Ricordo di un avvocato, di un credente, di un cittadino che ha amato Capaccio Paestum
Domenico Vecchio, avvocato, ha lasciato la vita in questo mondo nello stesso modo in cui ha vissuto i suoi 62 anni: discretamente.
Discrezione che non significa assenza, anzi. Chi lo ha conosciuto sa bene quanto profondo sia stato il segno che ha lasciato nella comunità di Capaccio Scalo, dove ha vissuto, lavorato e servito con dedizione.
L’uomo, il credente, il cittadino
Ho conosciuto Domenico nell’ultima parte della sua vita, sia come uomo impegnato nell’amministrazione di Capaccio Paestum, sia come avvocato.
Ma la sua attività non si fermava al lavoro o alla politica: Domenico è stato anche una presenza viva nella parrocchia di San Vito di Capaccio Scalo, dove partecipava attivamente alla vita comunitaria.
Prima del suo impegno in politica, fu animatore dell’Azione Cattolica – settore adulti, sia parrocchiale che diocesana, nella Diocesi di Vallo della Lucania, dove per circa dodici anni ha ricoperto l’incarico di direttore diocesano dell’Ufficio per la Pastorale della Famiglia.
L’impegno politico e l’amicizia con Franco Palumbo
Lo incontrai per la prima volta quando fu eletto consigliere comunale nelle liste di Franco Palumbo, il sindaco di Giungano che aveva conquistato la fiducia della Città dei Templi.
Fin da subito, Domenico si pose al suo fianco per aiutarlo a districare il complesso scenario amministrativo in cui si trovava il Comune.
La morte di Palumbo lo colpì profondamente, lasciando un segno indelebile nella sua vita.
Dopo la “defenestrazione” del suo amico – tradito da una parte della stessa maggioranza che lo aveva sostenuto – Domenico ne soffrì molto.
Scelse così di ritirarsi dalla politica attiva, dedicandosi interamente al suo studio legale in via Italia 61, dove viveva con la moglie Eleonora Farro e la figlia Elisabeth.
Il ritorno alla politica
La sua vera esperienza politica nacque dunque accanto a Franco Palumbo, e rimase legata a quella stagione anche quando Palumbo venne disarcionato dal “fuoco amico”.
Ma, dopo anni di riflessione, Domenico decise di ritornare nell’agone politico candidandosi con Simona Corradino alle ultime elezioni comunali di Capaccio Paestum.
Nell’intervista che gli feci allora, spiegò così la sua scelta:
“La decisione di candidarmi nuovamente alla carica di consigliere è stata all’inizio sofferta, perché le condizioni politiche ed economiche del Comune mi facevano propendere per un periodo di commissariamento di almeno 18 mesi.
Ma poi ho realizzato che c’è molto da fare per il Paese, e che, con le capacità di Simona Corradino e delle persone di cui si è circondata, si potrà lavorare per il bene della città.”
“Chiunque andrà a governare – aggiunse – dovrà prendere anche decisioni impopolari, come l’aumento delle tasse già decretato dal commissario.”
(Intervista completa su unicosettimanale.it)
Un avvocato umano
Ogni volta che mi affacciavo nel suo studio, Domenico mi accoglieva con un sorriso gentile, accantonando la pratica che aveva davanti per discutere, con pacatezza, della vita politica capaccese.
Era un uomo con cui si poteva dialogare senza pregiudizi, sempre rispettoso anche quando le opinioni divergevano.

Come avvocato, era profondamente umano: anche se sedeva “dall’altra parte della scrivania”, si metteva sempre al fianco dei suoi clienti, cercando soluzioni conciliative, evitando i conflitti quando possibile.
Il suo era un diritto vissuto con coscienza, non con rigidità.
L’uomo di fede e di comunità
Domenico trovava tempo per cantare nel coro parrocchiale e per dedicarsi alle associazioni di volontariato sociale e umanitario.
La sua era una fede operosa, vissuta nel quotidiano, con sobrietà e coerenza.
Avrebbe potuto dare ancora tanto:
alla moglie Eleonora, alla figlia Elisabeth, alla madre Lucrezia, ai fratelli Lorenzo, Antonio e Massimiliano, e a tutta la comunità di Capaccio Paestum, nella quale aveva radicato la sua vita.
Un’eredità morale da custodire

Oggi, chi resta ha il dovere di farsi testimone del suo esempio e ambasciatore di bene, portando avanti il suo modo discreto ma profondo di essere cittadino, professionista e credente.
Ci mancherà il suo sorriso benevolo, la sua capacità di non giudicare ma di comprendere, di invitare alla fiducia nella Provvidenza e nella bontà dell’uomo.
Domenico era un credente consapevole.
E per chi, tra noi, dubita dell’eternità, è rassicurante pensare che lui sarà lì, ad aspettarci, come un novello Virgilio, per accompagnarci nei primi passi nell’Al di là.



