28 aprile 2024 – V Domenica di Pasqua -

Dio il vignaiolo, Gesù la vite e noi i tralci

Spesso tagliava proprio il ramo più grosso e lasciava quello esile. Accortosi che non sapevamo spiegarci certi tagli, il contadino ci disse che la potatura corretta della pianta ha lo scopo di darle forza, maggior vigore

Attualità
Cilento venerdì 26 aprile 2024
di La Redazione
valle del Calore
valle del Calore © Settimanale Unico

In uno dei primi anni di insegnamento con incarico annuale nell’Istituto Professionale per l’Agricoltura di Sapri presentai un progetto dal titolo: “Viticoltura e difesa della vite. Biotecnologie vitivinicole.”

Il progetto destinato a 50 alunni prevedeva 2 visite didattiche ad una realtà agricola del territorio. Nella prima, a fine febbraio, avemmo modo di osservare il vigneto al momento della potatura. Il contadino con tanta sapienza osservava i tralci e ne tagliava diversi.

Spesso tagliava proprio il ramo più grosso e lasciava quello esile. Accortosi che non sapevamo spiegarci certi tagli, il contadino ci disse che la potatura corretta della pianta ha lo scopo di darle forza, maggior vigore perché porti frutto. I tralci che non producono assorbono linfa e la vite rischia di essiccarsi e morire. Perciò vengono potati e bruciati.

La potatura è un vero dono per la vite anche se al momento si può avere l’impressione di una natura morta e il tronco spoglio e attorcigliato dà un senso di malinconia.

A primavera inoltrata ritornammo nel vigneto. La vite era rinata in tutta la sua bellezza di colori e di profumi. Si distinguevano già i grappoli di uva. “La qualità del vino è già decisa nel vigneto” ci disse orgoglioso il contadino, “la vite necessita di attente cure e richiede attesa prima di portare frutto”.

Nella pagina odierna del Vangelo si parla proprio di vigna, vite, vignaiolo. L’evangelista Giovanni riporta infatti l’allegoria della vite. Gesù paragona il Padre a un vignaiolo, se stesso ad una pianta di vite e i discepoli ai tralci.

In questa allegoria stupisce la semplicità con cui Gesù espone i suoi insegnamenti, con un linguaggio chiaro ed immediato, con immagini tratte dalla vita agricola, portandoci a riflettere su noi stessi e sulla relazione con Lui.

Ci dice che come i tralci che sono sulla vite sono una sola pianta e non possono svincolarsi da essa pena la perdita della sua linfa vitale, quindi destinati a seccare e ad essere recisi, anche noi non possiamo separarci da Lui.

Il cristiano non è tale se non avverte di essere un tutt’uno con Dio. Essere ancorati a Lui, rimanere attaccati a chi ci ama, significa crescere in santità di vita, portare frutti.

Se vogliamo portare frutto, dobbiamo avere il coraggio di fare delle scelte, dobbiamo tagliare egoismi, cattiverie, eliminare desideri e ambizioni che ci possono disperdere, non dare tutto per scontato e anche se questo taglio può essere doloroso, costare caro, è necessario.

Il dolore non è inutile se ci porta a riflettere, a potare. Ogni correzione può sembrare generare tristezza ma poi arreca frutto di pace e di giustizia. Gesù in questo si fida di noi. Per ben 7 volte nel passo del Vangelo leggiamo il verbo rimanere e poi la frase: “da se stessi non si può portare frutto”.

Non possiamo fare a meno di rimanere con Gesù, uniti a lui con radici solide come quelle della vite, consapevoli che senza sforzo e volontà e soprattutto senza il suo aiuto, senza la sua linfa vitale, la sua grazia, nulla viene ottenuto.

Chiediamo con fede di rimanere con Gesù perché Lui stesso ce lo chiede, continuamente!

Santa domenica in famiglia.             

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