Trasferito da Capaccio ad Agropoli

Il "Museo del Grand Tour" ora si chiama "Acropolis – Arte e Paesaggi nel Cilento Antico"

Forse non tutti sanno che il prestigioso Museo del Grand Tour di Capaccio ora si trova ad Agropoli e della cittadina considerata “porta del Cilento” ha preso anche il nome “ACROPOLIS – Arte e Paesaggi nel Cilento Antico”, appunto.

Attualità
Cilento mercoledì 18 ottobre 2017
di Giuseppe Liuccio
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Museo del Grand Tour - Capaccio © n. c.

Forse non tutti sanno che il prestigioso Museo del Grand Tour di Capaccio ora si trova ad Agropoli e della cittadina considerata “porta del Cilento” ha preso anche il nome “ACROPOLIS – Arte e Paesaggi nel Cilento Antico”, appunto. La nuova location è situata, dal 7 giugno u.s., al pianterreno di un noto palazzo del Centro Storico del Borgo Antico, dove sono state scritte belle pagine di storia del Cilento. Di sicuro arricchisce ed arricchirà e qualificherà ancor di più per il futuro l’offerta turistica, nel segno della cultura, della città, come sottolineò con legittima soddisfazione il giorno della inaugurazione il Presidente della Fondazione G. B. Vico, il prof. Vincenzo Pepe: «La collezione giunge ad Agropoli e andrà ad arricchire l’offerta turistico-culturale della cittadina. Qui saranno esposte una serie di opere in precedenza custodite presso il museo nazionale di Paestum, dove giunsero nel 2015, a seguito dello sfratto operato dai frati minori di Capaccio capoluogo presso il cui Convento, la Fondazione “Vico” aveva allestito il museo in questione 12 anni prima… Qui (ad Agropoli) saranno esposte una serie di opere del Grand Tour, di Piranesi, esposte ultimamente alla National Gallery di Washington e cinque opere di Paolo De Matteis, tra cui “La deposizione di Cristo”. A questi capolavori si aggiungeranno anche cartografie del Cilento».

Sull’evento mi sembra doveroso fare alcune riflessioni/considerazioni con una premessa d’obbligo.

Premetto che sia Agropoli che Capaccio sono città a me care ed hanno fecondato di sogni di futuro la mia infanzia e la mia giovinezza. E di loro ho scritto molto e ne ho prefigurato uno sviluppo all’insegna del Turismo nel segno della Cultura. E, pertanto, l’ultima cosa che mi augurerei sarebbe un conflitto di interessi tra le due cittadine, che invece hanno necessità di una collaborazione intensa per realizzare uno sviluppo armonico di tutto il vasto territorio a sud del Sele e del Solofrone contagiando nella stessa direzione l’intero Cilento, con una soluzione bonaria e civile, nel rispetto, però, della memoria storica, dell’eventuale contenzioso che l’affrettato trasloco del Museo del Grand Tour potrebbe sollevare.

Per intanto la vicenda merita qualche riflessione per l’iter, a dir poco discutibile, che lo ha caratterizzato:

  • 1)La data del trasferimento da Capaccio ad Agropoli con conseguente pubblica e solenne inaugurazione avviene il 7 giugno scorso negli ultimissimi giorni di campagna elettorale per il rinnovo delle rispettive amministrazioni, in cui sia Agropoli che Capaccio sono impegnate. Franco Alfieri, sindaco uscente, ha fretta di dotare la città, di cui è stato bravo ed efficiente primo cittadino per due consiliature, di una bella e prestigiosa istituzione culturale, il Museo del Grand Tour appunto, di cui il prof. Vincenzo Pepe ed il dott. Claudio Aprea, rispettivamente presidente e direttore della Fondazione G. B. Vico, legittima titolare del Museo in questione facilitano, frettolosamente, l’immediato trasferimento forse anche per una comprensibile captatio benevolentiae del sindaco.
  • 2)Stando alle notizie piuttosto nebulose, parte del patrimonio viene sistemato nella nuova location di Agropoli ed una parte, anche se minima, trattenuta a Vatolla. Forse la professoressa Daniela Di Bartolomeo, che, all’epoca, era direttrice responsabile e che io stimo molto per l’impegno generoso e le battaglie coraggiose ingaggiate e fatte per bloccare lo sfratto del museo dal Convento di Capaccio e per gli eventi di assoluto spessore ivi realizzati (io ne sono stato testimone attivo), la professoressa di Bartolomeo, dicevo, potrebbe chiarirci la dimensione e l’importanza del patrimonio trasferito ad Agropoli e della quota parte trattenuta a Vatolla. Conosco l’onestà intellettuale della Di Bartolomeo e la sua specchiata correttezza e non ho alcun dubbio che lo farà.
  • 3)Capaccio, invece, il 7 di giugno era alle prese con le ultime battute della campagna elettorale, in cui erano impegnati con tutte le proprie forze sia i candidati (ricordo a me stesso che erano ben 6 i candidati/sindaco con relative numerose liste di sostegno) che i supporter di tutta la più vasta società. E quasi nessuno, in tutte altre faccende affaccendato si rese conto di quello che si verificava nel territorio e di come Capaccio veniva, ingiustamente privata dello straordinario patrimonio del suo Museo.
  • 4)Il prof. Pepe ha giustificato ufficialmente e pubblicamente che il trasferimento era stato determinato anche dalla mancata collaborazione dell’Amministrazione di Capaccio per gli eventi di cultura. E in quella occasione disse testualmente “ho dovuto constatare l’insensibilità dell’Amministrazione di Capaccio che evidentemente non ha interesse per la cultura (il giudizio, forse, in parte vero, non andava, però, ufficializzato pubblicamente in una manifestazione solenne, perché lesivo del buon nome di tutta una città, che, secondo me, non lo meritava e, comunque, meritava e merita rispetto, per un atto di correttezza e garbo istituzionale.
  • 5)Come tutti sanno le elezioni amministrative a Capaccio non si risolsero in prima battuta, come quelle di Agropoli e fu necessario il ballottaggio (il 25 giugno), in cui fu eletto sindaco il cav. Franco Palumbo. Ho motivo di ritenere che nessuno informò dell’accaduto il sindaco neo eletto e del tortuoso iter seguito, autorizzato e legalizzato dal Presidente, Prof. Pepe e dal direttore dott. Aprea, che avevano l’autorità/discrezionalità per legge di farlo.
  • 6)La cosa grave ed inspiegabile è che il Sindaco Palumbo ha nominato successivamente, Assessore alla Cultura del Comune di Capaccio proprio il dottor Claudio Aprea, che come direttore della Fondazione G. B. Vico ne aveva autorizzato e legittimato il trasferimento ad Agropoli Delle due l’una o il Cav. Palumbo ignorava la cosa o ne diventò complice consapevole. Resta, comunque, per Capaccio il danno e la beffa: si trova come assessore alla cultura uno che la cultura della città non l’ha difesa ma rinnegata, consentendone il trasferimento altrove di alcune prestigiose testimonianze.
  • 7)A conclusione rilevo che io non vorrei trovarmi nell’imbarazzante situazione di un lacerante conflitto di interessi, almeno sul piano psicologico, in cui, forse, vive il dott. Aprea: per aver autorizzato, cioè, il trasferimento di un prestigioso patrimonio artistico e culturale di una città, che, invece, è stato, successivamente, chiamato a difendere e valorizzare per dovere e compito istituzionale. E, probabilmente, è ancora più imbarazzante e lacerante la condizione del sindaco Palumbo che gli ha dato, come premio (?) la prestigiosa carica di assessore importante per una città/mondo come Capaccio Paestum.
  • 8)Conclusione: mi sono limitato ad esporre con pedante pignoleria i fatti relativi al Museo del Grand Tour perché i Capaccesi, miei conterranei della Kora pestana, riflettano e ne traggano le dovute conseguenze, ricordando a me stesso, innanzitutto, ma anche ad amministratori, di maggioranza e di minoranza di Capaccio/Paestum, che queste riflessioni le scrivo oggi, domenica15 ottobre, quando il FAI lancia la Campagna d’Autunno per la riscoperta, difesa e valorizzazione del proprio patrimonio d’Arte e di Cultura. Ma voglio sottolineare ancora che in questi giorni i quotidiani di grande tiratura nazionale rievocano una giornata (evento) memorabile della Grande Guerra: La battaglia di Caporetto, nella quale l’Italia, da un lato toccò il fondo della umiliazione nella guerra contro l’Austria, e, dall’altro, gonfiò d’orgoglio e di dignità cuore ed anima dei nostri soldati (alpini ma non solo) per la vittoria finale della guerra. Quel ricordo mi consente una analogia/similitudine ardita: Capaccio Capoluogo oggi vive la sua umiliante CAPORETTO DELLA CULTURA, non solo per la perdita del suo Museo del Grand Tour, ma anche e soprattutto perché espone la vergogna delle macerie del suo Centro Storico con le sue testimonianze di storia, arte e cultura nel degrado. La differenza è che i responsabili militari della Caporetto della guerra furono puniti e destituiti, quelli della Caporetto culturale di Capaccio Capoluogo vengono acclamati e premiati. Spero, però, che la cittadinanza attiva capaccese abbia una impennata di orgoglio e di dignità e promuova UNA MOBILITAZIONE DELLE COSCIENZE, chiamando a raccolta innanzitutto gli eredi delle grandi famiglie che hanno fatto la storia di Capaccio: i Bellelli, i D’Alessio, i Tanza, i Rubini, i Granato, i Carducci ecc, invitandoli ad aprire i loro palazzi, a turno, domenica per domenica, perché il maggior numero possibile di visitatori prenda visione e coscienza di belle pagine di storia, le associazioni culturali a cominciare dalla storica e prestigiosa AGORÀ ,l’imprenditoria attiva, la scuola, la parrocchia, i consiglieri comunali di maggioranza e minoranza, i professionisti, gli artigiani, le pro-loco il popolo tutto per una doverosa civile battaglia, nella consapevolezza che la CULTURA è, innanzitutto, CONQUISTA di POPOLO e, quindi, esaltazione di DEMOCRAZIA, sentimenti questi ben radicati nella coscienza del Sindaco, per come l’ho conosciuto in anni di leale frequentazione, e poi perché Capaccio Capoluogo ipotizzi e realizzi UN MUSEO DELLA MEMORIA, INNESTANDOLO SALDAMENTE ALLE RADICI DEL PASSATO A PROIEZZIONE DI FUTURO E CHE NEL SEGNO DELLA CULTURA LA AIUTI A SOGNARE E A VIVERE.

A breve mi preoccuperò di motivare ed articolare nei particolari la proposta.

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