Le zone interne del Cilento, del Vallo di Diano e degli Alburni sono terre di straordinaria bellezza, storia e tradizioni, ma anche territori che da troppo tempo lottano contro la mancanza di lavoro stabile e l’emigrazione dei giovani.
Ogni anno, enormi risorse vengono destinate allo sviluppo turistico, ma queste risorse non sempre vengono utilizzate in modo strategico e spesso si disperdono in iniziative temporanee, come le sagre, che durano pochi giorni e non riescono a creare un impatto duraturo sull’economia locale.
È fondamentale invertire questa tendenza, partendo dalla creazione di occupazione qualificata e duratura, per poi utilizzare i fondi pubblici con efficacia e lungimiranza, costruendo vere opportunità di crescita.
Il Cilento, il Vallo di Diano e gli Alburni conservano paesaggi straordinari, una cultura viva, antiche tradizioni, una gastronomia autentica e un patrimonio naturale e storico che potrebbe competere con molte destinazioni turistiche europee.
Eppure, queste risorse non bastano a trattenere le nuove generazioni.
La mancanza di opportunità professionali reali spinge ogni anno centinaia di giovani a lasciare le proprie radici in cerca di un futuro altrove.
I dati statistici dello spopolamento continuano anno dopo anno a fotografare una realtà drammatica, fatta di declino demografico e di abbandono dei residenti, che scelgono di trasferirsi in aree percepite come più promettenti dal punto di vista occupazionale e dei servizi.
Un territorio che perde popolazione è un territorio che si indebolisce sotto ogni profilo: sociale, economico e culturale.
Contrastare questo esodo silenzioso ma inesorabile deve diventare una priorità concreta, non più rimandabile.
A fronte di questa emorragia, ogni anno vengono stanziati milioni di euro per il rilancio turistico del territorio, ma troppo spesso questi fondi vengono impiegati per eventi effimeri che, pur generando visibilità e movimento per qualche giorno, non lasciano valore strutturale né posti di lavoro stabili.
Le sagre e gli eventi locali hanno certamente un ruolo culturale e sociale importante, ma non possono essere considerati strumenti sufficienti per combattere lo spopolamento.
La sfida più urgente è creare lavoro stabile, qualificato e connesso con la vocazione naturale del territorio. Il turismo sostenibile rappresenta una delle strade più promettenti, ma non può essere lasciato all’improvvisazione.
Occorre formare e far emergere nuove figure professionali locali: specialisti del marketing territoriale capaci di promuovere le specificità del territorio in Italia e all’estero; agenti di viaggio e tour operator locali in grado di progettare pacchetti turistici integrati con alloggi, esperienze, mobilità e cultura; guide turistiche qualificate che conoscano il patrimonio e lo sappiano raccontare con passione; esperti in enogastronomia e turismo esperienziale capaci di trasformare le tradizioni culinarie e agricole in esperienze turistiche vere, sensoriali e identitarie.
È proprio nei nostri territori che esistono tantissime eccellenze ancora poco conosciute, realtà straordinarie nell’artigianato, nella produzione agroalimentare, nella cultura, nella ricettività diffusa e nelle competenze locali.
Queste eccellenze non devono più dipendere da interventi esterni: devono essere promosse, potenziate e messe in rete da nuovi professionisti del settore che siano residenti nei nostri territori, capaci di lavorare sul campo con passione, continuità e visione.
È necessario dunque puntare su una crescita endogena, che nasca dall’interno della comunità e ne rafforzi l’autonomia.
Solo investendo sulle persone del posto, sulle loro capacità e sulla loro conoscenza profonda del contesto, si potrà generare uno sviluppo duraturo e autentico.
La formazione locale non deve solo fornire competenze, ma anche creare orgoglio e senso di appartenenza, restituendo ai giovani la convinzione che è possibile costruire il proprio futuro qui, senza dover migrare altrove.
Scuole professionali, enti locali e università devono collaborare per attivare corsi pratici in gestione turistica, comunicazione digitale, accoglienza, sostenibilità ambientale, logistica e organizzazione di eventi.
Solo così si potrà costruire un’economia radicata e autonoma, capace di offrire un futuro ai giovani senza costringerli a partire.
Il turismo, l’agricoltura e la cultura non possono fiorire senza un’adeguata rete infrastrutturale.
Le carenze nei collegamenti viari e ferroviari, la scarsa connessione digitale e le opere pubbliche incompiute penalizzano ogni tentativo di crescita.
Le infrastrutture – come il collegamento veloce tra il Cilento e il Vallo di Diano, l’arrivo dell’alta velocità e porti turistici più efficienti – devono diventare realtà.
Senza queste opere, ogni investimento nel turismo rischia di rimanere monco.
È necessaria una nuova visione delle risorse pubbliche: non si tratta più di spendere fondi su base annuale per distribuire contributi a pioggia, ma di costruire un progetto condiviso, trasparente e monitorabile, con risultati misurabili.
Bisogna creare un ecosistema territoriale dove gli operatori del turismo, dell’agricoltura, della cultura e dell’artigianato lavorino insieme, sostenuti da un’amministrazione efficiente e alleata.
Il turismo può essere davvero il volano di una crescita equilibrata e sostenibile, ma deve essere costruito con cura.
Serve una progettazione che tenga insieme ambiente, cultura, gastronomia, natura e accoglienza.
Non si tratta solo di attrarre visitatori, ma di accoglierli e farli tornare, offrendo esperienze autentiche che valorizzino le persone, i luoghi e le storie.
Occorre iniziare subito a lavorare alla creazione di pacchetti turistici strutturati e innovativi, capaci di attrarre l’interesse di operatori nazionali ed internazionali, sfruttando anche le nuove opportunità logistiche offerte dalla riattivazione dell’aeroporto della nostra provincia. Questo scalo può diventare la porta d’accesso ideale per i flussi turistici verso le aree interne, ma per cogliere davvero questa occasione, il territorio deve farsi trovare pronto, organizzato e coordinato.
In questo contesto, la conoscenza delle lingue straniere da parte degli operatori turistici locali diventa una necessità strategica.
Parlare l’inglese, il francese, lo spagnolo o il tedesco non è più un valore aggiunto, ma un requisito fondamentale per accogliere turisti internazionali, instaurare relazioni con tour operator esteri e raccontare con efficacia la nostra storia e le nostre tradizioni a chi arriva da fuori.
Anche in questo caso, è indispensabile attivare percorsi formativi mirati, perché l’accoglienza comincia dalle parole, dalla capacità di comunicare il valore del territorio a ogni visitatore.
Se vogliamo veramente invertire la rotta e dare un futuro alle zone interne del Cilento, del Vallo di Diano e degli Alburni, dobbiamo abbandonare la logica dell’improvvisazione e dei fondi spesi per iniziative temporanee.
La chiave è costruire lavoro stabile attraverso formazione, infrastrutture e politiche integrate di sviluppo territoriale.
Le istituzioni locali, provinciali e regionali devono assumersi la responsabilità di guidare questo processo.
È necessario creare una visione condivisa e a lungo termine, che dia fiducia a chi abita questi territori e a chi vorrebbe tornarci.
Le risorse ci sono, le idee anche.
Manca il coraggio di unire i puntini e trasformare i fondi pubblici in occasione di rinascita concreta.
Chi oggi ha responsabilità politica ha anche il compito – e l’onore – di contribuire attivamente a contrastare lo spopolamento.
Non si tratta solo di una promessa elettorale, ma di un dovere morale verso le comunità che resistono, che si ostinano a restare e che ogni giorno chiedono di poter vivere, lavorare e costruire il futuro nei propri territori.