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    Percorso:Home»Casa parco»Il Parco del Cilento, Diano e Alburni “seppellisca” quegli “scheletri”
    Casa parco

    Il Parco del Cilento, Diano e Alburni “seppellisca” quegli “scheletri”

    Di Bartolo Scandizzo4 Gennaio 20256 Min Lettura1K VisiteNessun commento
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    Sono molteplici gli “Scheletri fuori dagli armadi” di cemento grezzo nell’area del Parco Nazionale del Cilento Vallo di Diano e Alburni che irridono al concetto di bellezza che tanto è caro alle nuove generazioni …

    Si tratta di una pletora di tanti tentativi di far entrare nel futuro molte realtà camuffate dalla voglia di “modernità” che hanno stravolto molti piccoli borghi compresi nel perimetro del Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano, Alburni.

    Chi ci vive a contatto quotidianamente può anche essersi adattato alla loro presenza! Chi si trova a passare per quei paesi dove sono “esposti” in bella vista e se li ritrova a “sbattuti” in faccia, fa fatica a capacitarsi di come è possibile conviverci.

    Quello che fa specie è il fatto che da tempo sindaci, amministratori, operatori turistici, cittadini stessi non fanno altro che “vantare” i valori assoluti della qualità della vita dei borghi dove operano e risiedono. Lo fanno investendo risorse economiche e umane per attrarre turisti a visitare ciò che resta di castelli, palazzi, chiese, cappelle votive, ponti, fiumi, faggete, montagne, santuari …

    Altrettanto si fa invitando i potenziali visitatori a risalire le colline per andare a gustare i prodotti tipici andando a riempire vie e piazze approntate con stand, tavolacci, panche … dove vengono preparati da bravissime massaie o da cuochi ripescati nella “storia” paesana e serviti da camerieri volontari improvvisati abitualmente avvezzi agli studi superiori.

    Sono molti i borghi disseminati sul territorio dove si “contano” falliti tentativi di speculazione edilizia finiti male a fronte di tantissimi portati a compimento e che oggi non hanno niente da “temere”.

    Invece, gli “scheletri” che sono diventati “resilienti” al tempo e che, oramai, fanno parte del “panorama” di diversi paesi sono la testimonianza degli errori compiuti. Essi svettano su colline e altipiani, sfidano la forza di gravità esposti ai sette venti, si nascondono grazie ad una rigogliosa vegetazione che benevolmente copre …

    Se venissero abbattuti, sarebbero liberati dal triste destino al quale sono stati abbandonati e, allo stesso tempo, farebbero guadagnare squarci di panorami a chi vive o visita quei posti e renderebbero la vita più bella dal punto di vista paesaggistico.

    Certo ci vorranno risorse per “sanare” il malfatto! Ma c’è da dire che in qualche rivolo del grande fiume di danaro che viene elargito sotto forma di finanziamenti proprio per rendere più attrattivi i piccoli borghi, si potrebbero trovare le risorse necessarie per rendere questo servizio alle comunità che hanno subito il danno. Si tratterebbe di destinare una parte all’abbattimento dei manufatti in cemento, rendendo giustizia all’ambiente senza nessuna pretesa di applicare quella civile …

    Pertanto, questo articolo è solo un ulteriore tentativo di far sapere che, nonostante tutto, c’è ancora qualcuno che, proprio perché passa saltuariamente per quei comuni, non si rassegna a non sorprendersi più dell’errore compiuto nel passato ormai remoto. Ecco perché vale la pena sottolineare che se, non sempre è possibile correggere gli “orrori” portati a compimento perché hanno fatto il loro corso; è realistico cercare di non rendere permanente il dover subire la presenza di “brutture” che pure continuano a persistere, sfidando l’intelligenza di chi ha occhi per vedere!

    Dopo tutto, anche sui siti internet dei comuni sono pubblicate gallerie fotografiche con panoramiche di centri storici non “abbruttiti” da costruzioni in cemento armato se non “camuffate”, opportunamente, per renderle coerenti con la struttura architettonica del paese …

    Pertanto, sarebbe importante “rompere quelle scatole” perché, ritrovarci a vivere in un’area protetta è un vantaggio non indifferente rispetto a chi abita in realtà molto urbanizzate, sta diventando un fatto che ci inorgoglisce e del quale ci vantiamo in mille occasioni …

    Gli stessi sindaci sono sempre più spesso intervistati da TV locali e nazionali; ripresi sul mare imbandierato di “blu”, in montagna sotto le faggete e lungo i sentieri; nei borghi davanti ai palazzi storici, sulle scogliere baciate dal sole e scolpite dalle onde; nelle valli sempre adorne di colori cangianti in ogni stagione …

    Tutti sappiamo che dobbiamo pagare un prezzo “salato” nel periodo estivo quando chi vive in città sovraffollate e cerca proprio in luoghi belli e ameni come i nostri di riscattare lo stress della “vita moderna” che si consuma nelle strade, nei quartieri, nei centri commerciali, negli uffici …

    Siamo anche consapevoli che vive nei comuni compresi  hanno diritto ad avere case comode, palazzine moderne, palestre attrezzate, campi da gioco ben tenuti, strade sicure, chiese restaurate …

    Però, nessuno ci può costringere ad accettare come “normalità” il dover convivere in ogni angolo del parco Nazionale del Cilento Vallo di Diano e Alburni con dei veri e propri “monumenti” all’inettitudine pubblica e privata: solai che spuntano dalla selva, palazzi lasciati ad “essiccare” nel tempo, piloni sui quali non si posano mai i viadotti, villette incomplete che si frappongono tra chi guarda e ciò che si vorrebbe vedere, recinzioni che non proteggono ma occultano alla vista ogni cosa.

    Insomma, c’è un termine per completare i lavori e quei termini vanno fatti rispettare altrimenti si impone di ripristinare la situazione a com’era in origine.

    Proprio perché questa “denuncia” non ha alcun intento persecutorio, non metteremo indicazioni di dove sono state scattate le foto messe a corredo dell’articolo.

    Il vero motivo è quello di far prendere coscienza della problematica e guardare con più attenzione intorno a noi per evitare di doverci abituare al brutto dandolo per scontato come il bello della realtà in cui viviamo.

    Certo, l’occhio si abitua a tutto ciò che gli si presenta davanti in modo sistematico e che ha una parvenza di ragionevole necessità, ma fa fatica a non ribellarsi agli obbrobri che si parano davanti ad essi che non hanno motivo di esistere nel bene come nel male.

    Ecco perché vorremmo richiamare l’attenzione di chi ha il potere di intervenire a trovare il modo di farlo senza criminalizzare nessuno.

    Infatti, è evidente che a monte di quelle costruzioni mancate c’erano i sogni di chi vi ha investito i propri risparmi, la voglia di dare una casa all’altezza dei tempi alla propria famiglia, l’idea di predisporre gli spazi per figli e nipoti per quando sarebbero diventati grandi, la speranza di chi ha passato la vita lontano dalla terra alla quale erano destinati di poterci ritornare …

    In ogni caso, sia che le costruzioni siano rimaste a metà o che siano completate e diventate testimonianze viventi di valutazioni errate in merito alla loro effettiva utilità sociale oltre che dalla possibilità di metterle a reddito, oggi sono evidenti “scatole” vuote ed inutilizzabili. In tanti casi, nemmeno è pensabile di poter completare i lavori perché il ferro è corroso dal tempo e il cemento si sbriciola sotto l’azione degli eventi atmosferici.

    A questo punto, sarebbe opportuno che si potesse immaginare un piano serio per demolire e riqualificare quegli spazi restituendo ai luoghi il decoro dovuto.

    Infatti, così come sono, non potranno mai essere “utili” a nessuno, ma restano ferite aperte che nessuna cicatrice potrà saturare; sono segni di degrado che potremmo evitare di avere sotto i nostri occhi ed esibiti agli sguardi di chi arriva nei nostri borghi e nell’area protetta che, se pur non è “profeta in patria” è “riconosciuta” come “patrimonio materiale e immateriale dell’UMANITÀ”! 

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