Dario Ianes è un pedagogista italiano noto per il suo lavoro nel campo dell’educazione inclusiva e dell’insegnamento di sostegno. Il suo pensiero si concentra sull’importanza di creare un ambiente di apprendimento inclusivo e supportivo per tutti gli studenti, in particolare quelli con bisogni educativi speciali. Mira a promuovere l’inclusione e la valorizzazione della diversità negli ambienti di apprendimento, riconoscendo le differenze e i bisogni specifici degli studenti, ad adattare l’insegnamento alle esigenze individuali degli studenti, attraverso l’uso di strategie e strumenti didattici specifici, a fornire un sostegno adeguato agli studenti con bisogni educativi speciali, attraverso la collaborazione tra insegnanti, famiglie e altri professionisti, a promuovere la formazione e lo sviluppo professionale degli insegnanti, per migliorare la loro capacità di supportare gli studenti con bisogni educativi speciali. Il lavoro di Dario Ianes ha contribuito a promuovere una cultura dell’inclusione e della diversità nelle scuole italiane, le sue riflessioni continuano a essere utili per gli insegnanti e gli educatori che lavorano nel campo dell’educazione speciale. Ha espresso critiche sui corsi di formazione Indire per gli insegnanti di sostegno. Secondo Ianes, questi corsi non forniscono una formazione adeguata e sufficientemente approfondita per gli insegnanti di sostegno, potrebbero non essere sufficienti per garantire un supporto efficace agli studenti con bisogni educativi speciali. La formazione degli insegnanti di sostegno dovrebbe essere più approfondita e specifica; lascia intendere, inoltre, che i corsi Indire potrebbero non essere sufficienti per garantire la qualità dell’insegnamento e del supporto agli studenti con disabilità. Di fatto vi sono evidenti differenze fra il TFA Sostegno e il percorso Indire. Il TFA Sostegno è un percorso di specializzazione universitario che prevede una selezione iniziale, attività didattiche, tirocini diretti e indiretti nelle scuole e un esame finale per ottenere la specializzazione per le attività di sostegno. La durata è di circa un anno accademico e comprende lezioni frontali, tirocini in scuole e un esame finale. Il percorso di specializzazione all’insegnamento del sostegno a cura Indire è un percorso di formazione in servizio per i docenti già inseriti nelle GPS (Graduatorie Provinciali per le Supplenze) di sostegno senza titolo di specializzazione, volto a fornire strumenti pratici per affrontare le sfide della didattica inclusiva. Si svolge prevalentemente online attraverso moduli formativi erogati da Indire e non rilascia una specializzazione ufficiale, ma un attestato di formazione. La stessa UIL Scuola ha espresso contrarietà ai percorsi formativi Indire, considerandoli un’opportunità solo per l’Amministrazione e non garantendo la stessa formazione dei percorsi universitari del TFA sostegno. Sostengono i rappresentanti di questa sigla sindacale ( e non solo) che le soluzioni sarebbero altre, come stabilire un collegamento tra il numero di posti disponibili e il reale fabbisogno a livello nazionale di insegnanti di sostegno. Il passato della figura dell’insegnamento di sostegno è strettamente legata all’evoluzione dell’educazione speciale e dell’inclusione scolastica. Ecco una breve panoramica. Negli anni Settanta in Italia, con la Legge 517/1977, si introduce il concetto di integrazione scolastica degli alunni con disabilità. Gli insegnanti di sostegno iniziano a lavorare a fianco degli insegnanti curriculari per supportare gli studenti con bisogni educativi speciali. Nel ventennio ’80-’90* la figura dell’insegnante di sostegno si evolve e si specializza. Gli insegnanti di sostegno iniziano a ricevere una formazione specifica per lavorare con gli studenti con disabilità e bisogni educativi speciali. Nel 2000, con la Legge 53/2003, si introduce il concetto di “personalizzazione dell’apprendimento” e si enfatizza l’importanza dell’inclusione scolastica. Gli insegnanti di sostegno giocano un ruolo fondamentale nel supportare gli studenti con bisogni educativi speciali e nel promuovere l’inclusione. Attualmente la figura dell’insegnante di sostegno continua a evolversi e a specializzarsi. Gli insegnanti di sostegno lavorano a fianco degli insegnanti curriculari e di altri professionisti per supportare gli studenti con bisogni educativi speciali e promuovere l’inclusione scolastica. L’insegnante di sostegno, in effetti, ha subito una significativa evoluzione nel corso degli anni, passando da un ruolo di supporto generico a un ruolo di specialista nell’educazione inclusiva. Inizialmente la Legge 517/1977 introduce diverse modifiche significative all’ordinamento scolastico italiano, con particolare attenzione alla valutazione degli alunni e all’abolizione degli esami di riparazione; mia a favorire la crescita e la valorizzazione della persona umana, nel rispetto dei ritmi dell’età evolutiva e delle differenze individuali e a promuovere l’apprendimento in tutto l’arco della vita e assicurare pari opportunità di raggiungere elevati livelli culturali e di sviluppare le capacità e le competenze. Con la 517 la programmazione educativa può comprendere attività scolastiche integrative e di sostegno per gli alunni con bisogni educativi speciali, inclusi quelli con disabilità e le attività di sostegno possono essere realizzate mediante la prestazione di insegnanti specializzati assegnati alla scuola. L’obbligo scolastico per i fanciulli sordomuti può essere adempiuto nelle apposite scuole speciali o nelle classi ordinarie delle pubbliche scuole, con assicurazione di integrazione specialistica e servizi di sostegno. Un ulteriore contributo al sostegno è dato dalla Legge 53/2003, se pure non si concentra specificamente sul sostegno agli studenti con disabilità o bisogni educativi speciali; la 53/2003 delega il Governo a definire le norme generali sull’istruzione e i livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale; introduce alcuni principi e disposizioni che possono avere un impatto positivo sull’inclusione e sul sostegno. La normativa contribuisce in termini di personalizzazione dell’apprendimento; sottolinea l’importanza della personalizzazione dell’apprendimento, che può essere utile per gli studenti con bisogni educativi speciali; la legge introduce un sistema di valutazione degli apprendimenti che può essere adattato per gli studenti con disabilità o bisogni educativi speciali e, fra l’altro, promuove la flessibilità e l’autonomia delle scuole, che può consentire di adottare approcci più inclusivi e personalizzati per gli studenti con bisogni educativi speciali. La Legge 53/2003 non fornisce, comunque, specifiche disposizioni, risulteranno utili successive norme, come la Legge 104/1992 e la Legge 170/2010. La legge 104/1992, intitolata “Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate”, rappresenta un importante quadro normativo in Italia volto a tutelare e promuovere i diritti delle persone con disabilità. I contenuti principali della legge 104/1992: Diritti delle persone con disabilità: La legge riconosce il diritto di tutte le persone con disabilità a una vita sociale, lavorativa e culturale pienamente inclusiva, promuovendo l’integrazione sociale e l’autonomia. Integrazione scolastica: Viene sancito il diritto all’istruzione e all’integrazione scolastica delle persone con disabilità, prevedendo misure per facilitarne la partecipazione agli ordini di scuola. Assistenza e supporto: Si stabiliscono servizi di assistenza socio-sanitaria, assistenza domiciliare, e supporto alle famiglie. Iniziative di sensibilizzazione e formazione: Promozione di campagne di sensibilizzazione sul tema della disabilità e formazione del personale scolastico e sociale. Disposizioni in materia di lavoro: Favorire l’inserimento lavorativo delle persone con disabilità attraverso agevolazioni e strumenti di sostegno. Riconoscimento delle persone con handicap: Definizione di “handicap” e di “disabilità” e modalità di certificazione. Attinenze con l’insegnamento di sostegno: Integrazione scolastica: La legge 104/1992 costituisce il fondamento normativo per l’insegnamento di sostegno, in quanto riconosce il diritto degli studenti con disabilità a ricevere un’istruzione adeguata e personalizzata. Servizio di sostegno: La legge prevede la possibilità di affidare insegnanti di sostegno per garantire l’inclusione degli studenti con bisogni educativi speciali, compatibilmente con le risorse disponibili. Personalizzazione dell’insegnamento: Sottolinea l’importanza di adattare i curricula e le metodologie didattiche alle esigenze degli studenti con disabilità, favorendo l’integrazione e il successo scolastico. Formazione del personale: Promuove la formazione specifica per insegnanti di sostegno, affinché possano offrire un supporto qualificato. Servizio di sostegno: La legge prevede la possibilità di affidare insegnanti di sostegno per garantire l’inclusione degli studenti con bisogni educativi speciali, compatibilmente con le risorse disponibili. Personalizzazione dell’insegnamento: Sottolinea l’importanza di adattare i curricula e le metodologie didattiche alle esigenze degli studenti con disabilità, favorendo l’integrazione e il successo scolastico. Formazione del personale: Promuove la formazione specifica per insegnanti di sostegno, affinché possano offrire un supporto qualificato. In sintesi, la legge 104/1992 ha rappresentato un punto di svolta nel panorama normativo italiano per quanto riguarda i diritti delle persone con disabilità e ha costituito il quadro di riferimento principale per lo sviluppo dell’insegnamento di sostegno nelle scuole italiane, contribuendo a creare un sistema più inclusivo e rispettoso delle diversità. A seguire poi la Legge 17 maggio 2010, n. 170; è una legge italiana che disciplina l’inclusione scolastica degli studenti con disturbi specifici di apprendimento (DSA), come la dislessia, la disgrafia, la disortografia e la discalculia. I principali contenuti e principi della legge: Definizione di DSA: La legge riconosce i DSA come disturbi specifici di apprendimento di origine neurobiologica, che influenzano le capacità di lettura, scrittura e calcolo, senza implicare un’intelligenza o capacità di apprendimento complessive compromesse. Diritti degli studenti con DSA: Garantisce il diritto degli studenti con DSA a un percorso scolastico adeguato, personalizzato e inclusivo, favorendo il successo scolastico e l’autonomia. Piani Educativi Personalizzati (PEI): Obbligo di predisporre Piani Educativi Personalizzati in collaborazione tra scuola, famiglia e specialisti, per adattare gli strumenti e le metodologie didattiche alle esigenze degli studenti. Misure di supporto e strumenti compensativi: La legge promuove l’uso di strumenti compensativi (come calcolatrici, mappe, schede) e misure dispensative per favorire l’apprendimento. Formazione del personale scolastico: Prevede la formazione e l’aggiornamento degli insegnanti e del personale scolastico sulle tematiche dei DSA. Diagnosi e certificazione: La diagnosi di DSA può essere rilasciata da specialisti del settore pubblico o privato accreditati, e costituisce un elemento fondamentale per attivare le misure di supporto. Collaborazione tra istituzioni: Favorisce la collaborazione tra scuola, servizi sanitari, enti territoriali e famiglie per garantire un percorso di inclusione efficace. Sensibilizzazione e prevenzione: Promuove campagne di sensibilizzazione e formazione per diffondere la conoscenza dei DSA e contrastare i pregiudizi. Questa legge ha rappresentato un passo importante per il riconoscimento e il supporto degli studenti con DSA nel sistema scolastico italiano, promuovendo un’educazione più inclusiva e personalizzata. “È necessaria, dichiarava Ianes, un’azione radicale: abolire il docente di sostegno e farlo diventare un docente curricolare nell’organico dell’autonomia della scuola”. Bisognerebbe, proseguiva Ianes, formare degli insegnanti veramente capaci. “I più bravi tra loro, affermava su Il Riformista, potrebbero diventare esperti esupervisori, essere chiamati ad affiancare sul campo i colleghi delle discipline nel personalizzare effettivamente la proposta didattica, cosa che non accade quasi mai”. Con specifico riferimento alle strategie per l’inclusione indicava l’utilizzo del job shadowing e del job engagement per valorizzare la formazione sul campo e incrementare l’efficacia dell’insegnamento personalizzato. “Del resto, aggiungeva, già la legge 517/1977 chiedeva di immettere nella scuola insegnanti specializzati sul sostegno ed equipe sociopedagogiche: i primi ci sono, ma queste ultime non si sono mai viste”. Il responsabile del Dipartimento Istruzione della Lega, Mario Pittoni, già presidente della commissione Cultura al Senato, così ha risposto a Dario Ianes, professore emerito di Pedagogia e Didattica speciale all’Università di Bolzano. Ianes aveva espresso perplessità sui nuovi percorsi formativi per i docenti di sostegno evidenziando: «Caro Ianes, è il tirocinio (pur “supervisionato”) dei Tfa universitari a non offrire nessuna garanzia e a rappresentare di fatto la vera “scorciatoia”. Solo l’ideologia può portare a sostenere che il tirocinio sia meglio di tre annualità di esperienza diretta. In altri Paesi, non impantanati nel “valore legale del titolo di studio” alla base di business milionari, pratica e teoria hanno pari dignità. Nei Tfa universitari è previsto un tirocinio supervisionato, mentre nei corsi online non è così, potrebbero essere tre anni di lavoro pessimo dentro alle aule. La diatriba Ianes-Pittoni ha causato una valanga di critiche sui social. Questi alcuni commenti: Caro Professor Ianes,scrive P. Lauria, la verità è che a Lei, come a molti altri accademici, del precariato che viviamo noi insegnanti già in servizio, spesso al Nord, non importa davvero nulla. Siamo persone che da anni lavorano sul campo con alunni con disabilità, senza alcuna certezza per il futuro, senza stabilizzazione, e ora anche con l’umiliazione di sentirci dire che tre anni di lavoro concreto, con responsabilità vere, non valgono quanto un tirocinio “supervisionato” dentro a un percorso universitario. Ma Lei lo sa cosa vuol dire stare ogni giorno in classe con studenti con disabilità gravi, costruire PEI, relazionarsi con le famiglie, lavorare in equipe multidisciplinari, fronteggiare emergenze educative e gestire situazioni complesse con risorse spesso ridotte all’osso? Questo non è un tirocinio. Questa è esperienza reale, fatta di errori, riflessioni, crescita, formazione continua sul campo. E questa esperienza ci ha già formati, ci ha resi insegnanti di sostegno, nonostante l’assenza di tutele, percorsi abilitanti, o stipendi dignitosi. Lei parla del rischio di “tre anni di lavoro pessimo”. E allora, mi scusi, il problema non è l’esperienza in sé, ma la supervisione da parte delle scuole, il reclutamento, la qualità della dirigenza scolastica, il sostegno dei tutor e dei referenti. Non può essere una colpa nostra, e non può diventare un alibi per escluderci o marginalizzarci. I TFA, seppure con il loro tirocinio supervisionato, sono comunque un percorso teorico, standardizzato, che non tiene conto delle migliaia di situazioni reali che abbiamo già affrontato. E molti di noi, tra l’altro, hanno anche conseguito titoli universitari, master, aggiornamenti specifici sul sostegno, pagati di tasca nostra. Ma oggi si vuole farci ripartire da zero, mentre vediamo ogni giorno persone appena entrate in graduatoria superare noi in graduatorie e percorsi. È questa la qualità che si cerca? In molti Paesi europei – come ricordava giustamente il senatore Pittoni – la pratica e la teoria hanno pari dignità. Ma in Italia no: in Italia si continua a privilegiare un sistema che alimenta il business formativo, l’università, i corsi a pagamento, senza riconoscere chi ha già dato tutto nella scuola. È una visione miope e profondamente ingiusta. Ci state togliendo la possibilità di realizzarci come persone, oltre che come professionisti. Stiamo pagando il prezzo di un sistema che continua a umiliare chi ha scelto la scuola pubblica come vocazione, non come ripiego. E chi parla da cattedre universitarie, senza avere idea della quotidianità scolastica, dovrebbe avere l’umiltà di ascoltare chi questa realtà la vive davvero E ancora, Davide D’amico: Potrei raccontarne tante, di cose accadute quest’anno con i neo-specializzati senza esperienza… ma mi taccio. Dico solo che persone con esperienza, ma senza specializzazione, hanno dovuto lavorare il doppio, con l’amara consapevolezza che anche il prossimo anno queste persone avranno la precedenza, perché in prima fascia. I corsi Indire finalmente daranno il giusto valore all’esperienza maturata sul campo. Silvia La Regina: 3 anni di insegnamento sulla materia e altri 7anni di insegnamento sul sostegno, esame scritto e orale per accedere al TFA, 3000 euro di costo….8 mesi di sacrifici tra lavoro a scuola e corso in presenza per 8 mesi. Esami ogni settimana, costi per trasporto e, soprattutto, per mesi lontana dalla mia famiglia(lavoro al nord e per poter seguire il corso TFA in presenza, ho fatto iscrizione in una università vicino la scuola)… Vorrei essere risarcita di tutte le spese sostenute e di tutti i sacrifici fatti per 8 mesi. La mia esperienza di 10 anni non vale meno dei 3 previsti per il corso indire. I corsi abilitanti comprati al mercato del pesce che danno 36 punti ai colleghi con la laurea nelle graduatorie adss e i miseri 12 punti per lo stesso corso si docenti itp… è un’ altra discriminazione vergognosa. Ricordo che le tabelle per i punteggi sono uscite il 20 maggio a corsi quasi terminati. Scavalcata in graduatoria da chi ha meno servizio…. questa è l equità di cui si parla? Gli anni di servizio valgono ad anni alterni? E ancora P. Lauria: Pratica e teoria hanno pari dignità. Ringrazio pubblicamente il senatore Mario Pittoni per avere avuto il coraggio, ancora una volta, di dire le cose come stanno. In un Paese dove il cambiamento è il mantra più abusato ma meno praticato, è un sollievo vedere qualcuno che lotta davvero contro l’ipocrisia sistemica del nostro sistema scolastico. È ora di dirlo chiaramente: non esiste solo l’università come via legittima alla formazione. L’idea che solo un “tirocinio supervisionato” dia garanzia di qualità è un residuo di una visione accademicocentrica che, nella pratica quotidiana delle nostre scuole, mostra tutte le sue crepe. Come ha giustamente sottolineato Pittoni, tre annualità di esperienza diretta in aula con alunni con disabilità, affiancati da colleghi, famiglie e specialisti, valgono molto di più di qualche mese di tirocinio guidato da un tutor universitario spesso scollegato dalla realtà concreta delle scuole. Donald Schön, già nel suo celebre The Reflective Practitioner, parlava della professionalità che nasce dalla riflessione sulla pratica, non dalla teoria astratta. È proprio nella quotidianità, nel gestire situazioni complesse, nel costruire relazioni educative reali, che si sviluppano le competenze più profonde dell’insegnante di sostegno. Non solo: Paesi come la Finlandia o il Canada, da sempre ai vertici delle classifiche OCSE per qualità dell’insegnamento, danno pari dignità a percorsi accademici e professionali. La professionalizzazione avviene attraverso il riconoscimento dell’esperienza, della mentorship sul campo, del confronto tra pari. Dire, come fa il prof. Ianes, che “potrebbero essere tre anni di lavoro pessimo” è un insulto gratuito a migliaia di docenti che da anni tengono in piedi la scuola italiana con dedizione, spesso senza tutele e senza riconoscimento. Allora potremmo dire lo stesso di molti tirocini universitari fatti in scuole selezionate “a vetrina” e con tutor troppo lontani dalle sfide reali. L’Italia è intrappolata nel culto del “valore legale del titolo”, un meccanismo che non garantisce qualità ma perpetua caste, rendite di posizione e… un certo business. Ma se davvero vogliamo una scuola che cambia, allora serve un sistema formativo plurale, flessibile, aperto al merito vero, che premi la competenza dimostrata sul campo, e non solo quella su carta. Perciò ben vengano questi percorsi abilitanti alternativi, che aprono finalmente uno spiraglio a chi ha lavorato con passione per anni senza alcun riconoscimento, trattato da precario invisibile in una scuola che parla di inclusione ma spesso la nega nei fatti. Basta cuocere nello stesso brodo da cent’anni. È tempo di rompere il cerchio dell’ipocrisia e costruire un sistema dove la formazione sia davvero al servizio della scuola, non il contrario.
Diatriba Ianes- Pittoni su TFA e INDIRE. Panoramica normativa sul Sostegno.
“È necessaria, dichiarava Ianes, un’azione radicale: abolire il docente di sostegno e farlo diventare un docente curricolare nell’organico dell’autonomia della scuola”. Bisognerebbe, proseguiva, formare degli insegnanti veramente capaci. “I più bravi tra loro – affermava su Il Riformista – potrebbero diventare esperti e supervisori, essere chiamati ad affiancare sul campo i colleghi delle discipline nel personalizzare effettivamente la proposta didattica, cosa che non accade quasi mai”. Con specifico riferimento alle strategie per l’inclusione indicava l’utilizzo del job shadowing e del job engagement per valorizzare la formazione sul campo e incrementare l’efficacia dell’insegnamento personalizzato. “Del resto, aggiungeva, già la legge 517/1977, chiedeva di immettere nella scuola insegnanti specializzati sul sostegno ed equipe sociopedagogiche: i primi ci sono, ma queste ultime non si sono mai viste”. Pittoni: «Caro Ianes, è il tirocinio (pur "supervisionato") dei Tfa universitari a non offrire nessuna garanzia e a rappresentare di fatto la vera "scorciatoia". Solo l'ideologia può portare a sostenere che il tirocinio sia meglio di tre annualità di esperienza diretta…”
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