Per decenni le zone interne del Cilento, del Vallo di Diano e degli Alburni hanno subito un destino comune: programmazioni imposte dall’alto, finto ascolto dei bisogni del territorio, opere incompiute, infrastrutture mai terminate e promesse puntualmente disattese.
I risultati sono sotto gli occhi di tutti: spreco di risorse pubbliche, assenza di posti di lavoro duraturi e spopolamento crescente.
Se davvero vogliamo cambiare rotta, la soluzione non sta in nuovi piani calati dall’alto, ma in una pianificazione dal basso, dove cittadini, imprese, giovani e amministratori locali diventano protagonisti delle scelte.
La vera svolta parte dall’ascolto, perché solo chiedendo ai territori di cosa hanno realmente bisogno si possono costruire progetti concreti, radicati e sostenibili.
Quando le comunità diventano protagoniste, i progetti acquistano forza e coerenza.
Case abbandonate possono essere recuperate non come cattedrali nel deserto, ma come alberghi diffusi o abitazioni per giovani coppie.
Gli agricoltori, insieme a famiglie e associazioni, possono dar vita a mercati permanenti della filiera corta che garantiscono reddito e valorizzano i prodotti tipici.
Gli artigiani possono unire tradizione e innovazione aprendo laboratori dove i mestieri antichi si incontrano con la tecnologia moderna, mentre il turismo può diventare autentico e coinvolgente grazie a itinerari costruiti dalle stesse comunità locali.
Anche le scuole, se aperte al territorio, possono trasformarsi in centri civici e culturali, veri motori di socialità e formazione permanente.
Accanto a queste iniziative, la formazione professionale deve cambiare direzione.
Non più corsi scollegati dal tessuto produttivo, ma percorsi costruiti ascoltando le imprese agricole, artigiane, turistiche e innovative dei territori.
Solo leggendo le loro esigenze sarà possibile creare figure professionali pronte a inserirsi nel mondo del lavoro e a rafforzare le vocazioni locali.
La formazione deve diventare quindi un tassello di una pianificazione più ampia, una pianificazione che sia vera, misurabile nei risultati e che produca posti di lavoro tangibili.
Non servono progetti che restano chiusi nei cassetti, ma programmi con obiettivi chiari, verificabili nel tempo, capaci di dimostrare ai cittadini che ogni euro speso genera valore e opportunità.
Ma nessun progetto, per quanto ben pensato, potrà mai decollare senza affrontare la questione cruciale: la viabilità.
L’isolamento resta il primo nemico delle aree interne.
Troppo spesso si è parlato di grandi opere mai realizzate, mentre le strade esistenti cadevano a pezzi.
Oggi occorre un piano condiviso che dia priorità ai collegamenti realmente utili.
È indispensabile completare nella sua interezza progettuale originaria e manutenere arterie fondamentali come la Fondovalle Calore o la Strada del Parco e creare un collegamento rapido con la futura stazione dell’alta velocità nel Vallo di Diano.
Ma l’obiettivo non deve essere solo migliorare singoli tratti, bensì unire Alburni, Cilento interno e Vallo di Diano in un sistema viario moderno e veloce.
Una rete di collegamenti efficienti renderebbe questi territori un’unica area competitiva, capace di attrarre turisti, investimenti e nuove imprese.
L’integrazione territoriale attraverso la viabilità significa che un giovane di Roscigno può raggiungere in tempi rapidi sia un centro universitario che una località turistica; che un’azienda agricola degli Alburni può portare i suoi prodotti verso il Cilento costiero o verso i mercati del Vallo senza costi insostenibili; che un turista che atterra all’aeroporto di Salerno può scoprire senza difficoltà non solo la costa, ma anche i borghi e i paesaggi straordinari dell’entroterra.
Una viabilità veloce e sicura non è quindi solo una questione tecnica, ma il prerequisito per creare occupazione, ridare dignità ai cittadini e permettere alle imprese di competere.
Naturalmente, tutto questo non sarà possibile senza una classe politica nuova e coraggiosa.
Non possiamo più permetterci amministratori che restano in silenzio davanti a programmazioni sovracomunali inutili.
Serve una politica che sappia pretendere la pianificazione dal basso, che partecipi attivamente ai tavoli sovracomunali e che difenda con forza le scelte delle comunità davanti alle istituzioni provinciali, regionali e nazionali.
Ma soprattutto serve una politica che sappia legare ogni scelta a un risultato concreto, verificabile, capace di generare lavoro e sviluppo.
Perché solo così si potrà restituire fiducia a chi da anni vede tanti soldi spesi senza un miglioramento reale della propria vita.
Combattere lo spopolamento delle zone interne del Cilento, del Vallo di Diano e degli Alburni non è un sogno impossibile.
Ma serve coraggio: quello di cambiare metodo.
Basta con i piani scritti a tavolino e mai realizzati, basta con le promesse lontane dai bisogni reali.
La crescita si costruisce dal basso, con cittadini, imprese e istituzioni che dialogano e decidono insieme, sostenuti da una politica capace di guidare e non di subire e da una formazione che prepari i giovani a inserirsi nel mondo del lavoro.
Solo così queste terre smetteranno di essere considerate marginali e diventeranno un sistema territoriale unito e competitivo, un laboratorio di futuro dove tradizione, innovazione, formazione e partecipazione costruiscono davvero sviluppo e vita nuova.



