Le fondazioni bancarie sono 86, solo 10 sono nelle regioni Meridionali: (10: Campania 2, Puglia 2, Calabria 1, Sicilia 1, Sardegna 1, Abruzzo 3

Il federalismo fiscale è già realtà, basta capire dove investono gli utili le fondazioni bancarie

I patrimoni delle fondazioni bancarie ammontano complessivamente a circa 40 miliardi di euro. Dalla loro nascita hanno erogato oltre 26 miliardi di euro tratti dagli utili generati dagli investimenti dei loro patrimoni.

Economia
Cilento martedì 30 maggio 2023
di Bartolo Scandizzo
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Tabella tratta dal sito dell'ACRI © Unico Settimanale

Nel sistema bancario l’autonomia differenziata è già una realtà

Nel sistema bancario l’autonomia differenziata è già una realtà! Basta verificare come funzionano e dove spendono gli utili che le fondazioni bancarie che controllano le grandi banche …

Se una fondazione bancaria arriva ad avere meno di 50 milioni di patrimonio, il governo interviene per imporre a quelle più solide di incorporarle! Questo significa che il governo concede un credito di imposta pari al 75% delle erogazioni in denaro a beneficio dei territori di operatività delle fondazioni incorporate perché in gravi difficoltà …

Le Fondazioni sono enti di origine bancaria perché, in base alla legge Amato del 1990, conferirono le aziende bancarie pubbliche, di cui erano titolari, in società per azioni, conservando il controllo strategico. La legge voluta da Azelio Ciampi, approvata nel 1999, inibì il ruolo di holding bancarie rendendole persone giuridiche private che utilizzano i frutti del proprio patrimonio erogando risorse a favore di progetti gestiti da terzi ma che, in ogni caso, operano nei territori di competenza delle fondazioni.

Dal sito dell'ACRI leggiamo che "dalla loro nascita hanno erogato oltre 26 miliardi di euro, attraverso più di 400mila iniziative e investito significative risorse per perseguire gli obiettivi di missione indicati dalla legge: l’utilità sociale e la promozione dello sviluppo economico. Le risorse utilizzate per realizzare le progettualità delle Fondazioni sono tratte dagli utili generati dagli investimenti dei loro patrimoni, che complessivamente ammontano a circa 40 miliardi di euro".

C'è però una "clausola" che prescrive alle fondazioni di investire le importanti risorse (circa il 90%) che annualmente le banche “controllate” versano nelle casse delle fondazioni da destinare alle comunità che vivono nelle regioni dove sono “incardinate” come moderni “benefattori” è un fatto meritorio.

Quindi, bisogna considerare che le sedi delle grandi fondazioni bancarie sono concentrate al nord dell’Italia (76 su 86), mentre i correntisti e i clienti delle banche di cui esse sono emanazione operano e vivono in ogni parte della penisola e delle isole, allora è facile immaginare quanto sia ingiusto il criterio che la destinazione delle risorse!

Anche nel Meridione d’Italia c’è qualche fondazione emanazione di istituti di credito di media e piccole dimensioni (10Campania 2, Puglia 2, Calabria 1, Sicilia 1, Sardegna 1, Abruzzo 3), ma con la scomparsa dal panorama economico di storiche banche (come per esempio il Banco di Napoli) vengono meno veri e propri serbatoi di risorse a cui rivolgere richieste di aiuti, accompagnamenti di progetti culturali, sostegni al restauro di beni archeologici, finanziamenti a progetti educativi di scuole di ogni ordine e grado, sostegno alle attività motorie di base, borse di studio da destinare a chi frequenta le università meridionali …

Insomma, a parte quel poco o tanto che riescono a fare le Banche di Credito Cooperativo, sia quelle rimaste nel sistema ICCREA sia le altre che hanno scelto il secondo gruppo che sono entrate nel sistema Cassa Centrale, c’è poco da stare allegri.

Ecco un bell’esempio di cosa succederà la riforma costituzionale che porta il nome di “Autonomia Differenziata” che, a grandi falcate, si appresta a varare il governo di Centro Destra. Si tratterebbe di moltiplicare all’ennesima potenza quello che è già successo con le Fondazioni Bancarie, quelle private sono probabilmente concentrate con le stesse percentuali al centro – nord.

Quello che dovrebbe far infuriare cittadini, politici, imprenditori … di qualsiasi tendenza e credenza politica che vivono a sud di Roma e nelle isole maggiori, è proprio questo disprezzo verso un pezzo di Italia che ha contribuito non poco a farne uno stato unitario, prima; a difenderlo durante la Grande guerra, poi; a reagire e contribuire alla sconfitta del fascismo e fare dell’Italia uno stato democratico e moderno; a fornire manodopera a basso costo alle grandi imprese del nord per la ricostruzione post bellica e dell’industrializzazione del Nord produttivo …

Pertanto, prima di pensare a come impoverire ulteriormente e umiliare un’area dove vivono poco meno di 20 milioni di Italiani (Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna 19.5000.000) il governo faccia bene i conti e provi ad immaginare quello che potrebbe causare il dare forza di legge la divisione in due del paese che, per altro, già è un dato di fatto. Non sono pochi gli esempi che la storia ci ha messo sotto gli occhi quando i danni fatti sono diventati irrimediabili: basti pensare come sta andando finire l’uscita della Gran Bretagna dall'UE e le ricadute, negative, che si stanno avendo sia per l’intero regno, sia in considerazione dei problemi con Irlando del Nord e con la Scozia. Per non parlare della disgregazione dell'Unione Sovietica ...

 Per fortuna gli Italiani avranno modo e senso pratico per correggere con il voto, anche referendario, le storture che si prospettano con la riforma firmata da Roberto Calderoli; lo stesso Presidente della Repubblica non farà mancare il suo stretto e oculato controllo, ma dovranno essere i cittadini a non girarsi dall’altra parte quando, quotidianamente, viene demolito lo stato unitario come ampiamente dimostra il sistema delle fondazioni bancarie.

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