Bontà e bellezza del fico dottato

Bontà e bellezza del fico dottato

LIUCCIO GIUSEPPINO I Viaggi del Poeta
Cilento - martedì 24 settembre 2019
Fico dottato
Fico dottato © Web

Nei lontani anni della mia infanzia, tra l'ultima decade di agosto e la prima quindicina di settembre per le campagne del Cilento era una festa. In tanti abbandonavano le case del paese e si trasferivano, armi e bagagli, nelle piccole luminose dimore nei piccoli poderi tra uliveti, vigneti e ficheti. Era la stagione della raccolta e della essiccatura dei fichi.
Erano, e in parte sono ancora, tutte uguali le case di campagna, costruite con materiali poveri secondo una tipologia funzionale ai lavori agricoli: un enorme stanzone al piano terra adibito a riparo degli attrezzi agricoli e del raccolto, un'agile, solare scalinata esterna con minuscolo pianerottolo/loggiato "vafio", per accedere al piano superiore dove, tra pagliericci di fortuna, si consumavano le poche ore di sonno quando non si dormiva all'addiaccio sotto il pergolato o il gelso a decoro/arredo dell'aia, o addirittura sotto le cupole di cielo a ricamo di stelle, attardandosi a cori di stornellate che si rincorrevano, a richiamo, di coltivo in coltivo, tra petti di colline ed avvallamenti di fiumare. All'alba, armati di uncino e paniere, per ore allo spoglio di fichi stracarichi di frutti zuccherosi fino a quando l'arsura della canicola non consigliava riparo all'ombra amica.
Qui si procedeva alla selezione del prodotto: i "moscioni" di prima qualità da allineare con meticolosa precisione su graticci di canne, gli altri interi o spaccati in bella mostra su intrecciate di ginestra.
E via all'esposizione del sole "seccafico, che picchiava duro a conflagrazione a centro di cielo.
E per una settimana e passa il paziente lavoro di "gira e rigira" alla veglia d'amore dei graticci per una "essiccatura" omogenea, con l'occhio vigile a qualche nuvolaglia per l'emergenza di un rapido riparo per l'improvvisa e non rara "tropea" che potesse mettere in pericolo il raccolto e vanificare le speranze di un introito atteso per mesi.
Se, malauguratamente, la pioggia coglieva d'improvviso uomini e frutti, impedendone il provvidenziale ricovero, il forno a ridosso della casa provvedeva, alla meno peggio, ad arrosolare "moscioni" e" spaccate", eliminandone l'umidità, anche se declassava automaticamente il prodotto a seconda scelta
Ad ottobre avanzato il via vai per il paese di incettatori e mercanti a "pignolare" sulla qualità per tirare sul prezzo. Quel che non si collocava sul mercato lo si destinava al consumo di famiglia come provvista del tardo autunno e dell'inverno.
Che profumo ad apertura di cassa con i "moscioni" allo spolvero di zucchero per autoproduzione! Che poesia le "pupe", i "mostacciuoli" e le "iette" a figurare fantasie geometriche, croci, madonne e "zite" a paziente confezione di nonne e mamme.! Che delizia i profumi delle "infornate" a carico di tasche di giacche e cappotti, poveri e sgualciti, da sgranocchiare, ammollendole per ore in una con pane croccante!
Che festa di colori e di aromi alla cena ed al pranzo di Natale con mandarini, arance, sorbe e l'ultima uva "roia" e gli immancabili fichi a farla da protagonisti!
Oggi nelle campagne del Cilento i fichi si coltivano ancora, anche se in misura ridotta rispetto alle stagioni della mia infanzia.
Negli ultimi tempi, però, si nota una promettente ripresa. Il frutto ha una buccia rugosa di colore giallo chiaro, uniforme, tipica dei fichi essiccati. La polpa ha una consistenza pastosa. La produzione anche oggi si ottiene ad agosto/settembre; quella tardiva con la dilazione di una ventina di giorni.
Le preparazioni di base del fico dottato del Cilento sono numerosissime. I fichi (a volte dopo essere stati sbollentati in acqua aromatizzata con alloro, finocchietto selvatico o altre essenze naturali si fanno asciugare e si passano al forno.
L'essiccatura al sole di un tempo è sempre più rara. Possono essere al naturale oppure impaccati, ovvero ripieni, a seconda delle ricette, di noci, mandorle, scorze di arancia o limone, finocchietto o buccia di mandarino.
Quindi sono "steccati", infilzati in cannette accostate per fare i mostacciuoli (confezioni a forma di rombo) o le "spatole" (due stecche parallele o lunghe 20/30 centimetri. Ripieni o interi possono anche essere ricoperti di cioccolato. E, così, il fico dottato del Cilento prende il volo per il mondo sulle ali dei profumi della mia terra come messaggio di pace e di bellezza, soprattutto nelle feste di Natale, ma non solo.

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