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    Cultura

    Pellare. Successo per la Replica dell’Apericentenario Eleonora Duse, la mia vita in atti: scandalosa, indimenticabile, divina

    Di Antonella Casaburi30 Dicembre 20247 Min Lettura360 VisiteNessun commento
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    Venerdì 27 dicembre 2024 presso il Borracho, a Pellare, alle ore 19:30, si è svolta la Replica del riuscitissimo format Apericentenario “Eleonora Duse, la mia vita in atti: scandalosa, indimenticabile, divina”, ideato dalla Dott.ssa Laura Cuozzo, Attivista Agenda ONU.

    Il format sperimentale, che a Pellare ha replicato il successo del primo evento, svoltosi il 22 novembre 2024 presso La Barbatella di Vallo della Lucania, conferma l’interesse e il coinvolgimento del pubblico verso una serata culturale che, in un contesto innovativo e conviviale, pone spunti di riflessione e si offre come occasione di incontro e di dialogo per una fruizione condivisa del sapere e dei valori: un modo innovativo di fare cultura nel Cilento.

    Portando la cultura fuori dai suoi luoghi convenzionali, la formula Apericentenario, così come è stata ideata dalla Dott.ssa Laura Cuozzo, veicolando messaggi importanti in un’atmosfera amichevole e stimolante, si è rivelata una formula vincente capace, in entrambi gli appuntamenti, di coinvolgere attivamente il pubblico in un’esperienza sensoriale, attraverso approfondimenti, condivisioni, musiche, letture, riflessioni.

    Venerdì 27 dicembre a Pellare la Replica dell’Apericentenario Eleonora Duse ha ripercorso la vita della grande attrice nata nel 1858 e morta nel 1924. Sei capitoli affidati a sei intellettuali: il linguista e scrittore Aniello Amato, la professoressa Barbara Amorelli, la scrittrice Antonella Casaburi, l’attivista Agenda ONU Laura Cuozzo, la regista ed attrice amatoriale Anna Fatigati, la professoressa Simona Ferolla.

    L’ Apericentenario è stata l’occasione per celebrare anche nel Cilento la grande attrice Eleonora Duse, che calcò i palcoscenici internazionali recitando solo in italiano. L’unica testimonianza visiva dell’arte della Duse, il film muto “Cenere”, del 1916, è tratto dall’omonimo romanzo di Grazia Deledda, l’ unica italiana ad aver ricevuto il Nobel per la letteratura, e che scrisse a Eleonora Duse: “‘Cenere’ è la storia di una povera donna di Sardegna che, abbandonata dal primo uomo che amò, cacciata di casa, raccolta dalla pietà di un’altra donna, dopo anni di miseria riconduce il figlio della sua colpa fino alla porta del padre di lui, perchè solo il padre può dargli un avvenire di bene: e lei sparisce nell’ombra.

    Affido a Lei, cara amica, questa storia di amore e di dolore, perchè Lei sola può illuminarla con la luce della sua anima e viverla con la sua grande arte sincera”.

    Anche anziana, Eleonora Duse riusciva a incantare il pubblico. Acclamata in tutto il mondo, si era ritirata nel 1909 ma seppe tornare sul palcoscenico, dopo dodici anni dal ritiro, per interpretare una giovanissima e splendida donna, la stessa dell’ultima sua apparizione: Ellida, la protagonista de “La donna del mare” di Ibsen” ! Il 5 maggio 1921, al Carignano di Torino, a 63 anni, anziana, affaticata, con i capelli completamente bianchi, aveva addosso gli occhi di una sala stracolma. A teatro era presente un giovanissimo Luchino Visconti, allora quattordicenne, che in seguito avrebbe detto: “Rimasi addirittura senza fiato. Che si potesse recitare così non lo capivo neanche. era avanti, avznti, già prossima a quello che è venuto dopo di lei, le aveva già capite tutte, aveva intuito”. A Teatro quel giorno giunse il fior fiore della critica teatrale e del giornalismo: da Silvio D’Amico all’allora giovanissimo Piero Gobetti. Fu un trionfo clamoroso, unanime. Piero Gobetti, in particolare, arrivò a parlare di religiosità, spiritualità, misticismo. Silvio D’Amico recensì lo spettacolo sull’Idea Nazionale, due giorni dopo, il 7 maggio: “Dunque ella era senza cappello, scoperte le belle e abbondanti chiome grigie e teneva in mano, chiuso, un minuscolo ombrellino…Come parlava? Ah, questo è difficile, è impossibile ridire. e chi non l’ha ascoltata non riuscirà a farsene un’idea. Parlava, parlava, come tutte le donne parlano nella vita e come non parla nessuna: con una verità così semplice e fresca, che il suo sembrava il più facile e naturale eloquio del mondo. Non arte, ma vita: vita di tutti i giorni”.

    Poi, venne il viaggio in America. E la turnee americana. Lì, a Pittsburg, sopraggiunse la morte. Nata in una camera d’albergo a Vigevano, morì in una camera d’albergo a Pittsburg. Un articolo dell’epoca intitolato “La stanza della Duse” riporta che “I registri dell’albergo Shenley portano le firme delle personalità mondiali più in vista del secolo. Tuttavia l’evento più importante verificatosi entro le sue mura fu la malattia e la morte di Eleonora Duse, avvenuta nel 1924”. L’albergo fu in seguito abbattuto per far posto al padiglione centrale dell’Università di Pittsburg, facendo pensare a una strana coincidenza, giacchè in vita la Duse esortava sempre a studiare, lei che non v’era riuscita.

    Di un’altra singolare coincidenza legata alla sua morte, e che colpì i suoi contemporanei e così noi, abbiamo testimonianza in un articolo scritto in omaggio ai 30 anni dalla morte della Duse: “Il sipario calò a Pittsburg”, contenuto in “Settimo giorno”, stampato a Milano il 29 aprile 1954: “Prima di partire per gli Stati Uniti, nel suo ultimo viaggio oltre Atlantico, Eleonora Duse aveva letto sul Vangelo:’Signore, se sei tu, comanda, ch’io venga a te, sopra le acque’…scompare con leinla più grande attrice di questi ultimo 100 anni”. E dell’amore complicato con Gabriele D’Annunzio l’articolo diceva: “Nove anni durò il loro amore; nove anni durante i quali l’attrice combattè per il poeta la più dura battaglia artistica e finì con l’imporlo…Da Pittsburg Eleonora ‘dalle belle mani’, spentasi in una camera d’albergo, fu riportata in Italia fra il dolore di milioni di ammiratori. Riposa nel cimitero di Asolo”.

    Il borgo di Asolo (di cui lei diceva: “Amo Asolo perchè è bello e tranquillo”), dove la sua tomba è rivolta verso il Monte Grappa a lei tanto caro per i caduti della Prima Guerra Mondiale, è ancora oggi meta di continui pellegrinaggi, e a ricordarla c’è l’evocativa casa Duse, la sala museale “Una casa per Eleonora” e, ovviamente, il teatro a lei dedicato. A ‘Ghisola, Ghisolabella’, come soleva chiamarla D’Annunzio, recentemente, nel 2016, il campione del mondo di pasticceria Leonardo di Carlo, ha dedicato la Torta Ghisola.

    Eleonora Duse è la prima grande attrice teatrale dei suoi tempi, la prima grande diva: la divina. La prima a recitare in maniera nuova, innovativa, ad anticipare i tempi, la prima ad attirare l’attenzione dei giornali non soltanto per la sua arte ma anche per quello che noi oggi chiamiamo gossip: il chiacchierato, infedele, travolgente, tormentato amore con Gabriele D’Annunzio.

    Si parla con insistenza della necessità di valorizzare la presenza femminile in tutti i campi, compresa la cultura. Una questione che riveste notevole importanza sul piano critico, storico, sociale. Nel campo della cultura, in particolare, non servirebbe ‘fare nulla’: basterebbe solo ‘vedere’ le donne là dove esse operano: vedere che ci sono! Il vero problema è che molto spesso si tende a non vederle. A non riconoscere il loro valore. Non a caso è con le parole di Grazia Deledda che ho iniziato questo mio scritto dedicato a Eleonora Duse. La Deledda è l’unica donna italiana ad aver avuto il Nobel per la letteratura. A livello mondiale le vincitrici del Premio Nobel per la letteratura sono solo 17, dal 1909 ad oggi. E di tutte loro si parla troppo poco. Di tutte le donne che eccellono si parla troppo poco.

    Tra gli obiettivi dell’ Apericentenario Eleonora Duse e dei precedenti format ideati da Laura Cuozzo vi è l’intento di sottolineare il posto che queste grandi donne meritano nella storia e nella cultura italiana e internazionale.

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