Curata da Innocenzo Bortone, a maggio 2025 è uscita la raccolta di poesie in dialetto camerotano “Poi le scriverò (Ho ancora altre 10/12 cose da fare), dell’artista e poeta Rosalbo Bortone, nato a Camerota nel 1940 e cresciuto nel ‘Chivo’, un aggregato di case che costituiscono il centro storico del paese (luogo a cui il figlio Innocenzo, architetto, ha dedicato la tesi di laurea). Nella difficile epoca del dopoguerra, con grande sacrificio e impegno Rosalbo studia prima presso il Seminario Vescovile di Policastro Bussentino e poi si diploma all’Istituto d’Arte di Salerno. Professore di Educazione Artistica, realizza le tele poste nel soffitto a lacunari della chiesa di Santa Maria delle Grazie, un’ immensa opera pittorica realizzata a Camerota capoluogo in maniera del tutto gratuita, come gli affreschi nella cupola: tutto a beneficio della comunità camerotana. Scrive il figlio Innocenzo nel capitolo “La vita di mio padre: sintesi”, che aiuta a comprendere la figura e lo spirito artistico di Rosalbo: “Mio padre ha sempre visto la sua opera come un atto dovuto nel confronti del popolo di Camerota”. Il ciclo pittorico di Rosalbo Bortone comprende 60 tele. Come chiarisce il figlio Innocenzo, “44 di queste sono dedicate alla vita di Cristo, dall’ Annunciazione alla Resurrezione, mentre le restanti 16 contengono elementi decorativi e richiami all’iconografia classica della tradizione cristiana. Nella cupola, posta sopra l’altare, si trova la rappresentazione di Dio Creatore, accompagnato dai Santi Pantaleone e Vincenzo, da San Giovanni Battista e dal Profeta Isaia”.
Alle numerose estemporanee di pittura a cui partecipava, Rosalbo declamava le sue poesie. Poesie che, scrive il figlio Innocenzo, “cristallizzano i ricordi di gioventù, il vicolo e la casa dove è nato, il paese in cui è cresciuto e le persone che ha conosciuto e stimato. Nei componimenti a carattere religioso traspare il suo forte credo cristiano e la formazione ricevuta in seminario. Le poesie non tralasciano neanche temi che riguardano la vita quotidiana, come ad esempio la pandemia da COVID-19”.
Anna Maria Bortone, psicologa, firma l’introduzione alla raccolta di poesie del padre Rosalbo: “A volte si viaggia con i versi in epoche lontane, ci si immerge nel mare dei ricordi e si assapora il gusto amaro e acre di vecchi dolori. Altre volte si sorride immaginando santi indaffarati come fossero allo sportello di un ufficio. E allora le parole, i versi, le rime si mescolano armoniosamente ai gesti, alla mimica e alle sfumature di voce, creando piacevoli ritmi e suoni su cui far danzare i pensieri”.

Il perché del titolo, “Poi le scriverò”, è da attribuire a una sorta di “‘artistica pigrizia’ che lo porta, quasi lo obbliga, a rimandare la conclusione di ogni cosa a un domani imprecisato. A tutto ciò si contrappone una sorta di smania di perfezionismo: egli è naturalmente propenso a riesaminare tutto costantemente, anche i suoi stessi pensieri”. Ed è questa sua costante opera di revisione che, scrive Innocenzo, si traduce in un titolo che amplia in “ho ancora altre 10/12 cose da fare” “per evidenziare come la sua mente sia troppo impegnata per soffermarsi sulla meccanica trascrizione dei versi composti”. Innocenzo Bortone ha raccolto e organizzato in questa pubblicazione i versi declamati dal padre. Per l’impossibilità di individuare le date di creazione, li ha ordinati in base agli argomenti trattati. Ed è così che sono nati i capitoli: “Poesie su Camerota e ricordi di gioventù”, “Poesie culinarie”, “Poesie sulla vita di tutti i giorni”, “Poesie con dedica”, “Poesie a carattere sacro”. Nell’ultima sezione sono raccolte le “Poesie divenute testi musicali”: tre liriche scelte dal musicista Pasquale Bardaro come testi per altrettanti componimenti musicali, e scritte rispettivamente da Rosalbo Bortone (“Na sira ri marzu”, Poesia dedicata alla mamma), Innocenzo Bortone (“Tu nun t’nni po’”, Poesia dedicata alla terra del Cilento), ed Emanuela Del Duca, moglie di Innocenzo (“Tempu ri parti… tiempo de volver”, Poesia dedicata al padre Mario emigrato in Venezuela).

“Poi le scriverò (Ho ancora altre 10/12 cose da fare)”, silloge poetica dell’artista e poeta Rosalbo Bortone a cui per scelta il curatore non accosta una traduzione in lingua italiana, ritenendo che “il dialetto, essendo una lingua ricca di sfumature, non possa essere tradotto senza perdere inevitabilmente la passionalità che lo caratterizza“, è un’opera rappresentativa dell’arte e del sentire camerotano.



