di Augusto Lenza, ambientalista
Nel cuore verde del Parco Nazionale del Cilento, tra boschi, silenzi, biacchi, merli e poiane si trova Felitto. Un borgo con un centro storico straordinariamente conservato e che ricorda, appena se ne pronuncia il nome, le specialità gastronomiche sotto forma di fusilli; per me significa soprattutto Gole del Calore, uno degli angoli più suggestivi del Mezzogiorno. In questo scenario da cartolina si insinua da anni un problema tanto invisibile quanto concreto: l’acqua, che da sempre ha nutrito la vita del paese, del Cilento, comincia a scarseggiare. E lo fa sempre prima.

Il fiume Calore Lucano, che nasce sulle pendici del Monte Cervati e attraversa il territorio cilentano fino a sfociare nel Sele, ha da secoli scandito i ritmi di molti paesi del Cilento. Le sue acque limpide, fresche anche in piena estate, hanno modellato la pietra creando gole profonde e spettacolari, perfino habitat per lontre e salamandre e fonte di vita per uomini, animali e coltivazioni.
Oggi, però, quel fiume che per secoli è stato generoso, appare affaticato. Il suo letto si mostra spesso quasi asciutto già nei primi giorni d’estate, anticipando una siccità che non è più episodica ma sistemica. I cambiamenti climatici, con inverni sempre meno nevosi e piogge concentrate in brevi periodi, stanno modificando il ciclo dell’acqua. Le temperature aumentano, l’evaporazione cresce, e le sorgenti, anche quelle più storiche, cominciano a perdere la loro regolarità. A questa crisi ambientale si somma un altro paradosso: con tanta acqua sorgiva e dispersa molti cilentani bevono acqua potabilizzata proveniente da dighe lontane, mentre sembra che i vecchi acquedotti locali disperdano oltre il 40% del flusso idrico a causa di infrastrutture obsolete.
Ma torniamo a Felitto che continua a resistere e a raccontare la propria identità con forza. Ogni agosto, il paese si anima con la celebre Sagra del Fusillo Felittese, una festa che celebra una tradizione antichissima: la pasta tirata a mano con pazienza e maestria, simbolo di un saper fare che si tramanda da generazioni. L’evento richiama turisti da tutta la regione e rappresenta per la comunità un momento di condivisione, di orgoglio e di ritorno.

Ma questo borgo non è solo fusilli e feste. È un luogo dove la bellezza si nasconde nei dettagli: nei portali scolpiti in pietra, negli archi medievali, nei vicoli lastricati, nel panorama che sa di leonardesco. Tra questi angoli gentili si muove silenziosa la figura di Raffaella, un’artista autodidatta che da anni decora le porte del borgo con gatti dipinti. Non si tratta di street art in senso moderno, ma di una forma affettuosa e discreta di dialogo con il paese. I suoi vivaci felini colorati sugli usci di legno delle antiche e sempre più vuote case di pietra sorprendono il visitatore tra un vicolo e l’altro, regalando un sorriso e un senso di appartenenza.
Raffaella non si limita a dipingere. Ogni giorno inserisce piante grasse e fiori nelle fenditure delle rocce, nei muretti, tra le pietre delle abitazioni. “Mi rende felice prendermi cura del mio piccolo paese’ racconta con semplicità. E in quella felicità silenziosa si legge una forma profonda di amore per il luogo, una resistenza gentile alla trascuratezza, una scelta di restare e coltivare bellezza.
A proposito di fiumi, accanto al Calore, anche il fiume Sammaro, che nasce a Sacco da sorgenti freddissime e limpide, mostra i segni della crisi. Eppure, proprio da qui potrebbe partire un nuovo modello. Con investimenti nelle condutture, con il recupero delle sorgenti locali, con l’educazione ambientale e la valorizzazione dell’acqua come risorsa culturale e turistica. Felitto potrebbe diventare un simbolo di rinascita, un laboratorio a cielo aperto dove l’acqua torni a essere elemento vitale non solo nei paesaggi ma anche nella quotidianità delle persone. Dove fusilli, gatti dipinti e gole cristalline possano continuare a raccontare una storia fatta di resistenza e cura.