PROLOGO
Con questa prima “Epistola” indirizzata al grande musico “Simo di Poseidonia” dò cominciamento alla pubblicazione di quel mio solitario viaggio che tenni, al tempo del Covid, tra i sette più uno pitagorici che nella sua “La Vita Pitagorica” Giamblico di Calcide (III-IV sec) assegna alla grande Scuola Pitagorica di Poseidonia.
I EPISTOLA
LA SCVOLA DI ATENE – II–LXV
Si vanti pure e gridi alto di Simo la magnifica città di Poseidonia il nome.
A Simo (Poseidonia V sec. a.C.) figlio della città di Poseidonia, che dei duecentodiciotto di Giamblico trasse il nome e fu il secondo … il mio saluto.

EPIGRAFE
Nel novero complessivo dei pitagorici molti, come è ovvio, sono rimasti sconosciuti e anonimi, ma di quelli che si conoscono, i nomi sono i seguenti. Di Poseidonia: Atamante, Simo, Prosseno, Cranao, Mie, Batilao, Fedone.
(Giamblico “Vita Pitagorica”)
PROLOGO
Con questa prima “Epistola” indirizzata al grande musico Simo di Poseidonia dò cominciamento alla pubblicazione di quel mio solitario viaggio che tenni, al tempo del Covid, tra i sette più uno pitagorici che nella sua La Vita Pitagorica Giamblico di Calcide (III-IV sec.) assegna alla grande Scuola Pitagorica di Poseidonia.
LA SCVOLA DI ATENE – II–LXV
A SIMO DI POSEIDONIA – I EPISTOLA
Si vanti pure e gridi alto di Simo la magnifica città di Poseidonia il nome.
A Simo (Poseidonia V sec. a.C.), figlio della città di Poseidonia, che dei duecentodiciotto di Giamblico trasse il nome e fu il secondo … il mio saluto.
EPIGRAFE
Nel novero complessivo dei pitagorici molti, come è ovvio, sono rimasti sconosciuti e anonimi, ma di quelli che si conoscono, i nomi sono i seguenti. Di Poseidonia: Atamante, Simo, Prosseno, Cranao, Mie, Batilao, Fedone.
(Giamblico, Vita Pitagorica)
Ed anche per te, maestro Simo, figlio della città di Poseidonia, che dei duecentodiciotto di Giamblico traesti il nome e fosti di Poseidonia il secondo, canterò il mio canto.
E ti vedo ancora, maestro Simo, indossata la tua veste candida di lino, andare al sorgere del sole di ogni giorno a passeggiare solitario: era la tua regola, “per luoghi dove regnava solitudine e adeguata tranquillità, e fossero templi e boschetti e quant’altro poteva allietare il cuore”, perché nessuno mai, prima di “aver predisposto la propria anima e armoniosamente ordinato il suo pensiero” dovesse intrattenersi con qualcuno.
Poi, con il sole alle spalle, recarti al santuario meridionale del tuo dio che con i numeri illuminando il mondo, per la sacra medietà e quella tua decima di cui diremo, te lo riconsegnava ancora più bello ed armonico; ed “offrendo agli dei libagioni, aromi ed incenso”, con le braccia levate al cielo, ringraziarlo per il nuovo giorno che recava.
Eri felice allora, maestro Simo, insieme con i tuoi confratelli Atamante, Prosseno, Cranao e quel Batilao, cui Alcmeone dedicò il suo libro. La tua scuola, di cui ancora oggi forse rimane qualche segno in quella vasta area pavimentata dedicata al culto di Esculapio, era fiorente; e con la vicina Elea, che Parmenide e Zenone rendevano grande, della Magna Grecia Tirrena eravate i fari più luminosi.
L’amicizia regnava e governava i vostri gesti, e nessuno osava contrastare l’amico, ché altrimenti insegnava il Maestro: “il fine di ogni virtù è l’amicizia e l’unità”. E voi amici lo eravate davvero se, come narra Giamblico, il vostro fratello Testore, sapute le difficoltà di un vostro confratello di Paro, raccolse tra di voi tanto denaro da “ricomporre pienamente il patrimonio”.
Ché mai era stato scritto “né si deve rinnegare un’amicizia a causa di una sventura o di quelle situazioni di difficoltà che capitano nella vita”.
La musica, che “nel prendersi cura delle persone” il tuo Maestro Pitagora collocò al primo posto, tanto che — narra ancora il Nostro — “avesse composto per i suoi discepoli le cosiddette musiche di preparazione e correzione” congegnando combinazioni musicali diatoniche, cromatiche ed **enarmoniche”.
Grazie a queste, egli mutava negli opposti le affezioni dell’animo: dolore, ira, compassione, gelosie, paure, pulsioni, appetiti, stati di eccitazione, depressioni, aggressività. Servendosi delle melodie adatte, come misture medicinali, egli riconduceva ogni stato d’animo alla virtù.
E solo tu, maestro Simo, ne conoscevi la misura e l’armonia; e quali profondità dell’animo umano le vostre corde potessero toccare.
Studioso delle medietà, e per questo chiamato da quel gran filosofo di Tiro, estensore delle Enneadi di Plotino, “il teorico degli accordi”, fosti il primo conoscitore delle misure e dei rapporti che regolano la musica.
Il tuo Maestro, unico tra gli uomini a “udire e intendere l’armonia universale e la musica consonante delle sfere”, ti fu guida. E se tu non potevi udirla, tanto la amasti da esercitarti come un atleta, studiandone differenze, proporzioni e rapporti fino a coglierne i segreti più profondi.
Così, come prevedeva il canone pitagorico, divenuto “matematico” dopo i cinque anni di silenzio, la tua città profumata di “bifere rose” ti vide andare solitario, fiero, ad ascoltare l’armonia delle sfere celesti.
Investigando la medietà aritmetica, la geometrica e l’armonica, ti incamminasti verso quella decima medietà, la più alta.
Altri tentarono di rubartene il merito, attribuendo la formula a un artefatto “ex-voto” di Arimnesto, figlio di Pitagora. Ma le testimonianze — tra cui Duride di Samo — confermano che l’invenzione fu tua, maestro Simo.
E se ti adirasti, educato alla giustizia, non fu per ira ma per amore della verità.
E se, come scrisse Vasari nelle Vite, nella “Scuola di Atene” di Raffaello il tuo volto mancò, non ti crucciare, maestro Simo: un giorno la tua antica città di Poseidonia tornerà a celebrarti come inventore dell’armonia e cantore delle proporzioni.
EPIGRAMMA
E se in Delfi un disco ti rubò il nome,
fu tua della decima medietà la gloria!
Questo, maestro, nei giorni del giugno a cominciare con il Coronavirus, l’amore e il mio passo, il fiore che ti porto.
Chiusa nelle prime ore pomeridiane del sabato 6 giugno 2020.



