Testo tratto da un’intervista fatta da Fabrizio Carbone e pubblicata su “Casaparco” nel mese di agosto del 2000.
Quando fui chiamato a Roma al ministero dell’Ambiente per l’investitura il Parco Nazionale del Cilento Vallo di Diano e Alburni non esisteva se non sulla carta.
Era stato creato nel 1991 ma in realtà non era mai partito. Il ministro dell’epoca, era il 1995, ricevette il comitato di gestione composto da persone che non c’erano mai viste e si incontravano lì per la prima volta.

Dopo le strette di mano di pragmatica, mi chiamarono da parte: “Presidente questa roba sua” mi dissero quasi sorridendo. Erano 350 pratiche del cosiddetto regime autorizzativo. Due di queste erano in scadenza per il giorno dopo. Così cominciò il mio lavoro di presidente di un parco nazionale.
A un botanico come me, appassionato di orchidee, toccava come compito istituzionale fare il burocrate l’amministratore, il politico… Fui costretto ad entrare nel ginepraio delle leggi e dei decreti.
Da luogo sconosciuto, che era è sconosciuto anche per la maggioranza delle decine di migliaia di Cilentani che vi vivevano, è diventato un fiore all’occhiello della Campania. Un fiore come il simbolo stesso del parco la “gialla primula di Palinuro”, appunto …
Si trattava di un parco nazionale enorme, con un largo fronte mare, con coste, come punta In freschi assolutamente integre; con emergenze archeologiche di livello mondiale … come Paestum e Velia.
Un parco che è diventato, in poco tempo, riserva della biosfera e patrimonio dell’umanità dell’Unesco.
Nell’intervista concessa a Fabrizio Carbone, La Valva parla della storia suo parco nazionale cercando di spiegarne tutti i problemi e gli intoppi che frenano la vita di un botanico; di uno studioso che vorrebbe fare conservazione della natura e che invece deve lottare, battagliare, litigare per convincere tutti coloro con cui si confronta che il loro parco, in prospettiva, voleva dire risorse economiche, sviluppo, progresso sociale.
Così cominciamo a lavorare un ufficio di 35 metri quadrati senza servizi. Eravamo ospiti della Comunità montana Lambro e Mingardo. Nel territorio eravamo guardati male dai sindaci dei comuni i cui i confini erano dentro il perimetro del parco.
Era il 1991, la data della sua istituzione, tutti avevano dovuto fare i conti con i vincoli e le restrizioni; ma non avevano avuto in cambio nulla.
La gente era vessata. Ed era comprensibile il loro astio contro un qualcosa che era arrivato da fuori. Cominciamo a lavorare, senza soldi e con una sola impiegata! Così andiamo avanti fino alla nomina del direttore …
Quando arrivò Mimì Nicoletti, era il primo febbraio del 1997. Avevamo comunque avuto aiuto e sostegno soprattutto dal senatore Michele Pinto e da Alfonso Andria, presidente della provincia di Salerno.
E ancora ci furono molto d’aiuto i volontari, giovani e meno giovani, di Legambiente e WWF. Ovviamente c’era una forte aspettativa dalla popolazione per qualcosa che non si sapeva bene neppure cosa potesse diventare.
Fortunatamente, le cose sono andate fortunatamente meglio del previsto …
Fu aperta la sede a Vallo della Lucania, creato l’ufficio per la conservazione della natura; Avviati i presidi ambientali permanenti incaricati di monitorare lo stato della salute del territorio: acque e frane.
Sono stati costituiti l’ufficio di piano, uffici cartografici; si stampano pubblicazioni e libri in inglese, si promuovono incontri culturali e di educazione ambientale.
Abbiamo selezionati specialisti per ogni settore e strutturato il “Piano del Parco” e avviata la redazione del Piano Economico del Parco.
In sostanza, è stata aperta una falla nel muro dell’indifferenza che serpeggiava nei residenti nei comuni compresi nell’area protetta.
Questo non è poco se si considera il punto di partenza … e che molti in Italia scambiavano il Cilento con il Salento!
Una buona parte dei 250.000 abitanti hanno apprezzato, molti altri no!
Ma questo è normale in un’area che non siamo a Yellowstone dove ci sono solo foreste, orsi e bisonti.
Qui c’è una stratificazione di vita, archeologia, arte, cultura, artigianato, enogastronomia … è la ricchezza del mondo “mediterraneo”, della sua natura e antropizzazione con le sue potenzialità che sono tante ed enormi.
Comunque il futuro del nostro parco è sicuramente roseo … in questo momento ben 16 comuni hanno chiesto di entrare a far parte delle “Aree contigue”. Si tratta di aree cuscinetto con vincoli più morbidi, ma pur sempre con vincoli!
Poi ci sono dei comuni con il loro territorio che è nel perimetro del parco solo con una parte del loro territorio!
Ma voglio fare ancora un altro esempio … Alle ultime elezioni comunali tutti i sindaci uscenti che avevano parlato contro il Parco non sono stati rieletti. Altri che prima erano contro il parco, oggi siedono in Consiglio di amministrazione!
Infine, parliamo di turismo … il territorio fa fatica ad adeguarsi alla domanda di turismo rivolta ad un’area protetta, che prevede un approccio dolce, lento ma costante. L’offerta deve fare leva sulle grandiose bellezze naturali, ma anche sull’archeologia, l’arte e la cucina tipica accompagnata dalla bontà dei vini e dei formaggi.
È essenziale avviare anche un grande lavoro di educazione rivolto alle nuove generazioni… i giovani devono imparare a sentire natura, animali, piante, boschi, ruscelli, come parte della loro vita.
Le generazioni che verranno avranno l’enorme fortuna di nascere in una grande area protetta dove le cose, sicuramente, andranno meglio di come si sono evolute finora.
Immaginiamo tutti insieme l’arrivo di un bel gruppo di turisti tedeschi che hanno deciso, dopo aver visitato Paestum, di passare alcuni giorni tra le montagne delle aree interne del parco.
Loro prenderanno in affitto un appartamento, noleggeranno un pulmino con una guida locale. Sceglieranno loro tra i tanti itinerari botanici, piuttosto che faunistici.
Potranno visitare il laboratorio di un’artigiana che fa merletti al tombolo, oppure entrare in una cantina dove degusteranno un buon vino.
Potranno gustarsi in pace eccellenti formaggi e degli ottimi affettati … saliranno sulla cima di un monte da dove ammireranno uno scenario da fiaba!
L’Unione europea ci aiuterà ad abbellire le nostre case, controllerà la gestione oculata dei boschi, aiuterà chi unirà le forze produttive e le intuizioni di sindaci e amministrazioni per offrire una catena di relazioni economiche e sociali che cammina mano nella mano verso un futuro che, in altri parchi, è già realtà.