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    Percorso:Home»Unico patrimonio»Palazzo Marchesale Pappacoda di Pisciotta
    Unico patrimonio

    Palazzo Marchesale Pappacoda di Pisciotta

    Di Anais Di Stefano9 Febbraio 20225 Min Lettura10 VisiteNessun commento
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    Si erge, maestoso, Palazzo Marchesale Pappacoda. Suggestivo al calare del sole, quando i riflettori lo illuminano. Imponente, avvolto da una cascata di case, funge da guardiano. Al suo interno, un ampio scalone di pietra arenaria. Dalle grandi finestre si scorgono i tipici ulivi secolari del Cilento che degradano fino al mare della Marina di Pisciotta. Immerso in un labirinto di viuzze, protegge gli abitanti del luogo ancora oggi. D’altronde, nel corso dei secoli, ha mantenuto funzione di baluardo del territorio; è stato riparo per chi fuggiva da circostanze avverse; nonché centro della vita amministrativa e giudiziaria del borgo pisciottano.

    Da un estratto del libro Il feudo di Pisciotta tra i secoli XVII e XIX, scritto dal prof. Massimino Iannone, si legge che il Palazzo nasce come Castello sulla rocca con la funzione di controllare il territorio circostante e di proteggere il feudatario che lo abita. Pisciotta è già feudo nel periodo normanno (XII sec.). Nei Registri della Cancelleria Angioina (XIII sec.) è dichiarata l’esistenza di una “roccaforte”, appunto di una fortificazione. Durante la rivolta dei Vespri Siciliani, ha avuto funzione di rifugio per i tanti che erano scampati dal nemico. Ancora, in una cronaca del 1640, si legge che il castello fungeva da fortificazione difensiva «ove si erano raccolti tutti gli uomini e donne del luogo», durante un assalto piratesco.

    Non ci sono fonti che permettono di ricostruire i rimaneggiamenti e le trasformazioni che il castello ha subito durante i mille anni della sua esistenza. I feudatari che nel corso dei secoli ne sono stati possessori, non sempre l’hanno abitato, preferendo vivere nelle ricche dimore napoletane per gestire i loro affari e vivere la mondanità della capitale del Regno. Ciò ha comportato scarsa importanza dell’edificio, almeno fino al Seicento.

    Un’importante svolta si ha a partire dal 1617. Sotto i Pappacoda, il feudo è elevato a Marchesato e il Castello – non avendo più necessità difensive – acquisisce caratteristiche di Palazzo. Quest’ultimo sarà luogo di accoglienza e protezione per gli abitanti di Pisciotta durante gli assedi: «Chi avea famiglia si affrettò di andarla a mettere in salvo nel Palazzo Marchesale». Ma anche luogo sicuro per liti familiari: in una testimonianza resa nel 1724 dai due Eletti (seconda e terza carica amministrativa dell’”università”, dopo il sindaco) di Pisciotta, si racconta di una relazione amorosa tra Antonio Ciaccio ed Elisabetta Marsicano, di umili origini. I familiari del giovane, per evitare uno scandalo la allontanano. Il giovane la ritrova e promette di sposarla. Minacciato di morte dalla famiglia, sotto consiglio di un amico, si rifugia nel castello, dove «ritrova la libertà».

    I Pappacoda hanno soggiornato spesso a Pisciotta. Fino al 1806, anno in cui è stata abolita la feudalità, il Palazzo è stato anche sede degli Uffici Giudiziari della “Marchesal Corte” e del carcere (vi rimarrà fino alla seconda metà del Novecento). Gli interni del Palazzo, da loro abitato, si presentano riccamente arredati, data la posizione sociale della famiglia. Vi è un’imponente argenteria; porcellane di Urbino e vetrerie in cristallo; seterie damascate; mobili in ebano; dipinti su tele e una ricca biblioteca privata. I lavori di ristrutturazione del Palazzo iniziarono intorno al 1784. Ma si interruppero a causa della morte del principe Giovan Carlo Doria. Guardando l’esterno, ancora oggi, è evidente l’incompletezza degli intonaci, dello scalone, dei cornicioni e delle finiture delle finestre.

    La principessa Giovanna Pappacoda, ultima feudataria, moglie del principe Giovan Carlo Doria d’Angri, non abiterà mai il palazzo, continuerà a vivere a Napoli. Però, alcune missive testimoniano l’interesse della donna sullo stato dei lavori di ristrutturazione. Nel 1806, continuerà ad essere proprietà dei Doria. Poi, parte di esso, oltre alle carceri, è presa in fitto dal Comune. Nel 1808, vi trovano alloggio anche le truppe francesi, giunti qui per contrastare il brigantaggio. Altresì, vi trovano ospitalità anche molte famiglie come i Mandina, le quali abitazioni erano state danneggiate dagli attacchi dei briganti. In seguito, vi furono contrasti, durati decenni, per la spartizione dell’eredità Pappacoda tra gli eredi Marsicano e Pinto.

    Nel Palazzo è nato il Vescovo Luigi Pappacoda, personaggio chiave dello sviluppo del barocco leccese nel Seicento. Fu grazie alla sua iniziativa di commissionare ai migliori artisti leccesi la realizzazione di chiese, edifici e restauri, che si formò la nuova Lecce, che ancora oggi possiamo ammirare in tutto il suo splendore. «La Pro Loco “Alessandro Pinto” Pisciotta APS si sta impegnando per promuovere e rilanciare l’opera insieme all’amministrazione comunale, guidata dal sindaco Ettore Liguori, sotto il nome di Palazzo Marchesale Pappacoda, in onore degli ultimi feudatari che l’hanno abitato e che hanno contribuito alla sua definitiva trasformazione da Castello medievale a Palazzo settecentesco»  ̶  afferma il suo presidente, Giancarlo Agresta.

    Il prossimo 23-24 aprile 2022, l’amministrazione comunale e il comitato Pappacoda promuoveranno un altro evento legato alla figura del Vescovo, dopo il successo del primo “Sulle orme di Mons. Luigi Pappacoda”, tenutosi a luglio. Saranno coinvolti studiosi locali e leccesi. Il progetto ha l’obiettivo di valorizzare le bellezze architettoniche e artistiche del borgo di Pisciotta, attraverso la riscoperta di una figura così importante.

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