Emozioni di viaggio a Monteforte Cilento

La strada è nastro bianco di violenza nel verde della macchia mediterranea. La visione di Trentinara a volo ventoso dai dirupi cede il posto ai poderi coltivati a girotondo di valloni e fiumare nella vallata...

LIUCCIO GIUSEPPINO I Viaggi del Poeta
Cilento - lunedì 07 maggio 2018
Monteforte Cilento
Monteforte Cilento © n.c.

La strada è nastro bianco di violenza nel verde della macchia mediterranea. La visione di Trentinara a volo ventoso dai dirupi cede il posto ai poderi coltivati a girotondo di valloni e fiumare nella vallata con chiesa e case di campagna a profluvio odoroso di primavera nella mattinata di sole. Cavallazzo rievoca nel nome stazione di sosta postazione strategica di difficili vie di comunicazione nel medioevo cilentano. Tra i castagneti a breve tunnel di tenero fogliame occhieggia il sole caldo e si rifrange a raggiera d’oro sul parabrezza a ricamo di pulviscolo di polline. Nei fossati umidi di brina ride la mammola di aprile. Qualche tornante in comodo pianoro e Monteforte si affaccia a scivolo di case a margine di fiume. I contrafforti del Chianiello a solida trincea di cerreti, lecceti e faggeti sospirano la praticabilità efficiente della tptabile a conquista di cima del Vesole per aprirsi all’anfiteatro dei displuvi del Calore. La macchia stenta arabesca le fiancate pietrose della montagna a mezza costa e si fa sempre più rada fino all’arida lunarità dei cuspidi massicci della cima che minacciano trafitture al cielo.

La piazza civettuola ascolta in solitario dormiveglia la cantilena gocciolante della fontana. E la storia del paese si materializza in signorotti blasonati che elessero il territorio ad avamposto di difesa del potente Stato di Novi, di gastaldi longobardi che ne fecero un fortilizio, di baroni tanto voraci quanto oziosi che, di mano in mano, ne vendettero le sorti, in una con i destini del popolo innocente ed inconsapevole, per pagare i debiti di gioco e/o per soddisfare i capricci di una notte d’amore nelle alcove napoletane. E, a chiudere gli occhi, s’ode il crepitio della boscaglia in fiamme da improbabile cattura dei Fratelli Capozzoli, nati briganti e morti eroi nella rivolta cilentana del 1828. Gabbarono lo spietato Maresciallo Del Carretto con fuga via mare prima di finire, moschettati per tradimento d’amore in agro di Perito, dopo una fortunosa e rocambolesca avventura per mezza Europa. I loro corpi martoriati fecero il viaggio a ritroso da Vallo a Palinuro, donde erano partiti in una luminosa mattinata di giugno ebbri del successo dell’assalto al Forte e con il cuore acceso alla vittoria della rivoluzione.

La strada a penetrazione del centro storico caracolla a budello di case fino al sagrato della Parrocchiale, dove un giovane leccio promette ombra là dove fino a qualche anno fa, un tigli vigoroso s’incurvava a carezza dell’icona di San Donato, protettore, incastonato sul frontespizio a decoro del portale. Il parapetto è davanzale ardito a scialo di poderi fino alla chiesa di campagna a margine di fiume con il santo a guardia di coltivi e d’acque. Ad agosto si riannoda il filo d’amore di fede tra paese e campagna a snodo di processione tra ceri accesi a guizzo d’alba e d’imbrunire e canti di devozione a lacerare silenzi.

S’accende a iridescenze di meriggio l’invaso di Piano della Rocca a figurare speranze di futuro di agricoltura fertile e turismo là dove imperava l’intrico della macchia di lentischi, eriche e ginestre ed impazzava il coro estenuante ed assordante d’amore e morte di cicale e grilli nella calura estiva, sempre che le pastoie burocratiche ed il fondamentalismo degli ambientalisti consentano la rotabile di penetrazione dal mare greco di Elea ai monti del Cilento interno lungo il fiume.

E quanto sogna anche l’oste nell’intimità raccolta di una trattoria all’ombra dei castagneti tra un piatto di fusilli a profumo di castrato e pecorino, un affettato di salumi di sapiente lavorazione e la sublime pastosità di formaggi di alpeggio ad immancabile e frequente richiamo di un gradevole barbera spremuto ai vitigni generosi degli assolati coltivi ai margini del corso dell’Alento.

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