magia della musica che sibila tra bifore e colonne, tintinna sui tralci dei vigneti, caracolla giù per i terrazzamenti degli agrumeti e si frantuma nel letto ghiaioso del Dragone, da un lato, e, del Reghinna, dall’altro, prima di confondersi e spegnersi alla risacca del mare di Atrani e di Minori. “Ravello, città della musica” è il fortunato slogan che mette in competizione la città costiera con Spoleto, Salisburgo e Bayreuth e ne fa una delle più prestigiose capitali europee dell’arte. Mene convinco sempre più quando di lì a poco ascolto le brevi ma calde ed intense dichiarazioni del prof. Sebastiano Maffettone, appena eletto nuovo Presidente della Fondazione. Con tono pacato ma convinto trasmette fiducia e motivata speranza per il futuro. Mi carico di entusiasmo. Quando è il turno dei colleghi del CDA. prima di ripartire per Roma mi concedo un altro bagno di emozioni, a passi lenti, lungo Via del Toro. Villa Episcopio è sempre chiusa ed attende una vita nuova ed efficienza ritrovata per altre destinazioni d’uso. Per intanto, testimonia prestigiose pagine di storia del passato: residenza vescovile per secoli, residenza del re Vittorio Emanuele III°. che, in un periodo burrascoso della storia d’Italia, vi firmò il decreto di abdicazione, nel maggio del 1944, in favore del figlio Umberto, il passaggio carico di grazia, di sorriso, di eleganza e di avvenenza di Jacqueline Kennedy, con qualche gossip giornalistico ed il pellegrinaggio di uomini politici e di cultura. Io ebbi il privilegio di esserne ospite, quando ne ebbe la disponibilità l’amico Alfredo Aielli, gestore dell’Hotel Cappuccini convento di Amalfi, e che qui aveva stabilito il suo buon ritiro nelle pause da lavoro. Mi incanto, salendo e spiando tra le cancellate e i portoni di ingresso alle dimore gentilizie del passato ed oggi Grandi Alberghi, che hanno fatto e fanno la storia dell’accoglienza del turismo di qualità in Italia e nel modo: Fraulo, Palumbo, Avino, Caruso. Coltivo l’idea di mettere in mostra l’albo d’oro dei clienti di prestigio lungo i decenni. Ho già trovato anche il titolo accattivante “Per le antiche stanze”. Ci consentirebbe di scrivere la storia del turismo di qualità e ripercorrere sulla base di documenti i un sintesi di Come eravamo”. Potrebbe essere un progetto da mettere insieme con sinergia tra Comune, Fondazione e Associazione Albergatori. Formalizzerò la proposta. Faccio in tempo ad invidiare con affetto e stima l’amico Vuilleumier, incantato, come sono, alla festa di luci e fiori dei giardini del Palazzo Tolla, sede del Municipio, dove Paolo passa intere giornate di lavoro a servizio della collettività, con passione e grande impegno civile, trascurando, a volte, la famiglia. Noto ed apprezzo la pulizia della strada. Fanno colore anche le foglie ramate dello spiazzo/giardino Principessa di Piemonte, spalancati sull’infinito del mare di Minori e Maiori su cui rovescia festoni d’argento la luna ancora piena dal Falerzio e dal Santuario dell’Avvocata ed è fonte di chiarore in gara con i faro di palazzo Avino sugli alberi di quassù che spiumano foglie d’autunno avanzato che galoppa verso l’inverno. Lo spettacolo è di contagiosa seduzione: Resterei. Oh se resterei. Ma Roma mi reclama. Lascio Ravello con lacerante nostalgia attutita dalla certezza che tornerò a breve. Però capisco, oh se capisco!, il fascino di malia della Divina Costiera in generale e di Ravello in particolare nell’anima, nel cuore e nei pensieri, quando se ne allontanano.

P.S.:

Questo scrivevo all’incirca cinque anni fa. Ho riletto il mio articolo con identica nostalgia nell’azione etimologica del termine greco (logos-nostos, malinconia d’amore per il ritorno) con la stessa invidia gelosia con gli amministratori, attuali, a cominciare dall’amico sindaco, Salvatore De Marino, con la stessa malia/seduzione della e per la città, con l’augurio che continui ad essere miracolo di grazia e di bellezza per l’Italia, per l’Europa e per il mondo.

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