“Invertire la narrazione, ricostruire comunità” in un Paese diviso da disuguaglianze crescenti
Nella fase difficile che il Paese sta vivendo, la forbice delle disuguaglianze si allarga. I piccoli centri e le periferie restano spesso soli, segnati da nuove forme di abbandono e dalla più grave crisi partecipativa della storia repubblicana.
Le differenze, anziché divenire risorse, diventano motivo di isolamento. A rischio c’è il senso stesso di comunità, soprattutto nelle cosiddette Aree Interne, colpite da spopolamento, emergenze e rassegnazione.

Il Piano Strategico Nazionale: il rischio del “suicidio assistito”
La recente pubblicazione del Piano Strategico Nazionale delle Aree Interne ha rinnovato l’allarme.
Il calo demografico e lo spopolamento vengono descritti come fenomeni irreversibili, al punto che un intero obiettivo della Strategia è intitolato “Accompagnamento in un percorso di spopolamento irreversibile”.
Un approccio che rischia di tradursi in un sostegno a una “morte felice” di territori considerati privi di prospettiva, condannati a non poter invertire la tendenza né essere lasciati a sé stessi.
La presenza della Chiesa e l’impegno pastorale
In questo scenario, la comunità ecclesiale resta tra le poche realtà presenti in modo capillare.
Già nel 2019 i vescovi della Metropolia beneventana, con la lettera Mezzanotte del Mezzogiorno?, denunciarono il grave ritardo nello sviluppo delle aree interne.

Da allora si è aperto un percorso che dal 2021 porta ogni anno a Benevento vescovi da tutta Italia per delineare linee di una pastorale specifica per questi territori.
Anche Caritas Italiana ha avviato un coordinamento nazionale per sostenere progettualità dal basso, promuovere coesione sociale e offrire ai giovani la possibilità concreta di rimanere nei luoghi d’origine. In molte diocesi, i fondi dell’8 per mille hanno dato vita a esperienze di rete sanitaria di comunità, taxi sociale, sostegno all’occupazione e all’imprenditorialità locale.
Oltre la rassegnazione: cambiare la narrazione
Come pastori di comunità fragili e abbandonate, non possiamo rassegnarci. La prospettiva di un destino segnato non deve diventare auto-profezia.
Occorre ribaltare la narrazione delle aree interne: da periferie condannate al declino a luoghi di innovazione e resistenza.
· Incentivi al controesodo con sgravi fiscali e smart working.
· Rigenerazione dei borghi e co-housing.
· Agricoltura innovativa e turismo sostenibile.
· Trasporti adeguati, banda larga, telemedicina e sanità di prossimità. Sono strumenti concreti per ridare futuro a comunità che custodiscono storia, cultura, identità e paesaggio.
Un appello al Governo e al Parlamento
Guardare a questi territori come a un malato terminale sarebbe un grave errore politico e civile, oltre che un torto alla Nazione.
Territori non presidiati dall’uomo sono infatti più vulnerabili ai disastri ambientali e rischiano di perdere per sempre un patrimonio artistico e culturale inestimabile.
Per questo, chiediamo con forza che le istituzioni esplorino ogni ipotesi per invertire la rotta, sostenendo pratiche virtuose e competenze locali, favorendo la partecipazione e ricostruendo comunità.
Concludiamo con le parole del profeta: «Figlio dell’uomo, ti ho posto come sentinella per la casa d’Israele» (Ez 3,17).
È un compito che sentiamo nostro e che offriamo in spirito di collaborazione, pronti al dialogo con Governo e Parlamento.



