Le zone interne del Cilento, del Vallo di Diano e degli Alburni custodiscono una straordinaria bellezza: natura incontaminata, storia millenaria e comunità ricche di valori autentici.
Sono territori che rappresentano un patrimonio prezioso non solo per la Campania, ma per l’intero Paese.
Eppure, proprio queste aree, più distanti dalle grandi vie di comunicazione e spesso dimenticate dalle politiche di sviluppo efficienti, continuano a pagare il prezzo più alto di anni di abbandono e di occasioni mancate.
Oggi, più che mai, non basta raccontare la loro bellezza.
Serve costruire sviluppo vero, creare lavoro stabile e ridare fiducia ai giovani.
Serve creare le condizioni concrete per far restare chi è nato qui e per far tornare chi è stato costretto ad andarsene.
Le zone interne non hanno bisogno di compassione, ma di una nuova visione e di scelte coraggiose e responsabili.
Solo così potranno davvero rinascere.
La crisi che vivono questi territori è il risultato diretto di scelte sbagliate, di sprechi, di interventi scollegati e di risorse mal gestite.
La viabilità interna ne è una testimonianza drammatica: troppi collegamenti essenziali sono rimasti bloccati per anni, troppi lavori su strade provinciali si trascinano senza mai arrivare a compimento, trasformandosi in simboli amari di un cambiamento che non arriva mai.
Basta percorrere le strade provinciali fra Bellosguardo, Roscigno e Sacco, oppure il tratto tra Roscigno e il bivio di Corleto Monforte, per rendersi conto di una situazione insostenibile: strade dissestate, collegamenti interrotti, lavori fermi che rendono difficile perfino spostarsi tra comuni vicini.
E questi sono soltanto esempi.
In molte altre aree delle zone interne la situazione si ripete, evidenziando un modello di gestione inefficiente che ha tradito le speranze di generazioni.
Emblematica è anche la situazione della Fondovalle Calore, un’opera strategica per il rilancio delle aree interne degli Alburni e del Calore Salernitano, divenuta invece simbolo di immobilismo e di opportunità che sono alla ricerca di tempi migliori, soffocata dal silenzio politico di chi avrebbe dovuto vigilare e intervenire.
Non è più accettabile che su opere vitali per il futuro continui a prevalere l’opacità e il silenzio.
Chi ha responsabilità istituzionali deve uscire allo scoperto, spiegare i ritardi, rendere pubblici i cronoprogrammi, assumersi pienamente la responsabilità politica.
Quando una strada rimane incompleta per anni, manda un messaggio chiaro: in questo territorio non c’è futuro.
È questo messaggio che dobbiamo cancellare, costruendo un’altra narrazione, fondata sulla concretezza delle scelte e sulla fiducia.
Dobbiamo cambiare radicalmente l’utilizzo delle risorse e degli investimenti pubblici nei nostri territori.
Ogni euro speso deve trasformarsi in infrastrutture funzionanti, servizi moderni e opportunità di lavoro stabili.
Solo così i giovani potranno scegliere di restare.
Solo così chi è partito potrà tornare con speranza.
Le sagre e le manifestazioni culturali sono parte viva dell’identità dei nostri borghi: mantengono accesa la memoria delle tradizioni, rafforzano il senso di appartenenza e animano le comunità locali.
Ma da sole non bastano a invertire la rotta dello spopolamento.
Il futuro si costruisce su un sistema economico vero e dinamico, capace di innovare nell’agricoltura, di valorizzare la trasformazione dei prodotti locali, di creare turismo esperienziale di qualità, di rilanciare l’artigianato e di investire seriamente sulle energie rinnovabili e sulle imprese innovative.
Accanto a queste attività, serve una rete moderna di servizi che renda possibile vivere, crescere e lavorare nei nostri paesi, non solo sopravvivere.
Non basta la vitalità estiva delle sagre o degli eventi occasionali.
Serve un’economia che funzioni dodici mesi l’anno, capace di offrire una qualità della vita degna di questo nome.
Il vero cambiamento non avverrà per inerzia.
Servono strumenti concreti, capaci di pianificare, organizzare e monitorare le azioni.
I tavoli territoriali di sviluppo locale devono diventare il cuore pulsante della nuova strategia per le zone interne.
Non devono essere vetrine per foto di rito, ma luoghi operativi dove amministratori onesti, imprenditori coraggiosi, associazioni attive, forze sindacali, fondazioni, cittadini consapevoli e giovani competenti lavorano fianco a fianco.
Devono definire piani di sviluppo realistici, individuare le priorità infrastrutturali, progettare percorsi di formazione e di inserimento lavorativo per i giovani, monitorare l’uso trasparente delle risorse pubbliche e intervenire rapidamente dove necessario.
I giovani devono essere protagonisti di questi tavoli, non comparse del nostro territorio.
Devono portare le loro idee, la loro visione e la loro energia positiva.
I “Forum dei giovani” devono trasformarsi in vere officine di progettazione e di proposta, capaci di stimolare e controllare l’azione delle amministrazioni.
Solo con “Tavoli operativi e programmatici“, seri e partecipati, sarà possibile creare le condizioni reali per costruire un futuro diverso.
Solo così potremo superare l’immobilismo che per troppo tempo ha frenato il riscatto delle zone interne.
Il cambiamento richiede uno sforzo corale.
Non può gravare solo sulle spalle dei giovani.
Il sindacato deve diventare un alleato vero delle aree interne, battendosi per il diritto alla mobilità, al lavoro stabile e alla dignità dei cittadini.
Deve difendere non solo i posti di lavoro esistenti, ma promuovere nuove politiche di sviluppo e infrastrutturazione.
Le associazioni di categoria, gli imprenditori e le strutture economiche locali devono scegliere con chiarezza da che parte stare, abbandonando ogni logica attendista e diventando protagonisti di una nuova stagione di investimenti responsabili e lungimiranti.
Anche le fondazioni presenti sul territorio devono uscire da ogni passività e assumere un ruolo propositivo e propulsivo: promuovendo progetti strategici, aggregando risorse, stimolando sinergie virtuose tra istituzioni, imprese e cittadini.
Ogni risorsa pubblica deve essere usata con responsabilità e trasparenza, generando sviluppo vero, infrastrutture vere e lavoro stabile.
Non possiamo più accettare che il turismo nelle nostre terre sia una breve parentesi estiva.
Serve costruire un’offerta turistica autentica, lenta ed esperienziale, capace di valorizzare il patrimonio naturale, culturale ed enogastronomico tutto l’anno.
Un turismo che sia rispettoso dei luoghi, che crei lavoro dignitoso e che aiuti a ricostruire un tessuto economico solido e duraturo.
Accanto al turismo, è fondamentale investire sull’agricoltura moderna, sull’artigianato evoluto, sulle energie rinnovabili e sulla formazione di nuove imprese giovanili capaci di innovare senza tradire l’anima dei nostri territori.
Solo costruendo un sistema economico solido e stabile potremo davvero far restare e far tornare i nostri giovani.
La rinascita delle zone interne del Cilento, del Vallo di Diano e degli Alburni non è un’utopia, ma una sfida concreta che possiamo e dobbiamo vincere per garantire un futuro ai nostri territori.
Tutto dipende da come useremo le risorse e gli investimenti disponibili.
Dipende dalla capacità di creare infrastrutture vere, lavoro stabile e servizi moderni.
Non si tratta di slogan.
Si tratta di mettere finalmente al centro della politica il lavoro, la formazione, l’innovazione e la qualità della vita nelle zone interne.