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    Percorso:Home»Attualità»La Roscigno “sgarrupata” e l’antico “principesco” di Monte Pruno non bastano per entrare nel futuro
    Attualità

    La Roscigno “sgarrupata” e l’antico “principesco” di Monte Pruno non bastano per entrare nel futuro

    Di Bartolo Scandizzo15 Gennaio 20246 Min Lettura44 VisiteNessun commento
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    La tomba “Principesca” fu rinvenuta nel 1938 in località Monte Pruno, databile tra la fine del V e l’inizio del IV sec. a.C., era costituita da un recinto rettangolare accessibile attraverso un lungo corridoio. A definire la natura “regale” della tomba sono anche la composizione e la qualità del corredo costituito da quasi 40 oggetti di pregevole fattura. Il rango elevato del defunto è espresso dai preziosi oggetti di corredo che rimandano ad alcuni aspetti ideologici propri dell’aristocrazia guerriera. Particolarmente significativi sono i tre strigili di bronzo utilizzati dagli atleti dopo le fatiche ginniche e i frammenti di una corona d’argento; esemplare prezioso è il kantharos d’argento, con emblema sul fondo raffigurante una amazzone e testine sileniche all’attacco delle anse. Altro oggetto particolare è il candelabro di bronzo su tre piedi, sormontato da un guerriero e una figura femminile. Una punta di lancia e la presenza del carro – indiziata da un frammento di ruota in ferro – sottolineano il ruolo militare del defunto. Tra i vasi figurati spicca il rython attico a figure rosse con corpo a forma di testa di ariete.

    Roscigno Vecchio è un esempio di resilienza all’abbandono che ha trovato anche la ragionevole volontà della regione Campania di investire risorse per farne un luogo di attrazione turistica. Sono in tanti i Roscignoli, i conterranei che vivono nella Valle del Calore e sulle pendici dei monti Alburni che hanno imparato a rilanciare il “miracolo” di resilienza del borgo. è stato un intero paese che ha resistito al destino prescritto alla fine del 1800 che ne decretò la fine della sua esistenza in vita. 

    A premiare la “resilienza” alla forza della natura e a quella di gravità che trascinava il paese verso la consunzione a metà del “secolo breve” si è cominciato a immaginare per esso una “resurrezione” …

    La prima a dare il via al “ripopolamento” fu Dorina, una ex suora che decise di tornare nella casa natia per concedersi un “fine vita” riportando segni di vita nel paese abbandonato. Questo personaggio semplice e genuino, che si affacciava al balconcino della sua abitazione che dava sulla grande piazza “Giovanni Nicotera” dove troneggia ancora l’imponente chiesa, accoglieva i curiosi e li “indrottinava” su cosa era stato Roscigno (poi diventato “vecchio”) ancora agli albori del ‘900. Dopo Dornina è stato Giuseppe Spagnuolo ad occupare lo “spazio” lasciato vuoto dai soggetti istituzionali e non che avrebbero dovuto e potuto far avanzare il progetto turistico affiancando la Proloco diretta infaticabilmente da Franco Palmieri.

    Poi, per eventi culturali, concerti musicali e il crescere del numero dei visitatori; ecco che partì la fase dei lavori di consolidamento e di ristrutturazione di alcune case grazie a risorse pubbliche e anche private messe a disposizione della regione Campania e dei Roscignoli nel mondo.

    Infine, ecco che arriva l’iniziativa della Banca Montepruno nata a Roscigno negli anni ’70 del secolo scorso che, per la verità, ha dovuto anch’essa staccarsi dalla casa madre per crescere, proliferare e, infine, ritornare con le migliori intenzioni di poter restituire una parte di patrimonio umano avuto in dote in iniziative in grado di trascinare nel futuro anche altre realtà limitrofe.

    Certamente non è semplice invertire la tendenza che tende al declino dell’intera area interna in cui Roscigno è ubicata. Il tempo passato a rincorrere i miraggi che da soli avrebbero potuto risollevare le sorti declinanti di un’intera vallata hanno dato “speranze” che pochi credevano seriamente si potessero consolidare e cambiare “verso”.

    I più disincantati hanno visto sfilare sotto i loro occhi molte “festose” iniziative che, nel migliore dei casi, potevano essere annoverate come spot …

    Ci sono però altri protagonisti che hanno determinato lo stato in cui versano i due luoghi simbolo di Roscigno: Il Parco Nazionale del Cilento Vallo di Diano e Alburni e la sopraintendenza ai beni culturali della provincia di Salerno.

    Nel caso dell’area archeologica situata sulla spianata della collina di Monte Pruno, è facile identificare l’ente parco che, a suo tempo, inserì il sito nell’elenco che fu presentato in occasione la candidatura del paesaggio del parco nel patrimonio UNESCO. Infatti, tutta la cartellonistica in piccola parte ancora in piedi, anche se del tutto sbiadita e indecifrabile, è contrassegnata con il simbolo del Parco e dell’UNESCO che dichiarò il paesaggio del parco patrimonio immateriale dell’Umanità. Tant’è vero che anche il nuovo progetto di sistemazione dell’area e del sentiero d’accesso è sottoscritto e finanziato con fondi dell’ente di via Mainenti di Vallo della Lucania a far conto sul finanziamento relativo alla sistemazione della rete dei sentieri del Parco che, come recita la scritta sui tabelloni esposti in varie parti attraversati dagli itinerari inseriti, sarebbero dovuti terminare entro il 2022. A Monte Pruno, ovviamente, c’è bisogno che anche la soprintendenza provinciale e regionale riprendano a cuore il sito che, dopo essere stato “spogliato” del contenuto della tomba, è stato abbandonato agli agenti atmosferici che hanno consumato anche i teli di plastica posti a protezione degli scavi ricoperti di terra. Il resto l’hanno fatto i cinghiali che hanno “vangato” l’intera area orfana delle transenne poste a protezione. 

    Nel caso di Roscigno Vecchio, nonostante gli investimenti fatti, sia sotto l’aspetto strutturale sia sotto quello promozionale, i vari piani di “sviluppo” sono del tutto lasciati al caso. Ricordo un incontro fatto proprio sul sito per trattare sulla riapertura della bella chiesa che domina la piazza Roma. In quella occasione, il sindaco Pino Palmieri dichiarò che il comune aveva già in “cassa” i fondi per il completamento dei lavori! Si aspettava solo il nulla osta della diocesi di Teggiano …

    La speranza oggi è data dal fatto che è sceso in campo la Fondazione della Banca Monte pruno che ha dimostrato con la sua storia che, anche da una piccola terra “arida” di successi negli ultimi 30 anni, possa sbocciare un “fiore da portare all’occhiello” del paese e dove è ubicato il sito archeologico da cui prende il nome: “Fondazione Monte pruno”.  

    Se i soggetti protagonisti in negativo di tanto mal fatto, “con venissero” a Roscigno nella sede della neonata fondazione per stilare un rapido piano d’azione per ridurre al minimo il tempo che “resta” da aspettare per dare dignità ai luoghi e alla poca gente che ancora spera, allora anche tutti quelli che ancora vivono nelle aree interne potranno, almeno, continuare a sperare di non essere del tutto diventati indifferenti a chi esercita il potere di potere di fare “bene”. 

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