Sognare rappresentava un tempo la libertà di fantasticare con la mente, di farsi venire idee con l’intento di concretizzare un desiderio. Immaginare un futuro concreto, da guadagnarsi con l’impegno nella propria terra, raggiungere obiettivi e sogni, era il preciso scopo dei cilentani. In passato era così: dedicare il proprio tempo a concentrarsi sulle proprie idee di crescita, condivise e portate avanti con l’intenzione di far crescere la propria comunità, il proprio borgo.
Creatività, collaborazione e impegno erano i tre segreti dei sogni dei cilentani. Oggi, ai giovani creativi e impegnati manca la rete di collaborazione che in passato ha supportato intere generazioni. Tutto si basa sull’individualismo, e come nelle più rinomate metropoli la periferia sembra aver perso la sua forza comunitaria, con i pochi abitanti ancora rimasti nei borghi chiusi a chiave in casa per difendersi da ladri e cinghiali. Intanto, i centri perdono i servizi essenziali, i giovani per lavorare si spostano e i paesi diventano l’ombra di se stessi: guardiamo così, impotenti, borghi che perdono anche l’ultimo negozio di alimentari, giovani costretti a emigrare e paesi fantasmi abbandonati.
Nel Cilento sognare è sempre più difficile. L’estate 2025, oramai alle spalle, è l’ultimo campanello d’allarme. Le feste, gli eventi… tutto ha scintillato luccicante come nelle precedenti estati, quelle che servono al Cilento per sopravvivere economicamente da un anno all’altro. Ma quest’anno il turismo non ha portato l’atteso, benché effimero, ritorno economico. Quest’estate anche nel Cilento molti ombrelloni sono rimasti chiusi insieme alle camere d’albergo. Quella che è sempre stata la boccata d’ossigeno necessaria a sopravvivere, forse non basterà fino alla prossima “stagione”. Di anno in anno sono sempre stati rinviati i grandi progetti di destagionalizzazione, di maggiore attrattività turistica e culturale… quest’autunno si rischia però di non aver nulla di cui parlare, se pure ci si volesse decidere, finalmente, a parlare per tentare di costruire qualcosa di duraturo come la crescita del Cilento. Ed è in questa allarmante situazione economica che verrebbe voglia di gettare al vento i pochi sogni rimasti. Ed è invece questo il momento di sognare! Sognare per salvare il Cilento! Coltivare nuovi sogni per un Cilento più forte. Condividere e attivare sogni che possano guidare e sostenere il Cilento: sognare ad occhi aperti un futuro tutto da costruire, a partire dall’autunno. Soltanto in questo modo il Cilento che verrà sarà bellissimo, vi fiorirà la speranza e le future generazioni comprenderanno le proprie radici, scopriranno la natura, la storia, l’archeologia … la Cultura della propria terra d’origine.
I borghi cilentani stanno morendo, al calo delle nascite e alle morti degli anziani si unisce l’emigrazione, che è una vera vera e propria fuga che avviene per scelta o per necessità, ma che di fatto svuota borghi dino a qualche decennio fa ancora vivi, case abitate, piazze un tempo piene di voci e di colori. Resta il silenzio, avvolto dal verde della natura che si riappropria degli spazi abitati inglobandoli, fino a farne macerie.
Col rischio incombente dello spopolamento, dell’abbandono di interi territori e della perdita, che rischia di essere definitiva, di un’identità millenaria fatta di tradizioni, valori, storia, i cilentani hanno il dovere di sognare, uniti, il futuro della propria terra per cercare uno spiraglio che dia luce alla concretezza del sogno.
2 commenti
Analisi puntuale, precisa della situazione di tutte le zone interne ,CilentO, Irpinia Lucania Calabria…Amara ma con una vena di speranza. Coltiviamola affinché il sogno sia pure parzialmente possa concretizzarsi. Complimenti Antonella.
Ho letto con interesse l’articolo “Il Cilento che verrà” un’analisi di rara competenza e lucidità su un tema che dal territorio specifico investe per le tematiche che abbraccia non soltanto lo specifico territorio ma tutte le altre aree consimili del sud. Di intellettuali come l’autrice in grado di guardare al nostro territorio con “intelletto d’amore” c’è un estremo bisogno. Oggi sembra cominciare a colmarsi questo iato. Almeno questo è l’auspicio. Soprattutto da sottolineare con plauso l’ansia palingenetica della scrittrice Antonella Casaburi, autrice già di un convincente romanzo dal titolo suggestivo, Mirari (2021), che, con fine sensibilità femminile, pone l’accento già nel titolo più che su perentorio “dovere” sul diritto addirittura di “sognare”. Una cosa, questa, che colpisce non poco e capace auspicabilmente di stimolare davvero “ciascun’alma presa e gentil core”. Vincenzo Guarracino