Nel silenzio che spesso avvolge le terre del Cilento, tra le voci che chiedono sviluppo e quelle che rincorrono promesse pubbliche ormai stanche, emerge una presa di posizione chiara e diretta.
Cosimo Lopardi, imprenditore e osservatore attento del territorio di Agropoli e del Cilento, lancia un messaggio forte: “Gli investimenti davvero efficaci nel Cilento e nel Cilento interno, oggi, non possono che essere quelli privati.”
È un’affermazione netta, figlia di una constatazione che molti evitano di dire ad alta voce: la stagione dei grandi finanziamenti pubblici è finita. La realtà, spiega Lopardi, è sotto gli occhi di tutti. Si fa fatica perfino a garantire strade sicure e decenti.
“A malapena si riescono a mantenere infrastrutture essenziali. È inutile sognare grandi opere se manca l’ordinarietà. Servono imprese, serve reddito. Serve concretezza.”
Eppure, investire nel Cilento e nel Cilento interno non è semplice.
“Bisognerebbe capire in quali settori farlo e con quali strategie. È una sfida e la vedo difficile”, confessa Lopardi.
Ma difficile non significa impossibile. Significa, piuttosto, coraggioso.

Tra le priorità, Lopardi sottolinea con forza una questione vitale: la mobilità interna.
“Per far crescere il Cilento bisogna iniziare dalle connessioni. Non parlo di alta velocità o grandi stazioni, ma di autobus, di linee circolari ad alta frequenza che colleghino Capaccio, Agropoli, Vallo e Sapri.”
Un’idea semplice quanto rivoluzionaria: un servizio pubblico efficiente, stabile e affidabile, che permetta alle persone di spostarsi facilmente da un comune all’altro.
“Una vera rete interurbana, una circolare del Cilento. Solo così si può creare un flusso vitale tra i centri principali e la periferia. Solo così i cittadini, i lavoratori, i giovani e gli studenti potranno sentirsi parte di un territorio vivo e interconnesso.”
Non è solo una questione logistica. È un investimento sulla quotidianità della gente.
La riflessione si fa ancora più profonda quando si tocca il tema del reddito pro capite, spesso considerato il metro di valutazione della ricchezza di un territorio.
“Ma non è solo il dato numerico che conta”, dice Lopardi. “La differenza vera la fa chi si muove, chi spende e chi partecipa alla vita economica.”
Si può avere anche un reddito medio alto, ma se si è anziani, se manca l’infrastruttura sociale, se non si hanno stimoli e possibilità concrete di fruire di beni e servizi, il motore dello sviluppo si spegne.
In altre parole: la ricchezza deve circolare, non solo esistere.
In un tempo in cui molti aspettano ancora il “prossimo bando” o il “prossimo finanziamento europeo”, Cosimo Lopardi pone una domanda scomoda ma necessaria: e se invece il futuro del Cilento lo scrivesse chi decide di investire davvero, con le proprie forze?
Serve una nuova classe di imprenditori locali, servono giovani pronti a scommettere sul turismo esperienziale, sull’artigianato di qualità, sulla cultura, sulla filiera agroalimentare e sull’innovazione digitale.
Servono incentivi? Certo. Ma prima ancora serve una visione condivisa, che unisca chi abita il territorio con chi vuole trasformarlo.
Perché un territorio può cambiare davvero solo quando chi lo vive ogni giorno inizia a crederci sul serio.
Le parole di Cosimo Lopardi non sono uno sfogo, ma una proposta. Una voce lucida, concreta, che invita il Cilento e il Cilento interno a guardarsi allo specchio e a prendere finalmente una decisione: restare a sperare oppure iniziare a costruire.
Il futuro non arriverà da solo. Va incontrato a metà strada. E forse, proprio nel cuore silenzioso del Cilento, può rinascere una nuova economia fatta di idee, impegno, coraggio e dignità.